furti d'artista
Il presunto plagio a opera di Cattelan della “Banana” di Morford
E se Cimabue avesse fatto causa a Giotto? In altri tempi, la rivisitazione si sarebbe chiamata “appropriazionismo”, al quale alcuni avrebbero aggiunto "indebito", ma dipende dai punti di vista
L’artista americano Joe Morford ha recentemente fatto causa all’artista italiano Maurizio Cattelan per avergli rubato la banana. O meglio, per avergli rubato l’idea della banana attaccata con il nastro da pacchi al muro e che Cattelan ha intitolato “Comedian”, comico, e mostrato per la prima volta nel 2019 alla fiera d’arte di Basel a Miami, diventata poi un fenomeno virale. Quasi irrilevanti, data la visibilità globale dell’“opera”, i 120.000 dollari pagati da un paio di collezionisti per averla.
Un giudice americano non ha proprio dato ragione a Morford, avendo qualche dubbio sul valore artistico del frutto, ma ha dato il via libera alla causa essendoci, a suo parere, le basi per un possibile plagio. Al di là della comicità della cosa, questo ennesimo caso giudiziario su chi possiede i diritti di un’idea o di un’immagine stimola una riflessione su come nascano un’opera d’arte ma anche un’idea qualsiasi. Intuizione, ispirazione, influenza, copia, furto, citazione, omaggio. Si possono usare tutte queste parole per giustificare opere d’arte più o meno belle, o idee più o meno geniali, che si assomigliano o che a volte sembrano proprio uguali.
Meucci inventò il telefono e Bell pare che gli “ciulò” l’invenzione diventando ricco. La domanda è: Meucci avrebbe saputo sviluppare la propria invenzione con lo stesso successo di Bell? Un po’ la stessa cosa è capitata ai due fratelli McDonald. Facevano hamburger molto buoni ma non furono in grado di sviluppare l’idea in un business mondiale. Cosa di cui invece fu capace Ray Kroc, che sicuramente era anche un po’ un farabutto ma pure geniale e visionario. Non voglio difendere chi prende o compra le idee tirando fregature a chi le ha avute. È però chiaro che le idee da sole non bastano se non si è in grado di seminarle sul giusto terreno e farle crescere.
Le immagini poi sono più deboli delle idee se non si sanno presentare nel modo giusto e averle semplicemente create non basta. Mi chiedo cosa avrebbe fatto Morford al tempo di Giotto. Non credo che Cimabue, anche se avesse avuto potenti avvocati, si sarebbe messo a fare causa al suo allievo perché gli aveva rubato l’idea della Crocifissione. E ai tempi di Cézanne? Chissà quanti altri pittori avranno dipinto un cesto di mele o il monte Sainte-Victoire, ma Cézanne lo sapeva fare meglio.
Torniamo allora alla banana. Quella di Cattelan, oltre a essere vera, non di plastica come quella di Morford, è attaccata al muro meglio. Anzi il solo fatto che sia vera cambia completamente l’idea dell’opera, che da permanente diventa temporanea, aggiungendo un valore esistenziale alla cosa. D’altronde, già l’artista povero Giovanni Anselmo aveva fatto, nel 1967, la scultura che mangiava, mettendo un cesto d’insalata fresca fra due pietre di granito. Quando l’insalata appassiva una delle due pietre cadeva a terra, magari sul piede del collezionista.
Un altro poverista, Piero Gilardi, forse prima di Anselmo, fece i tappetti natura di gomma piuma con delle verdure finte sopra ma non credo ci siano state cause legali per uso malevolo dei diritti dell’ortolano. Sempre negli anni 60 altri due dell’Arte Povera, Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto, usarono quasi contemporaneamente dei calchi di sculture classiche. Si litigarono su chi avesse avuto l’idea prima ma non misero le cose in mano agli avvocati, gli avrebbero fatto notare che già loro avevano preso l’idea dai greci.
L’arte è come lo sport. Un tennista non può fare causa a un altro sulla base che il rovescio a due mani l’ha inventato lui. Le idee sono come i segreti, se non si vogliono fare sapere non bisogna dirli a nessuno. L’artista americana Sherrie Levine negli anni 80 iniziò a rifare gli scatti di fotografi maschi tipo Edward Weston o Alfred Stieglitz mostrando poi le sue foto, esattamente uguali agli originali, con attaccato al titolo la parola “after” che la tutelava dall’accusa di plagio. “After” nel senso di rifatta dopo o ispirata a… Un omaggio, non un furto.
Per non parlare di Richard Prince, al centro di molte cause per plagio o abuso di copyright. Prince, sempre negli anni 80, iniziò a rifotografare e a ingrandire le pubblicità dei Cowboy della Marlboro, togliendo il logo della marca di sigarette. Le nuove foto di questo artista sono state vendute per milioni di dollari. Ma né la Marlboro né il fotografo della pubblicità hanno mai detto nulla, forse per evitare pubblicità negativa sul cancro da fumo.
Secondo l’artista, la Marlboro aveva già rubato il mito del cowboy e del West all’immaginario collettivo per usarle a scopo di lucro, la sua operazione era un modo per ridare libertà a questi miti. Il movimento a cui appartenevano Levine e Prince si chiamava, guarda caso, “appropiazionismo”, al quale a volte alcuni affiancano la parola “indebito” o , negli anni 70, “proletario”.
Non so a quale di queste categorie e movimenti appartenga Cattelan. Certo è che sia l’artista Morford sia il giudice Scola dovrebbero tenere in maggior considerazione la storia dell’arte in attesa che a qualcuno venga in mente di creare la “Crocifissione della Banana”.