(foto LaPresse)

Guerre culturali

Da Maga a Strega, il lungo linciaggio di J.K. Rowling

Giulio Meotti

Così la madre di Harry Potter ha lanciato il dibattito più infuocato del decennio: quello sul gender. Ha fatto prevalere la ragione della differenza sessuale, ma al prezzo di essere trasformata in Voldemort

Ci sono voluti solo un paio di tweet perché la madre di Harry Potter diventasse Voldemort. “‘Persone che hanno le mestruazioni’. Sono sicura che una volta c’era una parola per quelle persone. Qualcuno mi aiuti. Wumben? Wimpund? Woomud? Se il sesso non è reale, non c’è attrazione per lo stesso sesso. Se il sesso non è reale, la realtà vissuta delle donne a livello globale viene cancellata. Conosco e amo le persone trans, ma cancellare il concetto di sesso toglie a molti la possibilità di discutere in modo significativo della propria vita. Non è odio dire la verità. Marcerei con voi se foste discriminati perché trans. Allo stesso tempo la mia vita è stata plasmata dall’essere donna. Non credo che dirlo significhi odiare. Vestitevi come volete. Chiamatevi come volete. Andate a letto con ogni adulto consenziente che volete. Ma far perdere il lavoro alle donne per aver dichiarato che il sesso è una cosa reale?”. Così è iniziata la guerra culturale del decennio. “Mi rifiuto di inchinarmi a un movimento che credo stia facendo un danno dimostrabile cercando di erodere la ‘donna’ come classe politica e biologica”, ha spiegato nei giorni scorsi la scrittrice inglese.

 

Rowling non aveva bisogno di provocare per salire alla ribalta. Ecco alcuni suoi numeri: cinquecento milioni di copie vendute tradotte in ottanta lingue, dodici milioni solo in Italia. Gli otto film di “Harry Potter” hanno incassato nove miliardi nel mondo, 160 milioni solo in Italia con ventisei milioni di presenze. I film sono trasmessi in 166 paesi e in venticinque lingue. Parliamo del franchise più amato di sempre, che può contare su una fan base incredibile di 37 milioni di persone nel mondo e in crescita costante. Esistono giochi per console, quattro parchi a tema, due tour dedicati a Londra e Hollywood. Nessun altro scrittore della storia moderna può vantare altrettanto.

 

Eppure, questa donna che è sempre stata guardata con sufficienza dal ceto letterario colto e pensoso, le chattering classes britanniche, ha scatenato la più micidiale guerra culturale dell’ultimo decennio. Riassumibile in poche sentenze: donna si nasce e non si diventa, il “gender dell’anima” (come lo definisce Rowling) non può cancellare la biologia, il rispetto delle persone non può spingerci al punto di azzerare la differenza sessuale e decenni di battaglie femminili non possono essere messe a rischio in nome dell’“inclusione”. E non passa giorno senza che un dissidente cada per difendere questa idea. Così questo mese la giornalista e femminista irlandese Mary Kenny è stata cacciata dall’Università di Limerick per aver criticato il gender.

 

Nelle scorse settimane, la Spagna ha approvato una legge che consente il cambio di sesso dei minori. Adesso anche la Svezia, in teoria guidata da un governo conservatore, lavora alla cancellazione di “padre” e “madre” dai documenti pubblici. Ma non c’è solo l’Europa. La British Columbia in Canada ha deciso di cancellare “fratello” e “sorella”. E Joe Biden interviene sulla legge della Florida che limita il ricorso dei minori ai bloccanti per la pubertà, definendola “crudele”. Una persona di sesso maschile che dichiara di essere “donna” dovrebbe avere accesso agli spogliatoi delle donne? I bagni delle donne? Gli sport femminili? I rifugi femminili? Le prigioni femminili? I premi femminili? Le liste per sole donne? 

