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Per lo Strega tocca a Veronica Raimo. Brava, diretta, precisa, ironica: così scrivono gli scrittori bravi
In "Niente di vero" la scrittura rapida prende il sopravvento. E chi si aspetta traumi resta deluso: non è il caso di scandalizzarvi se la situazione non è da educande
Ultimo carotaggio per i sette finalisti Strega di quest’anno, che tutti magnifici non paiono (dove si sanno le cose, sussurrano che il 2023 sarà l’anno dei campioni – davvero poco gentile verso i prescelti di oggi). Addolora molto l’assenza di Antonio Pascale che con La foglia di fico ci illumina sull’esistenza delle “ragazze cactus” (andrà al Campiello). Attiviste femministe, astenersi: parliamo di letteratura. Bisogna leggere per forza – son troppo belle e vere – le righe che aprono Niente di vero e ribaltano il detto “se in una famiglia nasce uno scrittore, quella famiglia è finita”. Veronica Raimo sostiene il contrario. In sintesi: “La famiglia se la caverà, lo scrittore farà una brutta fine nel tentativo disperato di uccidere madre, padre e fratelli, per poi ritrovarseli irrimediabilmente vivi”.
Dettaglio autobiografico: Veronica Raimo ha un fratello, Christian Raimo pure lui scrittore. Precedenti: Graham Greene era convinto che lo scrittore dovesse avere una scheggia di ghiaccio nel cuore – immagine diversa per rendere altrettanto bene la situazione (prendete nota voi che annoiate il lettore scrivendo per ricucire, ringraziare, fare pace, restituire, curare e lenire: non funziona così). Pagina 69 parla delle vacanze estive, tra i parenti, al sud: “Ah, sei figlia a Franca? E com’è che ti sei fatta alta e ancora non ti sei fatta donna?”. La parentela definisce, e la tendenza di farsi i fatti degli altri è dura a morire. Zio Uccio, che forse non è neppure uno zio, è più basso della narratrice, largo tre volte, e ha “un riportino untuoso”. Chiede “ce l’hai un pettine?” e segue la ragazza nel bagno. Avvertenza: Niente di vero ha vinto lo Strega Giovani, giuria composta da 500 ragazzi delle scuole medie superiori. Non è il caso di scandalizzavi, se la situazione non è da educande.
Accertato un’altra volta: “E quindi sei figlia a Franca” (come se per il prosieguo della scena qualcosa cambiasse) arriva la richiesta: “E non lo vuoi pettinare a tuo zio?”. Chi ha visto “E’ stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino ha già capito dove va a parare la richiesta di zio Uccio (nel film, rivolta al giovane Fabio dalla baronessa del piano di sopra). Per che il film non l’ha visto, e vuole apprezzare la bravura di una scrittrice nei momenti delicati, ecco qua: “Si tirò fuori il cazzo dai pantaloni rendendomi difficoltoso il nesso con il riportino”. Segue: “Qualche istante di esitazione prima che scappassi fuori dal bagno perché comunque ero una ragazza che ci teneva alla logica”. Brava, diretta, precisa, ironica: così scrivono gli scrittori bravi, non importa se l’episodio sia vero o inventato. Niente di vero, sta scritto in copertina.
Chi aspettava il trauma resta deluso: “Ero felice che fosse successo”. E’ un ottimo motivo per “le mia estati in Puglia l’odore di sugo, il pane molle, le orecchiette, i cavatelli, le scarselle, il grano dei morti, i taralli, i lampascioni, i torcinelli e l’uovo dentro la carne”. Applausi, il profumo dei grani antichi aveva già scocciato da un bel po’.
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