"Eureka Street", il magnifico romanzo di un autore che fa di tutto per essere dimenticato
Tra le pagine del libro ritroviamo la Belfast di Robert McLiam Wilson, scrittore capace di dire delle sue opere: "Sono un'incredibile stronzata"
Belfast 1994. Non è il film di Kenneth Branagh, che con la famiglia era scappato a Londra almeno 20 anni prima. E’ la Belfast di Robert McLiam Wilson, nel magnifico romanzo “Eureka Street”. Da raccomandare a chiunque non l’abbia ancora letto. Apparteneva alla stagione irlandese fiorita nell’editoria una ventina di anni fa, grazie ai contributi comunitari per le traduzioni, e a una generazione che si era data al romanzo senza curarsi dello sguardo corrucciato di James Joyce. Da parte sua, lo scrittore ha fatto di tutto per farsi dimenticare. Vive a Parigi, dopo l’attentato ha cominciato a collaborare con Charlie Hebdo, e nelle interviste promette libri che poi non escono.
Tutta colpa di “Eureka Street”, il suo terzo romanzo uscito nel 1998 e tradotto l’anno dopo dall’editore Fazi. Successo internazionale, del tutto inatteso e travolgente. Ai lettori entusiasti Robert McLiam Wilson diceva: “No, no, dovreste leggere Tolstoj”. Da qui il timore di non essere all’altezza delle aspettative. Già aveva una macchia nel curriculum. Del suo secondo romanzo – non diremo il titolo per non far pubblicità, è stato tradotto anche in italiano – dice convinto: “E’ un’incredibile stronzata” (caso unico tra gli scrittori che parlano delle loro creature, anche per questo gli andrebbe fatto un monumento).
Robert Wilson – McLiam è la traduzione in gaelico di Wilson – fu cacciato di casa dai genitori cattolici quando aveva 14 anni. Si era innamorato di una ragazza inglese e protestante, per qualche mese fece la vita del barbone. Siccome i romanzieri fanno fruttare ogni cosa – “è tutto materiale”, diceva Nora Ephron: diede una svolta alla carriera raccontando del marito che mentre era incinta la tradì con la migliore amica – il primo romanzo “Ripley Bogle” è il monologo di un ventiduenne senza fissa dimora che vaga per Londra. Arrabbiato.
“Eureka Street” racconta Chuckie e Jake, cattolico il primo e protestante il secondo, che ha avuto un’infanzia difficile quindi si innamora a ripetizione: “Dicevamo le cose che due si dicono quando vogliono fare l’amore, ma cercano di evitare l’argomento ancora per un po’. Parlavamo di falchi pescatori, giardinaggio, nuoto sincronizzato e cose del genere”. Chuckie è poco avvenente, ma sa andare al dunque con successo: schiere di ragazze a Belfast avevano tra le cosce l’invisibile distico: “Chuckie è stato qui! / Furono brevi istanti memorabili”. Gli spettacoli teatrali per bambini promettevano “Biancaneve e i sette nani. CON NANI VERI!!!”.
Chuckie vuole diventare ricco. Guadagna i primi soldi mettendo sulle riviste un annuncio che dice “Vibratore gigante. Solo 9 sterline e 99. Soddisfatti o rimborsati”. Jake è perplesso: “E’ illegale, qua da noi”. Ma Chuckie non ha intenzione di vendere, né di tenere un magazzino. Ha solo un vibratore campione (che spaventa il gatto) e un timbro. Ricevuti gli ordini e incassati i soldi, manderà a tutti i clienti un assegno stampigliato “Rimborso per un vibratore gigante”. Ovvio che nessuno lo incasserà: “Non è meraviglioso il capitalismo?”.