Direzione Spotorno
L'infanzia dell'Innamorato fisso Maurizio Milani, fra gavettoni d'urina e lettere alle fidanzate
Dal primo matrimonio tra maschi ai combattimenti che oppongono i bambini del treno alla popolazione civile. Le colonie estive del comico nato in Lombardia in un libro: “Il bambino che faceva digerire gli orsi. Appunti sulla diseducazione del fanciullo”
L’Innamorato fisso va in colonia. Potrebbe essere il primo titolo di una serie, non vediamo l’ora di arrivare a “San Valentino”, con “l’alberghetto romantico per la monta” che tanti ammiratori gli ha procurato. Anche sotto Firenze, dove parlano una lingua diversa, mai e poi mai direbbero “in ufficio venivi scherzato”, “ciulare” per rubare, “perume” per indicare una testa a forma di pera. Più internazionali le pastiglie Valda o il fumetto erotico Lando, che però si perdono nella notte dei tempi, come l’albero dei Boeri di qualche libro fa (ne esistono ancora rari esemplari: Matteo Salvini vagabondo nella provincia italiana è riuscito a immortalarlo in un selfie).
L’Innamorato fisso è stato bambino, avviato alle colonie marine come i coetanei. Racconta tutto in “Il bambino che faceva digerire gli orsi”, appena uscito da Solferino con il più allettante sottotitolo “Appunti sulla diseducazione del fanciullo”. Direzione Spotorno, con le maestre che incessantemente contano (“fermi che vi conto” segnava l’inizio delle ostilità, nelle gite scolastiche), zaini vuotati, qualche fanciullo avviato direttamente al riformatorio di Alessandria. Non prima di aver divelto una turca nel cesso del treno.
E qui torna il Milani delle origini, nell’irresistibile spot del “Latrinaio”: “Durante il lungo viaggio, vuoi per noia vuoi per conflitti interiori mai risolti, mettevano il glande nelle intercapedini del treno. Giustamente, mi permetto di dire, dai pannelli del corridoio ai divisori dei sedili”. I combattimenti che oppongono i bambini del treno alla popolazione civile prevedono “gavettoni di urina appena minta” (il correttore di bozze a pagina 18 ha lasciato “appena munta”, per poi riprendersi a pagina 19: “Non è che ci avete minto dentro, con rispetto parlando?). La scritta “pederasti” all’esterno delle carrozze è rivolto a chi guarda passare i treni. Tutto molto utile per prepararsi alle vessazioni della vita militare.
La colonia è diversa dall’asilo di Aldo Busi, dove con Madre Asdrubala “si sta bene e si imparano tante cose”. I minori sono messi subito a lavorare, “ho selciato il lungomare di Spotorno e di altre località da Arenzano a Varazze”. I pigri o i fragili potevano offrirsi volontari per medicine non ancora testate, qualcuno deportato ai Monopoli di stato per estrarre, bendato, i numeri del lotto. Giardinaggio: solo se il proprietario del giardino intendeva farne terra bruciata.
Come riesca Maurizio Milani a sfornare con questo ritmo libri, rubriche, paginoni sulle più varie intercettazioni non è dato sapere. Ha del miracoloso. Ma ora che qualche volta lascia la natìa Codogno per partecipare alle feste del Foglio, i presenti hanno potuto constatare che è il suo modo di parlare, sempre. Dettaglio che non toglie nulla al suo talento di scrittore, bravo come Achille Campanile (per dire un gran campione della materia) in una lingua che lo colloca al punto di congiunzione tra Alberto Arbasino nella “Bella di Lodi” e Franca Valeri.
Apprendiamo che in colonia c’erano fidanzamenti “sia parziali che totali”. Con rigido protocollo. Il bambino fidanzato non doveva rivolgere la parola ad altre bambine, né rispondere alle loro domande, e aveva l’obbligo di scrivere alla morosa una lettera al giorno, fino alla colonia successiva. La bambina non ha obblighi. I fanciulli della colonia vantano anche “il primo matrimonio tra maschi” – le femmine non stavano al gioco. Preferivano entrare nelle camerate dei ragazzi con randelli di plastica e bastonare chi capitava a tiro. Gravi gli effetti collaterali: “Tali bastonate, se ripetute possono rendere un bambino più bisognoso di affetto”.