 

Rowling ha imposto domande che nessuno prima faceva. Il Wellesley College, in America, si proclama con orgoglio un luogo per “donne che faranno la differenza nel mondo”. Vanta una lunga serie di celebri studentesse, tra cui Hillary Clinton, Madeleine Albright e Nora Ephron. Ora vuole far entrare gli uomini che si dichiarano donne. Le convinzioni della Rowling sono che il sesso è reale, che la violenza maschile è un problema, che le donne dovrebbero essere in grado di parlare di se stesse in un linguaggio chiaro e che nessuna donna dovrebbe perdere il lavoro per aver espresso tali opinioni. Nessuno dei suoi critici ha ancora spiegato in modo convincente perché credere a queste cose è “transfobico”. E soprattutto nessuno prima di Rowling – né la Chiesa cattolica né i grandi filosofi – erano riusciti a imporre un tale dibattito sul gender.

 

Rowling era una candidata alquanto improbabile per una guerra culturale. Nonostante la celebrità e i soldi, la scrittrice aveva sempre fatto vita appartata in Scozia con il marito Neil Murray (un anestesista, sposato nel 2001), e i tre figli, Jessica, David Cameron e Mackenzie Jean. E quando prendeva posizione in pubblico, per la maggior parte della sua vita Rowling si era sempre allineata al corso principale delle opinioni dominanti. Si è rifiutata di utilizzare schemi di minimizzazione delle tasse per proteggere la sua ricchezza: nel 2018-19 ha ricevuto oltre cento milioni di sterline da royalties e altre fonti e ha pagato 48,6 milioni al tesoro. Quell’impegno a dare la sua parte allo stato è basato sulla sua esperienza di povertà come madre single negli anni Novanta. “Ricordo notti in cui non c’erano letteralmente un soldo”, ha detto della vita con sua figlia dopo la rottura del primo matrimonio. “C’erano notti in cui avevo un biscotto e quella era la cena”. Il suo anticipo per “Harry Potter e la pietra filosofale” fu di 2.500 sterline, che a lei sembravano “una fortuna”.

 

In un discorso ai laureati di Harvard nel 2008 ha descritto il suo primo lavoro fuori dall’università, presso Amnesty International, dove le testimonianze personali dei prigionieri politici africani e delle vittime di torture hanno influito molto sulla sua formazione. Ha detto ai laureati della Ivy League che il loro status di élite e la loro influenza sono il loro privilegio e il loro fardello e li ha esortati a usarlo “a nome di coloro che non hanno voce”. Nel 2010 ha scritto di aver fatto affidamento sullo stato sociale quando la sua “vita ha toccato il fondo”, spiegando perché era felice di continuare a pagare le tasse: “Questa, se vuoi, è la mia idea di patriottismo”. Ha donato così tanto in beneficenza – il 16 per cento del suo patrimonio netto – che è stata eliminata dalla lista dei miliardari di Forbes. Più di recente, si è impegnata a donare fino a un milione di sterline alla sua organizzazione benefica Lumos per il suo lavoro a favore dei bambini in Ucraina.

E poi le era sempre piaciuto mostrare una fedina ideologica progressista. Poche settimane dopo la pubblicazione del settimo e ultimo capitolo della serie di Harry Potter, Rowling ha annunciato che l’amato preside di Hogwarts, Albus Silente, è gay e si era innamorato di un collega mago. Nel 2014, ha sostenuto la campagna unionista Better Together nel referendum sull’indipendenza scozzese. Rompere il Regno Unito, ha detto, sarebbe “un errore storicamente grave” e ha sostenuto le sue parole con una cospicua donazione. I nazionalisti scozzesi su Twitter l’hanno definita una “cowbag”, una “cagna” e peggio. Nel 2015, quando l’attrice nera Noma Dumezweni è stato scelto per interpretare Hermione Granger in una commedia, la Rowling ha twittato “Rowling ama Hermione nera”, osservando che il testo non aveva mai specificato il colore della pelle del personaggio. L’anno successivo, ha detto di aver trasformato un personaggio popolare in un lupo mannaro come metafora dello stigma dell’Hiv.

