Gli stupidi intenti di Zannoni non sono stupidi. Intervista al vincitore del Campiello
Ha vinto il premio letterario di Confindustria Veneto come il più giovane esordiente di sempre. "Vengo dal nulla. Se ho finito di scrivere questo romanzo è grazie a mio padre", dice al Foglio
Venezia. Se uno chiede a Bernardo Zannoni – neo vincitore con I miei stupidi intenti (Sellerio) della 60esima edizione del Premio Campiello – cosa fa nella vita, lui risponde senza pensarci affatto che ama “guardare le cose”. Le guarda così come osserva chi gli sta attorno, prende spunti e poi, quando non fa uno dei tanti lavoretti che svolge “per riuscire a mangiare”, come dice al Foglio – “cioè il cameriere, la riparazione di barche e il portare gente in giro” – scrive. “Ho sempre scritto cose, sceneggiature e canzoni, ma a 21 anni ho deciso di tornare alla prosa, decisamente più faticosa della poesia o di una stessa canzone”, ci spiega subito dopo la cerimonia che l’ha visto trionfare con 101 voti, un’edizione tornata nella storica sede del Gran Teatro La Fenice di Venezia, lasciata a causa del Covid per due anni, spostandosi prima in Piazza San Marco (nel 2020) e poi all’Arsenale (nel 2021).
“Ho iniziato così quello che sarebbe poi diventato questo libro, ma la sua stesura ha richiesto del tempo. L’ho scritto pensando ad un bosco, con degli animali, la cosa migliore per non annoiarmi, perché essendo figlio della mia generazione, ho – abbiamo – grandi deficit di attenzione. Usare personaggi che non fossero umani e arrivare al gioco che la realtà si tramutava in qualcosa di nuovo, di animalesco, mi ha appassionato e sono riuscito a districarmici”. “Ero così convinto che non avrei vinto, che non avevo nemmeno preparato il discorso”, ha detto durante la diretta e lo ribadisce anche a voce. "Vengo quasi dal nulla, da un posto piccolo come Sarzana, e ringrazio chi ha creduto in me. È la mia prima opera pubblicata ed ho già fatto un casino. La mia vita è cambiata al 100%, sono molto contento”.
Il romanzo racconta la storia di una faina di nome Archy che parla come tutti gli animali di questo libro che, mossi dalle necessità e dall’istinto, vivono una quotidiana lotta per la sopravvivenza. “Crescendo - spiega l’autore – guadagna una coscienza, scopre il timore della morte come la scoperta di Dio oltre al potere della scrittura come garanzia di un corpo che si deve piegare al passare delle stagioni”.
“La coscienza – precisa - è una dannazione, un vantaggio, ma bisogna salvare il salvabile prima di scomparire. Ho cominciato il libro a 21 anni, volevo fare un romanzo su una volpe. Le faine sono un po' come le volpi, ma meno conosciute e così ho pensato: perché non scrivo la storia di una faina? È più originale, e sicuramente meno scontata. Poi fui chiamato a fare un documentario, Come il fuoco desidera, su Paolo Emilio Gironda, un artista di Sarzana scomparso prematuramente, l’ho lasciato indietro e per un periodo me lo sono dimenticato. È stato mio padre a dirmi di riprenderlo quando ne avevo 24, perché lo aveva letto ed apprezzato molto. Dopo un anno che insisteva, sono riuscito a portarlo a termine”.
Vincere un premio a 27 anni come ne ha lui, è un record nella storia del premio promosso da Confindustria Veneto, essendo lui il più giovane autore ad aver vinto il Campiello. L’Italia può essere un paese per giovani? Gli chiediamo. “Sì, assolutamente – fa lui – ma solo se i vecchi se ne vanno. Bisogna puntare sui giovani, importiamoli, insegniamo loro i veri valori, invitiamoli a leggere, a imparare le cose… tutti i problemi che ci sono oggi, dall’omofobia al razzismo, sono risolvibili con un minimo di studio ed educazione. Io partirei da lì. Per i vecchi, basta aspettare”.
Dopo Venezia, Zannoni tornerà nella sua Sarzana e poi parteciperà al Festivaletterature di Mantova e a quello di Pordenonelegge, al via dal 14 settembre prossimo. “Nel frattempo, lavoro e scrivo”, precisa. “La scrittura riesce sempre a divertirmi in tante maniere, a plasmare la realtà come la vorrei io. Riesce a farmi rivivere meglio i ricordi, a svuotarmi delle emozioni di cui vorrei sbarazzarmi. Scrivere in prosa mi diverte tantissimo: una volta che entri in una storia, capisci che i personaggi sono vivi, che camminano nella tua mano, quindi non puoi fare altro che immedesimarti in loro e vedere dove devono andare a parare. È una cosa bellissima, è come vedere un film molto lungo”.
Assieme ai libri, Zannoni ama i film stranieri, in particolar modo quelli di Wes Anderson, tanto da aver preso a modello per questo libro il film Fantastic MrFox del regista americano “Mi piacerebbe che dal mio libro venisse fatto un film, ma solo se fatto con una giusta attenzione e con idee giuste”. Il ragazzo che non amava andare al Liceo (Classico) e che ha saltato l’80% delle lezioni alla Scuola Holden dove ha avuto come insegnante lo scrittore Marco Missiroli (“un amico, devo tutto a lui”) e Alessandro Baricco (“ha pure avuto il coraggio di venire a ritirare il diploma?”, gli disse), a quanto pare sta già crescendo e i suoi intenti, sono tutt’altro che stupidi.