Foto di Glen Carrie, via Unsplash 

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I “ritratti a parole”, l'ultima trovata dell'Italia che scrive libri invece di leggerli

Mariarosa Mancuso

Ci mancava la start up "Parole in posa". Così i versi scritti diventano poster oppure quadri da appendere incorniciati. Sono lettere, o addirittura interi volumi. Si conferma che gli autori non leggono perché preferiscono scrivere

Poteva capitare per caso: facevi l’autista, poi promosso segretario, e ti ritrovavi in un romanzo con il nome cambiato. Da Alfred ad Albertine. Entravi nella storia della letteratura, che allora aveva fama di essere universale. Anche troppo, nel caso di Marcel Proust e della “Recherche”: i lettori che la leggevano, o magari solo sfogliavano il bigino, ne uscivano convinti che il romanzo parlasse di loro. La gelosia? A me succede uguale. La chiamata della fidanzata che tarda ad arrivare? Pure io c’ho l’ansia e penso a cose brutte! L’insonnia? Sulla mia potrei scrivere un’enciclopedia. 

 

Mancava la start up che dal 14 febbraio ha debuttato su tutti i canali social. “Parole in posa”, così l’ha battezzata il fondatore Christian Bergamo (200 racconti in curriculum). Produce e vende “ritratti a parole”, speranzoso che nelle nostre case, un domani, saranno appesi “non solo i quadri di Monet, Van Gogh o Steve McCurry”, ma anche i ritratti “verbali” forniti dalla spettabile ditta (noi che non abbiamo né Monet né Van Gogh, neppure la foto della ragazza afghana con gli occhi verdi appesa al muro, possiamo dormire sonni tranquilli).

 

Il sito fornisce dettagli e prezzi. “Ritratto di vita”, alla tariffa super promo di lancio a 80 euro. “Ritratto d’autore” a 112 euro, sempre di tariffe scontate parliamo. Entrambe sono cifre base, “a partire da…”. Il ritratto “non d’autore” è affidato a una redazione di professionisti. L’opera viene fornita sotto forma di poster, oppure incorniciata con fotografia, sotto forma di lettera o addirittura di libro: 10 mila battute (tre volte questo articolo) con una foto in copertina e 10 scatti all’interno. 

 

Ai ritratti si affianca la più redditizia stesura di testi per anniversari, matrimoni, compleanni, battesimi, lauree e altre occasioni in cui le parole devono essere pronunciate. Per esperienza: sono situazioni in cui di solito è difficile indurre l’oratore a chiudere il discorso cominciato dicendo “sarò breve”. Più rara la mancanza di parole adatte alla circostanza. Ma forse con tanti smartphone in posizione di tiro, aspettando una papera o uno scivolone, meglio affidarsi ai professionisti e distribuire le belle parole già stampate. Con il marchio della ditta, certo. Ma si possono sempre ricopiare sul foglietto da estrarre ciancicato dalla giacca, fingendo di averle scritte in proprio.

 

Compilata la richiesta online, pagato il dovuto, si ha diritto a una videocall con lo scrittore a tassametro, una quarantina di minuti per il modello base (di ritratto, non di scrittore). Ma chi scegliere? Le auto-presentazioni degli autori sono una terrificante raccolta di svolazzi e pensieri che si pretendono sublimi (ma un romanzo l’avete mai letto? Un altro oltre al vostro, che magari in qualche caso è anche pubblicato). Perfetta risposta alla domanda: perché gli italiani non leggono? 

 

Non leggono perché preferiscono scrivere (si fa meno fatica, e vuoi mettere la creatività, “ho tante cose dentro”). E si descrivono così: “Ho il superpotere di unire i puntini tra la mente e il cuore. Credo nelle emozioni in continua evoluzione e nei lati positivi su cui puntare tutta me stessa”. Oppure: “Ho fondato questa start up, ispirato da un romanzo di Baricco”. Povero e incolpevole Baricco. Le cose che si trovano nei libri è meglio che restino nei libri, nessuno l’ha spiegato a questa generazione di non-lettori? 

 

C’è “Adessoscrivo”, nome d’arte da scriversi tutto attaccato: “Scrittore, paroliere, visionario di parole” (e “il pirata, il signore, il cargo battente bandiera liberiana” dove stanno?). “Scrivo per avere i sentimenti a portata di cuore”, annuncia un’altra. Di nessuno vorremmo leggere oltre. Figuriamoci pagare.

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