 

Le opinioni della Rowling, fino a poco tempo fa, erano inequivocabilmente di sinistra. Poi c’è stato uno scisma a sinistra e Rowling ha scelto la parte centrista e moderata contro quella woke. Dopo il risultato della Brexit, Rowling ha rivolto il fuoco su Jeremy Corbyn, il professore di estrema sinistra con la barba che come leader del partito laburista si era rifiutato di prendere una posizione chiara sulla questione. Rispondendo al tweet di un fan che descriveva Corbyn come un “Silente politico”, ha risposto: “Ho dimenticato che Silente ha distrutto Hogwarts, si è rifiutato di dimettersi ed è scappato nella foresta per fare discorsi a troll arrabbiati”.

 

La prima incursione dell’autrice di Harry Potter nel dibattito sui diritti dei trans è stata ambigua: un “mi piace” a un tweet che in seguito ha definito “accidentale”. Il tweet in questione del marzo 2018 era di un attivista del Partito laburista e si riferiva alle donne trans come a “uomini travestiti”. Il gradimento di Rowling è stato determinato come una prima prova della sua “transfobia”. E’ stato solo un “momento goffo e di mezza età”, ha detto a PinkNews un portavoce della Rowling, affermando che l’autrice ha premuto “mi piace” mentre teneva il telefono in modo errato. Oggi quel like appare davvero poca cosa rispetto a quanto avrebbe scritto in difesa della differenza sessuale (a Londra si marcia al grido di “Rot in hell, Rowling”).

 

Per difendere le proprie idee, oggi Rowling non esita a colpire il ceto letterario. Così ha accusato l’autrice di “Chocolat”, Joanne Harris, di non aver difeso gli scrittori che non sono d’accordo con le sue opinioni sui diritti trans. Rowling ha ricevuto una minaccia di morte dopo aver twittato la sua rabbia per l’attacco a coltellate contro Salman Rushdie negli Stati Uniti. Harris, che è a capo della Society of Authors, è stata accusata da Rowling di aver “costantemente fallito” nel difendere le autrici che non sono d’accordo con la sua “posizione personale sull’ideologia dell’identità di genere”. Così ci ha pensato lei.

Lontano il ricordo delle cene super glamour a Londra con Michelle e Barack Obama. In un ristorante italiano di Londra si sono ritrovate come vecchie amiche. Quindici, le “donne più pericolose d’Inghilterra”. Scrittrici, accademiche, giornaliste, attiviste. Licenziate, boicottate, messe a tacere. Rowling le ha riunite per dire che donna si nasce e si è fatta fotografare con tutte loro.

 

Si va da Kathleen Stock, costretta a lasciare l’Università del Sussex a causa delle sue opinioni sull’identità di genere e che aveva ricevuto minacce di ogni tipo, a Maya Forstater, la ricercatrice che ha portato il suo datore di lavoro (un think tank londinese) in tribunale perché era stata licenziata a causa delle sue idee sul sesso biologico, fino ad Allison Bailey, un avvocato che ha citato in giudizio il gruppo di campagna Lgbt Stonewall per censura, e Helen Joyce, direttrice della campagna “Sex Matters” e autrice di “Trans: When Ideology Meets Reality”, senza dimenticare Susanne Moore, l’editorialista che ha lasciato il Guardian, sostenendo che il giornale ha modificato i suoi articoli critici del gender. Ma anche Julie Bindel, scrittrice e conduttrice televisiva femminista, e Joanna Cherry, parlamentare scozzese che si è opposta alle proposte di riforma del Gender Recognition Act, per concludere con Rosie Duffield, la parlamentare laburista che ha ammesso di aver preso in considerazione l’idea di lasciare il suo partito per la mancanza di sostegno alla sua affermazione secondo cui solo le donne hanno una cervice. Duffield è stata assalita online dopo aver messo un like a chi contestava un post della Cnn che si riferiva a “individui con una cervice”. Duffield ha reagito dicendo: “Sono ‘transfobica’ se so che solo le donne hanno una cervice…?”. Lo è per i colleghi di partito. Duffield, racconta il Times, ha ricevuto numerose minacce di morte e ammette di aver iniziato a provare paura camminando per strada. “C’era la foto di un’impiccagione simulata… e qualcuno ha detto: ‘Vorrei poter photoshoppare Rosie Duffield in questa imamgine’”.

 

Ma per Rowling la questione del gender non è solo culturale. E visto che a Edimburgo non c’era più un solo rifugio antiviolenza che non fosse accessibile anche a uomini che si dichiarano donne e il principale centro è diretto da un transessuale, la scrittrice ha fondato e finanziato uno spazio rigorosamente for women only. Si chiama “Beira’s Place” e Rowling lo ha creato con Johann Lamont, leader laburista scozzese dal 2011 al 2014.

 

Sembra sempre più certo che saranno i whisteblower della Tavistock, piuttosto che i sostenitori di farmaci sterilizzanti e doppie mastectomie per bambini problematici, che finiranno dalla parte giusta della storia”, scrive Rowling. Alla fine è stato il Servizio sanitario inglese a ordinare al Tavistock di chiudere la sua clinica per l’identità di genere dei bambini di Londra, ma la decisione non sarebbe mai stata presa se non fosse stato per le voci coraggiose di alcuni individui che si sono espressi contro il centro, fra cui la scrittrice che già un anno prima aveva evocato “il più grande scandalo medico del nostro tempo”.

 

Rowling ha contribuito a far cadere anche la premier scozzese Nicola Sturgeon dopo la legge trans (“distruggi i diritti delle donne” e “il più grande assalto ai diritti delle ragazze e delle donne”, le accuse della Rowling alla premier), ha costretto la Bbc a chiederle scusa per commenti ripetuti sulla sua “transfobia”, ha scatenato il caos al New York Times dopo che il giornale ha ospitato un editoriale (uno di numero) a suo favore, hanno cambiato nome al Quidditch (reso popolare da Rowling) in “Quadball” ed è stata citata da Vladimir Putin, che Rowling ha zittito con un “I love Ukraine”. “Ho ricevuto così tante minacce di morte che potrei tappezzarci la casa” ha confessato la scrittrice.

 

La Scozia è un piccolo paese che ci ha dato Adam Smith e David Hume e romanzieri come Walter Scott, Robert Louis Stevenson e Arthur Conan Doyle. Ma non devi essere Sherlock Holmes per capire che un molestatore sessuale con la testa rasata e una parrucca bionda è in realtà un uomo, anche se si definisce una donna transgender. La fotografia di Adam Graham è stata resa virale su prime pagine, schermi televisivi e telefoni cellulari per giorni dal suo processo per stupro a Glasgow. Rowling aveva avvertito la Sturgeon, che imbarazzata si è poi dimessa.

Soltanto un altro scrittore ha generato tanto odio pubblico, fiumi di minacce e tentativi di boicottaggio: Salman Rushdie. Con il quale, infatti, Rowling aveva firmato la lettera contro la cancel culture su Harper’s. C’è una collega che ha immaginato J. K. in un romanzo morta carbonizzata in casa sua. La scrittrice trans Gretchen Felker-Martin in “Manhunt” racconta della “signora di Harry Poternone” che muore fra le fiamme del suo castello. Ci sono poche prove che la Rowling abbia sofferto finanziariamente per la sua cancellazione, ma la sua posizione ha avuto un costo personale.

 

Sei giorni prima che la Rowling twittasse il suo  messaggio a sostegno della differenza sessuale, aveva ricevuto il Robert F. Kennedy Ripple of Hope Award for Human Rights per il suo lavoro nell’aiutare i bambini in difficoltà. Il premio, che è stato conferito anche alla presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi, è stato “uno dei più alti onori che mi sia mai stato assegnato”, aveva detto la Rowling mentre lo accettava. Ma dopo le critiche della figlia di Kennedy, che ha affermato che “i tweet e le dichiarazioni transfobiche profondamente preoccupanti” della Rowling rappresentavano un “ripudio della visione di mio padre”, la scrittrice ha rinunciato al premio. Nessun premio “significa così tanto per me che rinuncerei a seguire i dettami della mia coscienza”, ha scritto.

 

E’ rimasta in silenzio di fronte agli insulti di alto profilo delle star dei suoi film. Non ha detto nulla dopo che il regista John Waters ha inserito Rowling fra le “persone peggiori del mondo”. Piuttosto che litigare con Stephen King quando ha detto “le donne trans sono donne”, Rowling lo ha semplicemente bloccato. Né ha reagito quando il New York Times ha lanciato l’idea di “immaginare Harry Potter senza il suo creatore” in una campagna pubblicitaria. Aveva capito che l’establishment si era arreso rapidamente e che era praticamente sola in questa battaglia, almeno all’inizio. La Warner Bros ha annunciato che la Rowling non sarebbe stata coinvolta nello sviluppo di un nuovo gioco di Harry Potter. Daniel Radcliffe, che interpretava Harry nei film, l’ha attaccata, come Emma Watson e Rupert Grint. 

 

In un’allusione orwelliana, la Rowling ha twittato: “La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forte. L’individuo dotato di pene che ti ha violentato è una donna”. Rowling ha condiviso sul suo account le minacce di morte che riceve, come questa: “Spero che tu possa trovare una bomba nella tua cassetta della posta”. “Ora che centinaia di attivisti trans hanno minacciato di picchiarmi, stuprarmi, uccidermi o farmi esplodere ho capito che questo movimento non mette in pericolo le donne”, ha scritto Rowling. L’ironia è una delle sue armi più importanti. 

 

“Sono sotto gli occhi del pubblico ormai da più di venti anni e non ho mai parlato senza veli dei miei malesseri” ha scritto Rowling per spiegare la sua posizione. “Ora dico di essere una sopravvissuta a diversi abusi domestici e sessuali. Lo dico solo ora non perché provo vergogna per me stessa, ma perché sono traumi che è difficile da rivivere e soprattutto da dimenticare”. Ha raccontato come e perché ha deciso di rivelare proprio adesso il suo turbolento passato, e perché combatte con le unghie e con i denti la sua idea di identità di genere. “Da adolescente, mentalmente, non mi identificavo in nessuna sfera sessuale. Se fossi nata 30 anni dopo, forse, anche io avrei potuto provare la transizione. Tutto questo perché ho dovuto lottare con un grave disturbo ossessivo compulsivo. Se da adolescente avessi trovato online una comunità che mi avesse accolto, sarebbe stato tutto diverso. Se così fosse, sarei diventata il figlio che mio padre aveva sempre desiderato”. Ha ribadito il suo sostegno alle persone trans e la sua convinzione che dovrebbero essere in grado di vivere libere dalle molestie; ma ha anche rivelato che, in quanto sopravvissuta a un matrimonio violento, conosceva il costo della violenza maschile e non voleva vedere smantellate le protezioni basate sul sesso per donne e ragazze. “Sapevo assolutamente che se avessi parlato, molte persone che avevano amato i miei libri sarebbero state profondamente scontente per le mie parole” ha appena spiegato Rowling in un podcast per la Free Press. “Lo sapevo. Lo sapevo perché vedevo che credevano di vivere secondo i valori che sposavo in quei libri. Era evidente quanto credessero di combattere per gli sfavoriti, per le differenze, per la giustizia. E in effetti ho pensato che sarebbe stato più semplice non parlare, perché sarebbe stato davvero brutto. Sinceramente, lo è stato. Personalmente non è stato divertente, ho avuto molta paura per la mia sicurezza e una paura estrema per la sicurezza della mia famiglia”. Ha poi aggiunto: “Soltanto il tempo mi dirà se ho sbagliato tutto. Posso solo dire che ci ho pensato a lungo e profondamente e ho ascoltato, lo giuro, l’altra parte. E credo assolutamente che ci sia qualcosa di pericoloso in questo movimento e che vada affrontato”. 

 

Intanto, #RIPJKRowling fa tendenza sui social. Non è un necrologio, ma un augurio di morte. In nome dell’“amore” e della “tolleranza”. Le due parole più abusate di un tempo che appicca soffici roghi a chi dissente.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.