Edgar Degas, "Il broncio", 1870 circa, Metropolitan Museum di New York, (via Wikimedia Commons)

Il circolo Gallimard. L'ultima grande stagione culturale francese nelle memorie di Pierre Nora

Marina Valensise

Scrittori, intellettuali, persino Brigitte Bardot. L’incontro con Gaston Gallimard segnò per Nora l’accesso in paradiso. All’epoca era ancora ignaro degli “arcana imperii” dell’editore

Gaston Gallimard era già un vegliardo nel 1966. Da mezzo secolo regnava come un sovrano assoluto sull’editoria francese, circondato da scrittori prestigiosi, assistito da amanti di lungo corso  e segretarie devote. Pierre Nora all’epoca aveva trentacinque anni e una carriera avviata di storico ed editore. Biondo, elegante, il sorriso sornione, era il fior fiore della borghesia ebraica assimilata – padre  urologo di fama salvato dalle persecuzioni grazie a un ex commilitone collaborazionista, un fratello maggiore ex partigiano, manager brillante e tecnocrate dal grande avvenire, due sorelle bellissime e stravaganti – e aveva già al suo attivo un  saggio sui francesi d’Algeria e la direzione di una collana di  documenti storici in formato tascabile, per l’editore Julliard.

 
 Siamo all’epoca del Boom. Le idee e l’ideologia regnano incontrastate non solo sulle teste d’uovo ben pettinate del VI arrondissement ma sull’intera società. Gallimard aveva sentito parlare di quel giovanotto che lavorava per la concorrenza dal figlio Claude e lo volle incontrare. Lo ricevette al suo quartiere generale, in rue Sébastien Bottin, nel famoso ufficio sul giardino interno, meta ambita di tanti scrittori in cerca di gloria. Lo fece sedere, gli mostrò la sua collana e palpando i libri lo fece parlare delle copertine, della tipografia. Voleva sapere tutto di lui, della sua vita, dei suoi progetti. Nora che per Julliard lavorava proprio lì di fronte, in una mansarda all’angolo tra rue de Beaune e rue de l’Université, non aspettava altro. Gli parlò del suo desiderio di riprendere la Bibliothèque des Idées – fondata da Bernard Groethuysen, l’editore di Kafka e di Musil considerato un genio da Malraux – la collana in cui prima della guerra era apparsa la tesi di Raymond Aron sulla filosofia della storia, nel 1943 L’Essere e il Nulla di Jean-Paul Sartre e dopo la liberazione il  trattato di Merleau-Ponty sulla fenomenologia della percezione. Monumenti del pensiero, insomma. Nora avrebbe voluto replicare con una collana di scienze umane, e aprire anche alla storia, alla  filosofia e persino all’attualità.

 
Gaston Gallimard, che era il fondatore della Nouvelle Revue française, l’editore di Gide e André Breton, di Paul Valéry e Drieux La Rochelle, di Conrad  e Céline, di  Camus e Simenon, di Paul Claudel e Marcel Proust (dopo essersi fatto scappare la prima edizione di Du côté de chez Swann), non solo era una leggenda vivente nella cultura europea, ma era soprattutto una vecchia volpe. Perciò lo stette a sentire mostrando grande interesse, e a certo punto se ne uscì con una frase lusinghiera: “Mi prometta che un giorno scriverà un libro anche per me”, disse  al giovane Nora insistendo molto su quel “per me”, e lasciando scivolare una nota personale: “Lei ha gli stessi occhi di Valéry Larbaud”. Occhi grandi, trasparenti di un azzurro intenso, sguardo mobile, curioso, forse già venato di quell’ombra di malinconia che traspare con l’introspezione, Pierre Nora abboccò come un pesce. Non sapeva che quella di Gallimard era una formula collaudata per fare breccia sui potenziali nuovi autori. Anni dopo, Roger Caillois gli avrebbe raccontato dell’incontro tra l’editore e Claude Lévi-Strauss, fresco autore delle Strutture elementari della parentela. “Allora, quand’è che scriverà per la Nrf?”, gli domandò Gaston Gallimard con aria da spaccone, salvo restare interdetto davanti alla replica dell’antropologo che per lui si sarebbe occupato volentieri di cronache culinarie. All’epoca Nora era ancora ignaro degli arcana imperii di Gaston e dei loro risvolti sadomaso. L’incontro col grande editore segnò per lui l’accesso in paradiso. E infatti, da almeno vent’anni sognava di lavorare per  Gallimard, da quando un compagno di liceo l’aveva portato a uno dei famosi party di primavera nel giardino di rue Sébastien Bottin, dove aveva incrociato Raymond Queneau, Simone de Beauvoir e persino Brigitte Bardot… Era lì in quel hôtel particulier nel cuore di Saint-Germain-des-Prés che avrebbe voluto vivere e morire. Perciò, quando Gaston s’alzò per accompagnarlo alla porta, e continuando la conversazione gli sfiorò la mano, lo fissò negli occhi dicendogli: “Io la invidio”, sentì che il sortilegio stava per compiersi. 

