La bolla delle aste
Povera Marilyn, esaltata e abbandonata. Ipotesi su un quadro da record
E se l'opera d'arte firmata Warhol, la più cara mai venduta, non fosse mai stata venduta? L'ipotesi è sempre più diffusa tra le gole profonde del settore. Il dubbio si diffonde e si radica nella falsità di un mercato falsato e "zoppo", basato sull'emotività degli aquirenti
E se il quadro di arte contemporanea più caro mai venduto a un’asta – 195 milioni di dollari pagati per la Shot Sage Blue Marilyn di Andy Warhol del 1964, da Christie’s a New York lo scorso 9 maggio – non fosse mai stato venduto? E’ un ipotesi sempre più diffusa tra le gole profonde del mercato dell’arte. Ma la domanda è: a che scopo dire tale balla colossale? Comunicazione, comunicazione, comunicazione. Che tradotto in prosa significa paura di fare una figura di merda. Il record annunciato da un battage di stampa enorme era una di quelle profezie destinate ad autoavverarsi. Allora perché non si è avverata? Che cosa è andato storto? Proviamo a capire. Il sistema delle aste è da molti anni un sistema falsato da una pratica già di partenza zoppa che si chiama “garanzia”, una cosa diversa dalla “riserva”. La riserva è il prezzo minimo, di solito il valore più basso della stima in catalogo, sotto il quale il proprietario non acconsente che l’opera venga venduta. Ci sono proprietari che accettano anche di non mettere una riserva, perché hanno fiducia nella qualità e quindi nella vendita dell’opera o perché sono disperati. A volte il fatto che l’oggetto d’arte non abbia riserva crea un’eccitazione in sala che porta addirittura il suo valore più in alto del previsto. Il meccanismo delle aste per molti anni era basato molto sull’emotività degli acquirenti in sala.
Poi sono arrivate le telefonate anonime degli offerenti, le offerte online, le offerte scritte e così via, rendendo più opaco il tutto e smorzando un po’ gli entusiasmi di chi fisicamente partecipava all’asta. Non potendo capire bene l’identità dell’avversario sulle offerte è cresciuto negli acquirenti il dubbio di poter essere fatti leggermente fessi. Infine è arrivata la garanzia, colpo di grazia alla cosa più attraente del meccanismo dell’asta, la possibilità di fare un affare. Diventando la competizione sempre più brutale per convincere i proprietari a vendere le opere, le case d’asta hanno inventato questo trucco della garanzia, che consiste in pratica nel comprare l’opera prima dell’asta o affidandosi a terzi disposti a rischiare o direttamente. Un’asta prima dell’asta. Che però va dichiarata apertamente in catalogo e dal battitore. Sotheby’s garantisce 10, Christie’s garantisce 10.5, magari Phillips 11 e si aggiudica l’oggetto. Se l’opera sale durante la vendita, la differenza tra la garanzia e il prezzo finale viene divisa tra proprietario e casa d’asta. Questi dettagli al pubblico generale non fregano una mazza. Esce sulla stampa il record strabiliante e il lettore non ha motivo di non crederlo, anzi non si pone nemmeno il problema se sia vero o meno, è come l’atterraggio sulla Luna.
La nostra vita ha bisogno di momenti straordinari, siano questi la conquista dello spazio, l’acquisto di un calciatore o quello di un’opera d’arte. La nostra vita non cambia ma ci rasserena sapere che là fuori in una galassia economica o scientifica lontana succedono cose straordinarie. Quindi che la Marilyn sia stata venduta per 195 milioni o 195 euro o non venduta affatto a noi comuni mortali non fa differenza, come non fa differenza che il vincitore di Sanremo canti o meno in playback. Sentirsi fessi e contenti è il nocciolo per vivere sereni.
Tornando al dipinto record, forse non venduto, capiamo cosa è successo. Christie’s pare facesse affidamento sulle risorse dei sauditi ai quali aveva rifilato il Salvator Mundi di Leonardo per 400 milioni, opera d’arte in assoluto più cara venduta ad un asta. Ma proprio per questo i sauditi, ai quali era stato fatto sperare che il molto restaurato Leonardo sarebbe finito accanto alla Mona Lisa al Louvre, non erano propensi a rimanere con il cerino in mano una seconda volta. Dopo i sauditi la speranza era che gli sceicchi del Qatar, che in passato avevano pagato persino 250 milioni di dollari per i Giocatori di carte di Cezanne, fossero interessati all’oggetto. Nulla.
C’è chi dice che proprio al Qatar sia venuto a noia collezionare arte, meglio il calcio. Pare addirittura che i qatarioti stiano proprio pensando di vendere la loro sterminata e misteriosa collezione agli stessi sauditi, molto caldi, in tutti i sensi, sull’arte moderna e contemporanea, meno ambigua in termini di autenticità di quella antica. Rimaneva Jeff Bezos, cliente del mega gallerista Larry Gagosian. La sera dell’asta, quando è arrivato il momento della vendita del Warhol, i telefoni di Christie’s hanno iniziato a squillare ma si sospetta che dall’altra parte del filo ci fossero solo altri impiegati di Christie’s. Che la competizione fosse sgonfia si era capito quasi subito. La figuraccia in arrivo. Allora obbligatorio rivolgersi al salvator mundi del mercato Gagosian, il quale obtorto collo ha battuto, o fatto finta di battere, il dipinto a 195 milioni. Sperando che poi mr. Amazon lo comprasse. Ma Bezos ha subito dichiarato che l’acquirente non era lui. Il record quindi Christie’s se lo è detto e se lo è cantato da sola. La povera Marilyn sparata e abbandonata.
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