facce dispari
Nunzio Pironti: passioni, manie e fantasmi dei cacciatori di libri
Libraio alla quarta generazione, i rudimenti appresi alle scuole medie. "Da mio padre ho imparato a non avere paura dei libri usati. I bibliomani? Chi si vergogna di rientrare a casa con sempre nuovi testi". Intervista
Che leggere faccia immancabilmente bene è regola smentita da frequenti risultati. E alla stimolante (ma minacciosa) massima che chi legge vive mille vite bisognerebbe aggiungere di non dimenticarsi, per troppa estroversione, di esperire innanzitutto la propria. Sono moniti che però non vaccinano dalla smania di possedere libri, specie quando non odorano più di tipografia ma degli scaffali dove alloggiarono, dell’umidità che assorbirono, delle mani che li sfogliarono e a cui sono sopravvissuti. Perché anche i libri sono cose e “durarán más allá de nuestro olvido” osserva Borges. “No sabrán nunca que nos hemos ido”.
Ne è consapevole per pratica di circa un quarantennio Nunziante Pironti detto Nunzio, signore di placide maniere che si tiene in forma col basket e le bizzarrie catturate alla clientela della sua bottega a Port’Alba, storica strada dei librai napoletani. Figlio d’arte, nipote del celebre Tullio di cui molti ricordano le brillanti imprese editoriali, Nunzio ha dedicato la libreria ai testi rari con l’aiuto del decano del mestiere Antonio Auriemma, genius loci pertanto ormai privo di età.
Quando ha cominciato?
Alle scuole medie. Nel periodo estivo venivo in libreria ad aiutare mio padre Ugo. Mi sembrava talmente naturale che non ho mai capito se faccio questo lavoro per scelta o perché mi ci sono trovato.
Se a Napoli si dice Pironti si pensa ai libri.
Siamo alla quarta generazione. I rudimenti li appresi da nonno Antonio, che morì a 103 anni.
Lei propone testi rari, che oggi si trovano più facilmente cercando online. Come si adatta ai cambiamenti?
Il mercato è drogato. Mentre prima sapevamo quale valore attribuire a un libro, oggi non c’è una regola. Se puoi scovare online un testo a un prezzo inferiore, è anche vero che quando non è reperibile su Internet il libraio a cui ne capita una copia la può offrire a una cifra spropositata.
È più complicato vendere?
Prima i libri erano quasi l’unica fonte di conoscenza. Ora se ne vendono meno, ma in compenso si fanno tante presentazioni e incontri culturali. Mi viene da pensare che siano più rappresentazioni che presentazioni. Più apparenza che sostanza. Mi piacerebbe organizzarne di tanto in tanto ma con persone che amano realmente la cultura.
Perché no.
Per le continue acquisizioni che ingombrano lo spazio. Almeno una volta al mese mi entrano 40, 50 scatole da catalogare. Un disordine che però piace ai clienti, avidi di scoprire gli arrivi.
Quale criterio segue negli acquisti?
La raccomandazione di mio padre: non avere mai paura di comprare testi usati, perché in ogni biblioteca ci sarà un volume prezioso che ti può mancare. Qualche volta per vendere mi chiamano dicendo: ‘Mi rivolgo a lei perché da ragazzo venivo da Pironti’. Un giorno m’è capitata un’edizione delle opere di Alfieri degli anni ’30 e all’interno ho trovato un biglietto: ‘acquistato da Pironti’. A volte ritornano… La maggioranza delle acquisizioni è da chi ha ereditato una biblioteca e se ne disfa per motivi di spazio o perché manca della passione di chi non c’è più. Se si dispiace gli ricordo che quei libri vivranno presso qualcun altro. Mica li sta gettando.
Una biblioteca è un po’ l’immagine di una persona.
Quando la prendi entri nella sua vita. Ne viene fuori lo spessore al di là del valore venale. Ho acquistato la biblioteca di un appassionato di critica letteraria e storia locale trovando in ogni tomo annotazioni, ritagli, appunti così pertinenti che ho raccolto tutti quei foglietti, che in genere si buttano, in cartelline. Aveva impreziosito i libri.
Rammenta qualche episodio singolare?
Quando andai da un avvocato che non sapevo discendesse dalla mia famiglia e trovai a parete i ritratti dei miei antenati, qualcuno molto somigliante a me. O quando scoprii in un libro antico un salto di quattro pagine: erano state incollate con lo scotch e nascondevano una lettera d’amore bellissima, indirizzata alla cameriera di questo signore. Parole mai consegnate di una purezza e stile sopraffini: l’amore impossibile di un uomo di cultura, che aveva celato un tradimento platonico ma sentiva il bisogno di esprimersi. L’acquisizione di una biblioteca la definisco “l’epilogo”. A volte mi chiamano a casa di qualcuno il cui cognome non mi dice niente, poi mi mostrano la sua fotografia e ricordo subito tutte le volte che era venuto, le nostre conversazioni e le sue passioni. Conosco prima di esplorarla la sua biblioteca.
Chi è il bibliomane?
Riassumiamolo così: colui che quando acquista ha il problema di rincasare e far vedere al coniuge, in genere la moglie, che ha portato altri libri. Ormai ha ricevuto l’aut aut perché l’appartamento trabocca di volumi persino in bagno. Un giorno un cliente esclamò: ‘Che bel libro, peccato non poterlo prendere perché è troppo grande per nasconderlo’. Un altro lasciava in libreria gli acquisti e correva a ritirarli quando la moglie andava dalla figlia fuori città. Finalmente poteva introdurre i libri in casa, come se fossero l’amante.
I libri hanno un’anima?
Ah, ne sono convinto: succede di esporre un testo e venderlo pochi minuti dopo perché passa qualcuno che lo cercava da una vita. Non lo diciamo però, sennò sembra che credo alle magie.