L'intervista
È possibile incidere sulla società con la cultura? Parla Nicola Lagioia
La risposta di “Lucy-Sulla cultura”, nuova rivista multimediale ideata e diretta dallo scrittore. "Siamo un gruppo di lavoro che esprime un’intelligenza collettiva attraverso una struttura reticolare: un luogo vitale e di trasformazione"
Antelucano e felice. “Io nelle riviste e con le riviste ci sono cresciuto. Sono luoghi vitali e di trasformazione”, racconta al Foglio Nicola Lagioia, conversando entusiasta e ritrovando il passato nel presente, mentre in molti ancora dormono e staccano dal turno giusto i portieri di notte. L’occasione per la chiacchierata mattiniera è la creazione della rivista multimediale “Lucy-Sulla cultura”, di cui Lagioia è direttore editoriale e ispiratore. “Una factory”, la definisce lui, affidandosi a una parola dal riverbero impegnativo, per sintetizzare il senso di un progetto che sembra avere i suoi punti di forza nel gagliardo trinomio: antenne dritte, struttura reticolare, trasversalità anagrafica. “Negli anni Ottanta ero un lettore di Frigidaire, Corto Maltese, Linea d’ombra”, ricorda. “Quel mondo mi permetteva, di fatto, accesso a qualcosa che altrimenti non avrei mai incontrato, dato che a Bari non succedeva granché e a casa mia non entravano giornali o riviste… E poi è stata determinante anche l’esperienza diretta, da addetto ai lavori, quando per quindici anni sono stato vicedirettore de Lo Straniero. Lì ho potuto comprendere che le riviste erano luoghi in cui si incontravano persone – ricordo una giovanissima Alice Rohrwacher, o Matteo Garrone mentre stava girando ancora Estate romana… Eravamo, insomma, un luogo in cui i fenomeni prendevano forma. Li intercettavamo inevitabilmente in anticipo”.
Agilità di contenuti ma gestazione elefantina: il progetto (che si ispira al nome dato all’austrolapiteco-madre dell’umanità e che, a sua volta, riprende i Beatles, “Lucy in the sky with diamonds”, la canzone più ascoltata nell’accampamento dei paleoantropologi che la scoprirono) non è nato in quattro e quattr’otto, anzi. “Abbiamo ragionato a lungo, molto a lungo: la prima chat su whatsapp è datata inizio 2021. Volevo creare un gruppo di persone nel vero senso della parola, un gruppo la cui forza è stata, per due anni, parlare di qualcosa che nessuno di loro stava facendo”. Prendersi cura di un’idea, insomma – sventato anacronismo metodologico. “Poi mi sono messo in contatto con Paolo Benini, che della rivista è presidente. Gli raccontavo cosa avevamo in mente e intanto valutavamo contenuti e costi. E lasciami dire una cosa: l’arrivo delle tecnologie da un lato è un pericolo, certo, ma dall’altro ha permesso una vera e propria rivoluzione punk. Noi ne siamo la dimostrazione: con mezzi ridotti si possono fare belle cose”. Podcast, videolezioni, microdocumentari – la creatività torna a contare più della disponibilità economica. “Il mio podcast, per esempio” – Lagioia si riferisce a “Fare un fuoco”, perché le storie accendono la nostra immaginazione, appuntamento ogni venerdì – “lo facciamo in tre. È uno dei venti podcast più ascoltati in questo momento e lo realizziamo in due giorni di lavoro”.
Quanto ad altri punti di forza, Lagioia non ha dubbi: “Siamo un gruppo di lavoro che esprime un’intelligenza collettiva attraverso una struttura reticolare. Io sono un primus inter pares, non c’è alcuna organizzazione verticistica, ma una costruzione continua e plurale. Dall’inizio ho voluto circondarmi di persone che potessero smentirmi, tra l’altro ho lavorato con questo principio anche al Salone di Torino, sottraendomi a quell’immaginario, derivante dalla Fiat e dall’esercito, che mi avrebbe voluto Capo, e mettendomi – semmai – a disposizione di un gruppo: solo così si arricchisce il risultato e si riduce il margine di errore”. Ma ciò che distingue e qualifica Lucy più di altre riviste è, soprattutto, una boa: il tema. Un’idea mensile e monografica, lambita dal flusso ma non trascinata, sintesi felice di un tempo liquido capace di non rinunciare a forme solide. E a un certo brio interdisciplinare: “Ogni mese pubblicheremo anche un cortometraggio”, conferma Lagioia. “Ce ne sono di bellissimi, ma al di là del pubblico dei festival di solito non li vede nessuno”. E poi musica. “Faremo venire sempre qualcuno a suonare in redazione. È bello conoscere artisti che altrimenti, a me, sfuggirebbero completamente”. Ma a Lucy no, perché lo sguardo è giroscopico: si va dai ventisei ai sessant’anni – un patto generazionale a forma di redazione.