Romanzieri inglesi in rivolta contro il “pensiero di gruppo sul gender”
Il caso del sindacato scrittori e le minacce a Rowling
Joanne Harris è nota per il bestseller Chocolat, il romanzo del 1999 che è stato trasformato in un film con Johnny Depp e Juliette Binoche. Oggi è presidente della Società degli Autori, il sindacato di scrittori, illustratori e traduttori composto da 12mila persone nel Regno Unito. Il giorno dopo l’attentato a Salman Rushdie, Harris ha pubblicato un sondaggio su Twitter chiedendo se altri scrittori avessero “mai ricevuto una minaccia di morte (credibile o meno)”. Un attacco neanche troppo nascosto a J.K. Rowling, che proprio quel giorno aveva ricevuto una minaccia di morte (“sarai la prossima”) per aver espresso solidarietà a Rushdie. Harris detesta, infatti, le femministe critiche del gender come la Rowling. “Rowling è stata sottoposta a un assalto che evidenzia una tendenza insidiosa, autoritaria e misogina nei social media e lo spaventoso hashtag #RIPJKRowling è solo l'ultimo esempio di incitamento all'odio contro di lei e altre donne”, recita un appello firmato da Ian McEwan, Tom Stoppard e Lionel Shriver. La romanziera Amanda Craig è un’altra abbandonata dai suoi pari letterari. Due anni fa, Craig è stata cacciata come giudice del concorso di scrittura Mslexia perché aveva firmato una lettera a sostegno di Rowling.
Il Telegraph questa settimana racconta che autori di spicco si stanno dimettendo dalla società diretta da Harris a causa del suo “abbandono di scrittori critici verso il gender”. Una fonte che ha lasciato il sindacato ha detto: “La società ha capitolato a un’ideologia in cui non sembra più essere disposta a sostenere qualsiasi autore che ritenga colpevole di ‘pensare sbagliato’”. A questo proposito c’è anche il commento della poetessa Gillian Philip sul Daily Mail: “Dopo il barbaro attacco a Rushdie, politici, artisti, autori e commentatori si sono messi in fila per esprimere la loro indignazione e dichiarare il loro sostegno ai diritti di tutti di poter esprimere le proprie opinioni e raccontare le proprie storie senza paura. Ma sarebbe più facile prendere sul serio queste parole se solo tanti dei nostri leader culturali, soprattutto editori, emittenti ed educatori, non si fossero vergognosamente collusi con l'intolleranza. Questa settimana pronunciano i loro slogan sulla libertà. Ma nelle loro azioni negli ultimi anni, troppo spesso sono stati gli alleati del totalitarismo, perseguitando i dissidenti e facendo rispettare il pensiero di gruppo. Esibiscono incessantemente la loro devozione alla diversità, ma hanno solo disprezzo per la diversità di opinione. C’è il desiderio maniacale di punire ogni deviazione dall’ortodossia prescritta in materia di razza, multiculturalismo o, soprattutto, diritti transgender. In qualità di scrittrice di successo, la cui carriera letteraria è stata distrutta dall'ingiusta accusa di transfobia, riconosco fin troppo bene l'impatto devastante di questo maccartismo nuovo. La mia offesa è stata quella di aggiungere alla mia pagina Twitter l'hashtag: ‘Sto con J.K. Rowling’”.
La scorsa primavera, un altro noto scrittore inglese, Philip Pullman, aveva difeso una collega accusata di razzismo per alcune frasi in un libro di grande successo, dicendo che i suoi critici “avrebbero trovato una casa confortevole nell’Isis o nei talebani”, che i libri li bruciano. Ha suscitato indignazione, per la schiettezza delle sue parole, sia per il modo in cui, nel suo ruolo onorario di presidente della Società degli Autori, Pullman sembrava criticare alcuni dei suoi membri. Ma travolto dalle critiche, alla fine Pullman si è dimesso da presidente.
Sulla cancel culture siamo alla resa dei conti nel mondo letterario. E i progressisti stanno sconfiggendo i liberali che provano ancora un po’ a resistere.