Cattivi scienziati
La storia antichissima della scrittura inizia nel Paleolitico
L'analisi del significato dei segni figurativi non aveva portato finora a ipotesi coerenti: un nuovo studio dimostrerebbe che già nel Paleolitico superiore si era sviluppata la rappresentazione simbolica di informazione
Tutti abbiamo imparato a scuola che le prime forme documentate di scrittura sono state sviluppate dai Sumeri, nel quarto millennio a.C. Una nuova scoperta, tuttavia, mette in discussione l’origine della rappresentazione simbolica di informazioni mediante segni su un supporto – l’origine quindi, se non della scrittura propriamente detta, almeno di una forma di proto-scrittura. I risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori internazionale sembrano infatti indicare che alcune sequenze di simboli non figurativi abbiano un significato preciso, in congiunzione con le rappresentazioni di animali eseguite decine di migliaia di anni prima che i Sumeri cominciassero a iscrivere le loro tavolette.
Questo gruppo di ricerca ha infatti proposto in una nuova pubblicazione una interessante interpretazione per sequenze frequentemente ripetute in associazione a rappresentazioni di prede degli antichi abitanti delle caverne europee, sequenze costituite da tre precisi simboli, e precisamente linee verticali e linee biforcate. In circa 400 caverne europee, come quelle di Lascaux, Chauvet e Altamira, Homo sapiens ha lasciato segni non figurativi da almeno 42.000 anni fa e disegni di animali da almeno 37.000 anni fa. Il significato dei segni non figurativi, tuttavia, è finora sfuggito alla formulazione di ipotesi coerenti, in grado di essere messe alla prova su un campione sufficientemente vasto di rappresentazioni.
Il gruppo che ha pubblicato il lavoro che qui si discute ha compilato un database di immagini di animali e di simboli grafici associati, presenti sulle pareti delle caverne o su manufatti con un’età compresa tra 20.000 e 10.000 anni fa, il periodo in cui è stata creata la maggior parte di questi motivi. Utilizzando poi strumenti statistici, il gruppo ha cercato schemi ripetuti per le sequenze di simboli non figurativi, a partire dall’osservazione che alcuni simboli erano particolarmente comuni. Su 606 raffigurazioni di animali, in particolare, occorrevano sequenze di punti o linee in dipendenza del particolare animale rappresentato. I cavalli, ad esempio, avevano tipicamente tre segni, mentre i mammut ne avevano cinque. 256 istanze di queste sequenze avevano inoltre un simbolo che era tipicamente nella seconda posizione della sequenza.
Secondo i ricercatori, quando si trovano in stretta associazione con immagini di animali la linea "|" e il punto "•" costituiscono numeri che denotano i mesi e formano parti costitutive di un calendario fenologico/meteorologico locale che inizia in primavera e registra il tempo dall’inizio della primavera utilizzando come unità il mese lunare. Il segno "Y" avrebbe il significato di "partorire". La posizione della "Y" all'interno di una sequenza di segni denoterebbe quindi il mese del parto.
Se i ricercatori hanno ragione, quindi, lo scopo di questo sistema di associazione degli animali con le informazioni del calendario era quello di registrare e trasmettere informazioni comportamentali stagionali su specifici tipi di preda nelle regioni geografiche interessate – un sistema di proto-scrittura mista, che associava ad una immagine figurativa una sorta di “didascalia” simbolica utilizzando tre tipi di simboli.
Io credo che i risultati affermati dai ricercatori vadano divisi in due parti, entrambi di estremo interesse, ma non di eguale solidità. Il primo risultato è la dimostrazione che nel paleolitico superiore si utilizzavano sequenze di simboli con schemi ripetitivi ben precisi, ricorrenti in associazione ad un ben preciso soggetto – il tipo specifico di animale rappresentato graficamente. Questo risultato, esaminando le statistiche presentate, appare solido e molto significativo, perché indica che, con buona probabilità, nell’Europa del paleolitico superiore si era già sviluppata la rappresentazione simbolica di informazione.
Il secondo risultato consiste nel significato attribuito alle sequenze di simboli ricorrenti, collegato dagli autori ad un calendario e all’epoca della riproduzione delle prede. Sebbene questa ipotesi sia interessante e risulti abbastanza robusta quando testata nell’insieme di dati utilizzati, ha il difetto di non essere stata posta a confronto con nessuna altra ipotesi alternativa di significato, che potrebbe risultare di robustezza ancora maggiore, e inoltre risulta fondata su assunzioni non comprovate circa l’epoca di riproduzione delle varie specie animali in diverse località geografiche. Questa parte dei risultati presentati necessita di una più solida base: si tratta cioè di una interessante ipotesi compatibile con i dati, che però non può considerarsi provata.
In ogni caso, qualunque ne sia il significato, l’utilizzo di schemi ricorrenti di simboli per conservare e rappresentare informazioni complesse appare robustamente supportato in un’epoca molto più remota di quanto fin qui noto; è quindi davvero probabile che almeno i precursori delle successive forme complesse di scrittura abbiano una storia antichissima, che mostra una rimarchevole stabilità per decine di migliaia di anni ed un’ampia diffusione geografica. In un’epoca remotissima, forse, si cominciò a scrivere sulle pareti di una caverna, e grazie alla modera indagine scientifica oggi possiamo riprendere quegli antichissimi scritti su una pagina di giornale.