letteratura
Al Goncourt il romanzo intimo di Brigitte Giraud batte il (nostro amato) Da Empoli
Contro i pronostici, "Vivre vite" vince il premio letterario francese per eccellenza. Nonostante nel mondo cultural-mondano "Le Mage du Kremlin" fosse il favorito, a spuntarla è stata l'autrice lionese di origine algerina
Parigi. Per capire quanto sia stato combattuto il Goncourt 2022, il più importante premio letterario francese assegnato ieri come da tradizione al ristorante Drouant di Parigi, basti pensare che i dieci giurati hanno avuto bisogno di quattordici turni di scrutinio per decidere chi tra lo scrittore e intellettuale italiano Giuliano da Empoli, in finale con “Le Mage du Kremlin” (Gallimard), e la romanziera lionese Brigitte Giraud, in concorso con “Vivre vite” (Flammarion), meritasse la massima ricompensa.
L’ha spuntata la seconda grazie al voto del presidente dell’Académie Goncourt, Didier Decoin, che vale doppio (il quattordicesimo tour de table è finito con 5 voti a testa, ma la preferenza di Decoin verso il romanzo di Giraud ne ha decretato la vittoria). “L’intimità ha un senso solo se risuona nella collettività. Voglio pensare che (i giurati, ndr) abbiano visto questa dimensione, molto più ampia di una semplice vita intima, di un semplice destino”, ha dichiarato Brigitte Giraud subito dopo l’annuncio. “Vivre vite” (titolo ispirato alla canzone “Live fast” di Lou Reed) è il ricordo degli ultimi giorni del marito Claude, morto nel giugno 1999 in un incidente in moto, ma anche il racconto della vita dopo la tragedia, delle difficoltà di elaborare il lutto e di continuare a vivere senza la persona amata. “Sapevo da molto tempo che avrei dovuto scrivere il libro. Il libro all’altezza di Claude, della nostra storia d’amore, quello che abbraccia tutto questo e che ricerca la verità, tutte le verità”, ha spiegato la scrittrice lionese, nata nel 1956 a Sidi Bel Abbès, in Algeria, e già autrice di una decina di romanzi per Fayard, Stock e Flammarion (il suo romanzo “Pas d’inquiètude” è stato adattato alla televisione, su France 2, dal regista Thierry Binisti).
Sollecitato sui motivi della sua scelta, il presidente dell’Académie Goncourt, Didier Decoin, ha definito “Le Mage du Kremlin” di Giuliano da Empoli un libro “eccellente”, ma “più immediato, in presa diretta con l’attualità e meno romanzo” rispetto a “Vivre vite”. Giraud, ha detto Decoin, “pone con molta semplicità e autenticità la questione del destino (…), è partita da un lutto crudele che ha vissuto e che è struggente. Il suo libro ha qualcosa di tragico”. I lettori di questo giornale sanno che consideriamo “Le Mage du Kremlin” il grande romanzo del Cremlino sulla fine dell’Urss, l’ascesa degli oligarchi e il trionfo di un ex funzionario mediocre del Kgb di nome Vladimir Putin. Il romanzo di Da Empoli è “una misteriosa e fantastica storia vera e letteraria, letteraria e realista (…) una lunga confessione notturna al narratore da parte del mago di Putin, Vadim Baranov nella finzione magica, Vladislav Surkov nella realtà storica”, ma soprattutto “quel racconto russo e di tutte le Russie che da trent’anni, quarant’anni aspettavo, incredulo che il passaggio dal comunismo ad altro, e ritorno, non avesse trovato il suo cantore”, ha scritto Giuliano Ferrara. Anche a Parigi, nel mondo cultural-mondano, era il favorito.
Ma come per tutti i premi letterari anche per il Goncourt esistono alcune leggi non scritte che vengono rispettate e che, secondo molti osservatori, avrebbero “danneggiato” Giuliano da Empoli. Anzitutto, l’idea che non si possano vincere due premi letterari nello stesso autunno: idea sostenuta con vigore dallo stesso presidente dell’Académie Goncourt. Prima di consegnare il Goncourt 2021 al senegalese Mohamed Mbougar Sarr, Decoin disse che non bisognava “dimenticare i nostri amici e alleati che sono i librai. Se diamo due premi a un unico libro, ci sarà un solo libro in vetrina”. Si è chiesto l’Obs: il fatto che Giuliano da Empoli “abbia già ricevuto (lo scorso 28 ottobre, ndr) il Grand prix du roman de l’Académie française ha giocato a suo sfavore?”. Alcuni insinuano anche che abbia vinto “la quota rosa” (Giraud è soltanto la tredicesima donna a ottenere il premio dal 1903) per rispondere alle pressioni sempre più insistenti di un certo mondo progressista che accusa l’Académie di essere “misogina”. Ma Decoin ha assicurato che avrebbe dato il suo voto a “Vivre vite” anche se a scriverlo fosse stato un uomo.