Vittoria Ronchey, Foto di Olycom 

il ricordo

Vittoria Ronchey: talento, stile e una vita bellissima

Giuliano Ferrara

Aveva talento e stile, scriveva meravigliosamente, fece un colpo magistrale con un saggio sulla scuola della fine anni Sessanta il cui titolo era: "Figlioli miei, marxisti immaginari"

Vittoria Ronchey era una donna specialissima, la conoscevo da sessantaquattro anni, dai tempi di Mosca, quando mio padre era corrispondente dell’Unità e Alberto della Stampa, e questi amici li accompagnavo al cinema per tradurre bamboccio qualche espressione di russo che si raccoglieva per strada più facilmente nell’infanzia nevosa. Aveva talento e stile, scriveva meravigliosamente, fece un colpo magistrale con un saggio sulla scuola della fine anni Sessanta il cui titolo diventò, sulla scia del bestseller e longseller, una sorta di strumento linguistico duraturo a disposizione della società giornalistica e letteraria. Era: “Figlioli miei, marxisti immaginari”.

 

Vittoria era la discrezione impersonificata, dopo la morte di Alberto nel 2010 non si è più fatta vedere e si è affidata interamente alle cure e all’affetto della figlia Silvia, si è nascosta nell’amore. Era socievole, scattante, energica, piena di passione civile e politica, e con Alberto e Silvia formavano un trio che Guido Piovene, secondo Enzo Bettiza, chiamava il Vas, Vittoria Alberto e Silvia. È stata il perno psicologico di una famiglia di primissimi della classe, gente spiritosa, non sgobbona, ma dotata fino al parossismo in quel che faceva e fa.

 

Era anche una narratrice e un’erudita di vario interesse e ha vissuto una vita bellissima, fino a ieri, fino a novantasette anni non ancora compiuti per un soffio. Va annoverata tra le italiane migliori, persone di rara perfezione stilistica, di un mondo che sopravvive a stento alla loro naturale eleganza morale e mentale. Questo oggi a suo provvisorio ricordo, su un giornale che si onora di ospitare in redazione la macchina da scrivere di Ronchey e dei Ronchey.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.