 
Per sapere come si realizzò, con quale forza di attrazione, a costo di quali sacrifici e soprattutto con quali e quanti effetti   sull’editoria e la cultura francese nell’ultima sua gloriosa stagione, bisogna tuffarsi a capofitto nel nuovo libro di Pierre Nora (Une étrange obstination, Gallimard, 305 pagine, 21 euro), secondo capitolo dell’autobiografia senza indulgenza del principe dell’editoria che di Gallimard fu per cinquantasette anni l’anima, il punto di riferimento, il mago, il mattatore, il volto più seducente. Editore di oltre mille libri, storico del presente con seminario all’Ecole des hautes etudes en sciences sociales, curatore di antologie che hanno segnato un’epoca – Fare la storia,  L’egostoria – ideatore di raccolte di saggi che hanno plasmato l’identità francese e non solo, come Les Lieux de mémoire, sette volumi sulla rappresentazione simbolica della nazione, della repubblica, delle tante France possibili e reali; paladino della battaglia contro le leggi memoriali, per il dovere di garantire l’autonomia della ricerca evitando la morsa della politica sulla storiografia; direttore del bimestrale più bello del mondo, Le Débat, rivista postmarxista, postfreudiana, poststrutturalista, dell’intellettuale democratico postcomunista, aperto alla scienza e all’economia, al costume e ai mutamenti sociali, alla crisi del welfare e alla strategia militare, che ha chiuso i battenti  dopo quarant’anni di onorato servizio per certificata inintellegibilità del mondo contemporaneo attraverso gli strumenti classici, Nora torna alla grande sulla sua carriera di intellettuale con lo stesso candore preterintenzionale con cui ha raccontato la sua infanzia e giovinezza. Si espone ai suoi lettori col mood del masochista impenitente, e la svagata disperazione del memorialista di rango, disposto a irridere innanzitutto sé, a confessare gli smacchi, le ferite narcisistiche, le umiliazioni, che poi forse è solo il modo ultracontemporaneo di autocelebrarsi, fingendo di fare il contrario.

 
Jeunesse, uscito due anni fa, era il  libro sull’infanzia e la giovinezza dell’ebreo di buona famiglia che si ignora e si scopre tale  per le persecuzioni sotto l’occupazione tedesca; sopravvive miracolosamente alla guerra, si dà alla macchia, diventa un ventenne esaltato, lettore di Sartre, si abbandona in pieno all’onda della libertà dell’esistenza, grazie a una mantide fascinosa e possessiva, una principessa malgascia, già moglie di André Breton e poi amante di René Char, scopre l’amore, il dolore dell’amore e l’abiezione dell’abbandono. Une étrange obstination  è il racconto della carriera di un intellettuale che ha abbracciato molte vite, editore, storico, saggista, scrittore, ma si è sempre considerato un “marginale centrale”, come scrive lui stesso, per essere sempre stato un po’ di tutte queste cose senza mai sceglierne una del tutto.

 
Nora confessa anche di essersi sentito per anni un corpo estraneo da Gallimard, una figura periferica. Il che non solo gli ha evitato di farsene fagocitare, ma l’ha propulso in prima linea sul fronte del dibattito delle idee e dell’intelligenza della storia, presente e passata, grazie a una curiosità eclettica e vorace, a una passione sacrificale per il suo lavoro.
 

E così grazie a lui entriamo in passaggi chiave nella storia dell’editore francese, seguendone l’evoluzione nell’arco di tre generazioni. La prima, quella del fondatore, Gaston, che nel 1932 firma un contratto d’oro col distributore Hachette, che gli garantisce l’acquisto delle copie, talvolta fino al 75 per cento della tiratura, permettendogli di sorvolare allegramente sul ritorno economico, tant’è che ancora a metà degli anni Sessanta per i membri del comitato di lettura Gallimard era vietatissimo, e addirittura indecente, evocare il potenziale commerciale di un libro. La seconda generazione è quella di Claude, figlio di Gaston, che di fronte al sopravvento della dimensione commerciale costruisce per la Gallimard una propria rete di distribuzione. Infine, la terza generazione è quella attuale del figlio di Claude, Antoine, il fratello minore che, defenestrato il maggiore, erede designato, si rivela un manager di successo che si adatta con successo alle nuove leggi di mercato e alle nuove tecnologie, riproponendo il catalogo storico, indebitandosi per comprare Flammarion, onde evitare di diventare preda di grandi gruppi finanziari stranieri, e finisce per creare il terzo polo editoriale francese, ancora oggi in mano sua.
 

Le pagine più belle di Nora, però, non sono quelle sui libri e sulle idee, ma quelle in cui descrive i complessi meccanismi che sovrintendono alla loro produzione industriale, per i rapporti di lavoro e i rapporti personali, fatti di vessazioni, frustrazioni, prevaricazioni continue, secondo le note leggi della selezione naturale e della sopravvivenza della specie. E così, tutti quei lettori che soffrono di capi malmostosi e proprietari rancorosi troveranno conforto nelle pagine vendicative di Pierre Nora su Claude  Gallimard, le patron ondivago e ambivalente, che insiste tanto per varare una rivista come Le Débat, ma a un anno e mezzo dal  primo numero, preoccupato dai conti fallimentari, decide di ripagare tanti sforzi e i primi successi uccidendola sul nascere e ordinando di sospenderne la fabbricazione. E’ Natale. Il capo è in vacanza a Megève. Nora appresa la notizia è tramortito, come se fosse precipitato sotto un treno. Ma invece di rassegnare le dimissioni, ha la tigna di affrontare Claude a viso aperto per farlo tornare sulla sua decisione, e alla fine i due raggiungono un compromesso, cinque numeri l’anno anziché dodici, e la rivista si salva.
 

Le pagine più strepitose, bisogna dirlo, sono sulla scuderia Nora. Ritratti indimenticabili, secondo la migliore tradizione, dove il gusto del dettaglio, l’attenzione spasmodica all’autofustigazione rivelano il mistero di un’intelligenza, il suo rovello, dunque la sua fragilità e la sua forza. Il primo a entrare in scena è Claude Lévi-Strauss che Nora vorrebbe al suo fianco per lanciare la Bibliothèque des Sciences Humaines. “Farei tutto per lei, ma niente per Gallimard”, lo gela l’antropologo famoso che anni prima (ma Nora lo ignora) s’era visto bocciare dal sartriano Brice Parain l’edizione dei Tristes Tropiques. Finirà ancora peggio, quando Nora irretito da Jean-Paul Enthoven, osa apporre una sua alata prefazione alla ristampa di quel saggio famoso, suscitando il gelo dell’autore. “La sua squisita cortesia piena di precauzioni copriva un disprezzo siderale per la terra intera”. 
 

Altrettanto ipersensibile era Michel Foucault, che un giorno François Furet, l’amico di gioventù, complice di una vita e poi cognato di Nora, gli presenta alla Biblioteca nazionale: “Aveva l’aria di un piccolo borghese di provincia,  un cappello nero da notaio a bordo stretto, i gemelli da polso, l’aria mobile e braccata, e una risata da carnivoro col dente d’oro che gli spiccava in bocca”. Eppure quella bizzarra apparizione nascondeva  “un uomo divertentissimo, un seduttore nato, un omosessuale che sapeva farti capire in silenzio che non gli eri indifferente”. L’amicizia tra i due nasce ai tempi di Julliard, quando Nora pensava di affidare a Foucault un volume di testi sui detenuti alla Bastiglia per la sua collana, si consolida nelle molte serate a Boulevard Saint Michel in casa di Nora e dell’allora sua moglie Françoise Cachin, tocca il vertice quando Nora inaugura con Les Mots et les Choses la Bibliothèque des Sciences Humaines, sedotto dalla maestosa successione delle tre episteme – medievale, moderna e contemporanea – che si rivelerà un bestseller. Ma rischia di naufragare il giorno in cui Foucault legge una frase insultante di Pierre Vilar in un’antologia diretta da Nora. “Nei suoi fulmini, aveva l’arte di spingerti a ritrattare con un accanimento a volte sadico, un odio sorprendente. Poi, un bel giorno, dopo mesi di litigio, la tempesta svaniva, e anzi era la tua stessa contrizioni o il semplice evocare la vicenda a farlo arrabbiare, visto che pretendeva di averla completamente dimenticata”. Ma la vera rottura tra i due, che malgrado l’amicizia, non erano mai stati sulla stessa lunghezza d’onda – Nora, assurto grazie a Foucault al rango di  grande editore, non era mai stato un foucaultiano  di stretta osservanza – avvenne alla fine degli anni Settanta. Il motivo scatenante fu la gelosia di Foucault nei confronti di Marcel Gauchet, l’astro nascente come storico della democrazia contemporanea, uscito dalla provincia profonda, cattolica e contadina, il pensatore robusto della genealogia dell’individualismo rivoluzionario, confutatore inclemente dello stesso Foucault e delle sue tesi sulla morte del soggetto, e sulla grande reclusione della follia nell’epoca classica. “Gauchet, l’uomo più intelligente che abbia mai conosciuto, senza il quale non avrei fatto niente di quello che ho fatto”, confessa Pierre Nora dedicando al suo alter ego e braccio destro, per quarant’anni al suo fianco come redattore del Débat e sua mente pensante, il capitolo più commovente del libro. E perciò adesso Nora annuncia il terzo tomo delle sue memorie, quello sugli amici e sugli amori, come Gabrielle “la Baronne” e Anne Sinclair, la giornalista star della tv già moglie di Dominique Strauss-Kahn. Ai suoi lettori resta solo da sperare che l’attesa sia brevissima.

Di più su questi argomenti: