Non c'è più guerra dei sessi nel 2088: la fantascienza di Stanislaw Lem, da Leopoli

Mariarosa Mancuso

Il romanzo dello scrittore nato in Ucraina immagina un futuro in cui non ci sarà più alcun conflitto di genere. Bandite le passioni. Piacerebbe molto alle sostenitrici del #MeToo

"Ma ai tuoi tempi era veramente così, che una ragazza non poteva neanche far entrare in camera un uomo?”. “Poteva farlo, naturalmente, e poteva anche aver intenzione, ma… non cinque minuti dopo averlo conosciuto…”. “E quanti minuti aspettava?”.

Abbiamo trovato il dialoghetto in “Ritorno dall’universo” di Stanislaw Lem, nato a Leopoli nel 1921. Fantascienza, perlopiù – e certo, ci sono anche i meravigliosi “Pensieri spettinati”: noterete subito che la qualità dei pensieri è data da quel che sta sopra la testa, non all’interno. Fantascienza ambientata sulla terra, in questo romanzo Sellerio uscito l’anno scorso in occasione del centenario (curato da Francesco Cataluccio, lo conoscevamo prima che si firmasse con la M puntata: una questione di omonimia, ha spiegato). 

Torniamo ai nostri due eroi. L’uomo riconosce che la domanda della ragazza è perfettamente seria e logica: “Non era una questione di tempo, solo che… solo che prima doveva notare in lui qualcosa, conoscerlo, volergli bene, dovevano frequentarsi…”. La ragazza è stupefatta: “Eppure ti ho dato il brit. Forse ai vostri tempi non esisteva?”. L’uomo – Hal Bregg – è appena tornato da una spedizione galattica. A bordo sono passati dieci anni, ma in anni terrestri ne sono passati 127. Ha trovato una specie di paradiso, ora tutti vivono in pace e privi di passioni. Il brit aiuta: dopo averlo bevuto gli uomini sono “costretti a esser gentili” con le ragazze. Agli sconosciuti lo si offre per abitudine, non si è mai trovato nessuno che lo rifiutasse.

Stanislaw Lem ha scritto “Ritorno dall’universo” nel 1961, se aggiungiamo 127 anni arriviamo al 2088. Non sappiamo come reagirà, quando gli sveleremo l’orribile verità – sospendendo il rancore che gli vogliamo per “Solaris”, versione 1972 diretta da Andrej Tarkovskij e versione 2002 diretta da Steven Soderbergh.  Il brit non esiste, ma sarebbe senz’altro approvato dalle più sfegatate sostenitrici del #MeToo. Un bel progresso, per facilitare le relazioni tra maschi e femmine (binari, siamo binari, Lem non prevede nessuna svirgolata da qui al 2088).

 

Altri progressi sono stati fatti, racchiusi in una parola: “betrizzazione” (si scopre quasi subito che in mancanza il brit non agisce, l’uomo nella foga del discorso si avvicina troppo, ma da gentiluomo torna sui suoi passi appena la ragazza segnala l’infrazione. Gli uomini (e le donne) nuovi vivono senza fatica e senza conflitti. Per i lavori pericolosi ci sono i robot, nessun palazzo ha le finestre. E’ “Il cielo in una stanza” realizzato. Non per effetto dell’amore, passione pericolosa che dà alla testa: alle pareti e sul soffitto televisori giganti mostrano un leggiadro panorama. Ovvio che bisogna essere felici e aspirare a una lunga vita, dopo tutto quel che hanno fatto per migliorare l’umanità. Niente sport pericolosi o competitivi (quasi tutti). Unica occupazione consentita: scrivere le proprie memorie. Guarda, guarda, Stanislaw Lem ha azzeccato un’altra previsione: l’autobiografia non è quel che stanno scrivendo tutti, là fuori?

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