(foto Ansa)

Non è una cultura per poveri

L'inflazione si abbatte anche sui musei. Il caso Palazzo Ducale a Venezia

Francesco Gottardi

Con la pandemia e il rincaro delle materie prime molti istituti museali hanno ritoccato i biglietti. In Laguna l'antica casa dei dogi è salita sul podio dei musei più salati al mondo. Ma al Metropolitan di New York sono d’accordo: “Ormai abbiamo bisogno di risorse sempre maggiori”

E se il proverbiale caffè in piazza San Marco è il più caro del mondo – fake news: al banco si paga da 1,5 a 3 euro –, i musei non potevano essere da meno. Tutto vero, stavolta. Dal prossimo 1° settembre, il biglietto d’accesso a Palazzo Ducale e alla circostante area Marciana costerà 30 euro. Un ritocco del 20 per cento sulla tariffa attuale, “scongiurabile”, fa sapere la Fondazione musei civici di Venezia che ne gestisce il patrimonio, “in caso di prenotazione della visita con almeno un mese di preavviso”. La decisione arriva “in seguito al costante incremento delle vendite online”. Ed è in linea con il contestuale aumento dei prezzi turistici nella città lagunare – sempre da settembre, per un non residente una corsa in vaporetto passerà dai 7,50 ai 9,50 euro – che si appresta a sperimentare il ticket d’ingresso per la regolarizzazione dei flussi. Eppure, il rincaro cultura fa specie. Rimbalza ben oltre Venezia. Perché da un lato, l’antica casa dei dogi sale ormai sul podio dei musei più salati del pianeta. Dall’altro l’inflazione sui beni culturali è un tema attuale, altrettanto internazionale. E non da ieri.

 

Si diceva dei biglietti da record. Escluse le collezioni private minori, oggi soltanto due siti battono Palazzo Ducale. A Barcellona, una visita alla Casa Batlló di Gaudí parte dal proibitivo pacchetto di 35 euro. Al secondo posto c’è l’insospettabile Churchill’s war rooms di Westminster, uno spazio espositivo dedicato allo statista britannico che costa l’equivalente di 31,24 euro. Subito giù dal podio si trova invece il caso più eclatante: fino al 2018 il Metropolitan museum of art di New York era celebre per la sua politica pay-what-you-wish applicata a qualunque visitatore. Poi ha introdotto un tagliando da 25 dollari, che è stato ritoccato fino a 30 lo scorso luglio. “Negli ultimi anni la donazione libera non era più sostenibile”, ha spiegato Daniel Weiss, presidente del Met, in un’intervista a The Art Newspaper. “Il museo per funzionare ha bisogno di risorse significative e questo aumento dei prezzi ci garantirà ricavi extra per 49 milioni di dollari all’anno”.

Altri colossi del settore la pensano diversamente: il British museum di Londra continua a essere gratuito, mentre dal Louvre al Prado, passando per i Musei vaticani e gli Uffizi, i prezzi dei biglietti si aggirano tutti fra i 15 e i 20 euro. Perfino altre eccellenze veneziane, come la Collezione Guggenheim e le Gallerie dell’Accademia, sono accessibili per la metà o meno di Palazzo Ducale. Le cui cifre restano fuori mercato, insomma. Ma l’azzardo è spinto da una specifica necessità: gli introiti della Fondazione musei civici, partecipata dal Comune di Venezia, dipendono in larga parte dagli ingressi. Quasi nulle le donazioni private e le sovvenzioni. Mentre i musei in piena crisi, soltanto accentuata dalla pandemia, devono far fronte a un’offerta culturale sempre più estesa. L’esperienza diretta indebolita dalle simulazioni in rete. La missione sociale svilita dalle nuove frontiere dello svago.

Così tocca ingegnarsi. La soluzione americana, sposata da Palazzo Ducale, fa leva sul rialzo dei biglietti: il Metropolitan è soltanto uno dei tanti centri statunitensi il cui costo d’accesso, in media, è almeno raddoppiato negli ultimi vent’anni. In Europa si tende invece a forzare la mano su contributi statali e raccolte fondi. Con tutti i rischi del momento: secondo la piattaforma Heritage alliance, nell’ultimo biennio gli enti culturali e di beneficenza del Regno Unito hanno dovuto fare i conti con una diminuzione delle donazioni private del 90 per cento. Effetti del costo della vita, su cui molte gallerie evitano di infierire rivalendosi sui tagliandi. O, come il Rijksmuseum di Amsterdam – da 17,50 a 20 euro – entro limiti contenuti.

 

Una terza via ci sarebbe. Stando alla rinomata casa d’aste Sotheby's, oggi il 40 per cento dei proventi museali – la quota è in crescita – deriva da merchandising e programmi educativi. Fino all’innovazione, arte digitale in testa. Su questo gli Uffizi e il Museo egizio di Torino sono il nostro fiore all’occhiello. Venezia insegue. Ma nel dubbio, si affida ancora una volta al suo eterno paradigma: la grande bellezza non ha prezzo. Pagare per credere. Palazzo Ducale in versione deluxe farà vedere fino a che punto.

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