(Foto di Lapresse)

I paradossi della letteratura

Proposte filosofiche e letterarie per risolvere la crisi di governo. C'entra anche Shakespeare

Mariarosa Mancuso

Swift fa l'esempio delle calze rammendate, che rimangono sempre le stesse; in "Romeo and Juliet" si legge che il profumo della rosa rimarrebbe tale anche se la chiamassimo con un altro nome. Anche per i 5 stelle lo stesso paradosso: esce uno, ma il mucchio è quello

Modesta proposta per risolvere la crisi di governo. La letteratura e la filosofia vengono in aiuto, com’è giusto che sia. Utili a inquadrare il problema, prima di tutto. Cosa vuol dire “nessun governo senza i Cinque stelle”? Oltre metà degli eletti Cinque stelle sono già in Parlamento, nel gruppo di Luigi Di Maio. Si prevedono altre migrazioni dal gruppo primigenio, scissione chiama scissione. Bisogna aspettare che Giuseppe Conte resti l’unico esponente del suo partito-lumicino e corra a votare la fiducia senza arzigogoli, o possiamo sbrigarci prima? 
Prendiamo esempio dalla nave di Teseo – il mito, non l’editore. Bella nuova all’inizio, portava in giro l’eroe greco nelle sue varie peripezie, e al bisogno veniva man mano riparata sostituendo i pezzi. Molti pezzi. Restava poco o niente del fasciame originale, eppure era sempre la nave di Teseo. 
Jonathan Swift fa l’esempio delle calze di lana che vendono rammendate, e poi ancora rammendate, con un filo di seta, finché c’è solo seta nelle calze. Ma sono sempre le calze che il signor Smith riconosce come sue calze di lana (siamo nel Settecento, le calze si rammendavano, e comunque trattasi di esperimento mentale per chiarire la faccenda).

 

I Cinque stelle in Parlamento ci sono già, con un altro nome: “Insieme per il futuro” (vista la scarsa fantasia, non resta che tornare agli alberi, magari agli animali: “Panda, il partito che si estingue in pochi anni” – anche “biodegradabile” suggerisce qualcosa di moderno e non dannoso per l’ambiente). Indicarli come condizione – per andarsene o per restare – è argomento fragilissimo.
Giulietta dice a Romeo, per la penna di Shakespeare e appena saputo dell’incompatibilità tra Montecchi e Capuleti: “Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo”. Nominalisti e realisti litigano fin dal medioevo, non hanno aspettato né i Cinque stelle né il governo Draghi. Tenendo presente la nave di Teseo – sempre il mito, la casa editrice si chiama così perché nasce da una costola di Bompiani senza più essere Bompiani – il “governo Draghi” potrebbe restare tale anche se tutti i componenti originari fossero sostituiti con altri. 

 

Tutti noi cambiamo idea, opinioni, gusti, cellule del corpo, ma siamo sempre noi. In questi anni la politica ha fornito esempi clamorosi. Conte, Salvini e Di Maio sono sempre Conte, Salvini e Di Maio, anche dopo le giravolte.
Basterà un solo Cinque stelle rimasto fuori, per poter invocare: “Non è un governo con i Cinque stelle, si va al voto”. Oppure per lamentare: “Volevamo i Cinque stelle fuori, sono in Parlamento con un altro nome, ma noi siamo realisti e non ci fidiamo”.  Vertigini, altro che paradossi. 
Per i Cinque stelle rimasti fuori in attesa spasmodica delle urne, vale il paradosso del mucchio. Se ho un mucchio di sassolini e ne tolgo uno, resta un mucchio di sassolini. Se ne tolgo due, tre, cinquanta, cento, ho sempre un mucchio di sassolini. Ma andando avanti a togliere? Quando esattamente il mucchio smette di essere mucchio e diventa cane sciolto? 
 

Di più su questi argomenti: