A caccia di normalità
“La crisi di oggi è quella degli adulti, non dei nostri figli”. Parla Daniele Mencarelli
Tra scuola e giovani. "La cura è un’azione quotidiana fatta di gesti fulminei che accadono improvvisi in un preciso momento, incontri che squarciano la realtà”, dice l'autore di Tutto chiede salvezza: un romanzo autobiografico che racconta la storia di un ragazzo in un reparto psichiatrico e che è diventato una serie per Netflix
“Un anno scolastico, quello iniziato ormai da un po’, che possa essere finalmente normale”. Questo è l’augurio di Daniele Mencarelli, scrittore e poeta, Premio Strega Giovani nel 2020 con il romanzo Tutto chiede salvezza (Mondadori). Lo cerchiamo per riflettere sulla scuola e per parlare di giovani: in questi anni ne ha raggiunti circa cinquantamila, spinto da una fame, sempre più rara, di incontro e di dialogo. “Il Covid ha accentuato la distanza tra le persone, facendoci credere che sia normale. Stare insieme e incontrarsi: questo è normale. Ancora oggi tanti ragazzi portano la mascherina, che è a tutti gli effetti un mascheramento, un nascondiglio rispetto a una parte di sé che non sono abituati a mostrare”.
Daniele, come vuol essere chiamato, ha due figli di dodici e sedici anni. Ha vissuto da vicino tutte le conseguenze della pandemia e conosce i turbamenti che accompagnano la crescita dei nostri ragazzi. Il discorso arriva subito alla scuola, con un ricordo personale: “Gli anni da studente sono ricchi di momenti decisivi, ma di questo si diventa coscienti crescendo. Io ricordo la mia professoressa d’italiano, riusciva a far scoprire il fondamento umano che scorre nei libri”.
Proprio gli adulti e gli educatori sono il punto nevralgico dei nostri tempi. “C’è una crisi degli adulti – continua l’autore – che, quasi in una ripetitiva scena teatrale, criticano le nuove generazioni, senza rendersi conto che i nostri figli e i nostri nipoti sono molto meglio di noi, molto meglio di me”. Spesso questa sfiducia è alimentata dagli stessi docenti. “Come è possibile insegnare se tu, professore, hai una visione così distruttiva di chi è più piccolo di te? Io penso che la crisi sia in chi ha dato la vita, in chi ha permesso che si originasse la vita, non in chi la vita l’ha ricevuta e se l’è presa”.
Nei libri di Mencarelli è molto vivo il tema della “cura”, non solo quella fisica, ma anche e soprattutto quella dell’anima, la cura affettiva. Un aspetto che accompagna ogni passo dell’autore: “La cura è un’azione quotidiana fatta di gesti fulminei che accadono improvvisi in un preciso momento, incontri che squarciano la realtà”. Sono tanti gli incontri che Daniele ha fatto nella sua vita. Alcuni di questi sono raccontati in Tutto chiede salvezza, libro da cui è tratta la serie di sette episodi che dal 14 ottobre è trasmessa su Netflix (regia di Francesco Bruni). La storia autobiografica di un ragazzo durante una settimana passata in un reparto psichiatrico, costretto a vivere con persone mai viste e squarciate dal dolore, persone che con il passare dei giorni diventeranno i suoi migliori amici. Un romanzo tutto dedicato alla ricerca di senso. Daniele Mencarelli alla fine questo senso l’ha trovato? “Per me cercare un senso rimanda a una ricerca spirituale, con la ‘S’ maiuscola. Poi c’è una sorta di ricerca laica, trovare un senso nel lavoro o in una particolare realizzazione personale. Io amo citare Caproni: ‘Prego non perché Dio esiste ma perché Dio esista’. Io sono alla ricerca di questo e incontrando le persone mi rendo conto che questa ricerca è molto più diffusa, naturale, resistente nel presente di quanto l’uomo si racconti. Un certo nichilismo si sta sgretolando. L’idea dell’uomo come espressione di niente è possibile, ma non è così comoda come ce la siamo raccontata da tempo.
E per i suoi figli cosa desideri o cosa ti spaventa? “Mi auguro che non abbiano preso troppo da me, ma anche che abbiano preso tutto. Mi spiego. Io sono un cercatore e mi auguro che anche loro abbiano questa smania di ricerca, ma senza dover patire tanto come è stato per loro padre”.