la mostra
Il surrealismo e la metamorfosi della vita e della morte secondo David Cronenberg
Le Cere Anatomiche del regista canadese alla Fondazione Prada sconvolgono Milano con una veridicità che è solo incanto
Milano. Ma quanto è stato lungimirante il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena? Stiamo parlando di uomo nato nel 1747 che poco più di una ventina di anni dopo, nel pieno dei suoi poteri, decise di operare una distinzione importante tra il patrimonio artistico e quello scientifico di molti beni accumulati dai Medici in poi, conservati nelle gallerie granducali. La sua idea – perfettamente riuscita – fu quella di renderli fruibili anche ai più, permettendo così un’acculturazione popolare e la possibilità a chiunque ne sentisse la necessità o ne avesse solo la curiosità di entrare in posti inaccessibili fino a quel momento. La prima ad essere aperta fu la Galleria degli Uffizi nel 1769, nel 1775 toccò a Palazzo Torregiani con l’Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale. Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, in quel posto chiamato La Specola, vennero realizzati circa 1.400 pezzi con lo scopo di ottenere un vero e proprio trattato didattico-scientifico che, senza bisogno dell’osservazione diretta di un cadavere, illustrasse l’anatomia del corpo umano.
Un museo del genere – attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione – non poteva non attirare l’attenzione di David Cronenberg, regista simbolo del body horror, come lo definiscono i più, che con molti dei suoi film ha disturbato le menti e gli stomaci già preparati e forti di tante persone. Con il suo Crash (1996) non si inventò nulla, è vero, perché il film è tratto dall’omonimo romanzo di Ballard, ma nel raccontare l’amore provato e manifestato tra James Spader e Holly Hunter sentendo e vedendo dei corpi devastati dopo gli incidenti stradali, diede vita a un genere, ricevendo ovviamente critiche ed elogi come spesso accade in casi simili. Un corpo si trasformava già nel suo kafkiano La Mosca (1996) con Jeff Goldblum che da quel momento divenne un sex symbol e anche nel suo film più recente – Crimes of the future (2022) – parlando di protesi e dispositivi tecnologici per un futuro remoto, riesce a fondere l’estetica dei suoi primi lavori con gli elementi psicoanalitici degli ultimi. Con il museo fiorentino, dunque, che ospita un’ampia collezione zoologica e la più grande collezione al mondo di cere anatomiche settecentesche, “è stato amore a prima vista”, ha dichiarato, e la sua capacità è stata nell’essere riuscito a portare parte di quelle opere a Milano, alla Fondazione Prada.
Fino al 17 luglio, Cere Anatomiche: La Specola di Firenze, vi farà perdere ed emozionare in un groviglio di corpi, vene e altri organi umani “di figure create come strumento d’insegnamento”, spiega il regista canadese, “ma così belle da sembrare vere”. “Nel ricercare alcune figure intere parzialmente sezionate con volti e gesti che non esprimessero dolore o agonia e che non sembrassero sottoposte a tortura o intervento chirurgico – aggiunge - si è finito tuttavia per dare vita personaggi vividi in preda all’estasi. È stata questa insolita scelta degli scultori ad aver scatenato la mia immaginazione. Mi sono chiesto proprio questo: e se la dissezione stessa avesse indotto la sensazione di estasi, quel rapimento quasi spirituale?”.
Il consiglio che vi diamo – se deciderete di visitare (ve lo consigliamo) questa mostra che segue a Carne y arena di Alejandro G. Iñárritu e alla Wunderkammer di Wes Anderson e Juman Malouf – è proprio questo: andare con nessun pregiudizio e nessuna aspettativa, facendovi soltanto rapire dai vostri sensi, perché l’estasi e la bellezza di cui ci parla Cronenberg si manifesteranno da un momento all’altro, lasciandovi nello stupore più totale.
Inizierete dal podium, dove è proiettato in loop il corto intitolato Four unloved women, Adrift on a purposeless sea, Experience the ecstasy of dissection, e quello spazio, a guardarlo bene, vi ricorderà proprio i teatri anatomici in cui si eseguivano le dissezioni dei cadaveri. Solo che in questo caso ci sarete voi, come in un teatro greco con un’aggiunta 2.0, a osservare, a chiudere o ad aprire gli occhi, a trattenere il respiro. Resistere non serve a niente, recitava il libro con cui Walter Siti vinse il Premio Strega nel 2013, ma in questo caso invece sì. Perché Cronenberg è riuscito a portare l’attenzione su quei corpi femminili, sugli aspetti legati all’immagine della donna, alla sessualità e al piacere. Se nelle collezioni anatomiche sono conservate dentro una teca/ bara ed esposte al primo piano della Fondazione, nel suo video sono comodamente adagiate su materassini in plastica in una piscina che potrebbe essere a Bel Air o a Venice Beach, comunque dal profumo hollywoodiano. “Gli scultori – continua - non volevano che queste figure apparissero sofferenti o sotto tortura, imprigionate o prive di vita, ma volevano farle sembrare vive e in qualche modo pienamente parte dell’esperienza di esporre l’interno dei propri corpi”. Ne avrete conferma, ad esempio, guardando con attenzione la Statua femminile giacente detta ‘Venere’, del 1782, ben adagiata a grandezza naturale su un drappo e materasso in seta, racchiusa in una vetrina in bois de rose rifinita in oro. Ha una collana di perle al collo, il colorito del volto che è roseo e una capigliatura castana che scende lungo il corpo fino a lambire i fianchi. Vista così, niente di strano, direte voi, ma c’è di più. La porzione del tronco del corpo è scomponibile e al suo interno si possono ammirare i diversi piani di visceri, l’utero con un feto, anch’esso amovibile. Potremmo continuare con la descrizione, ma la finiamo qui, per non rovinarvi il piacere della scoperta e della sorpresa.
“Nella morte c’è la vita o comunque dalla stessa ne può nascere una nuova”, è il messaggio sottile che ci dà l’artista/regista, che poco tempo fa realizzò un cortometraggio di un minuto intitolato The Death of David Cronenberg venduto all’asta su SuperRare dalla figlia Caitlin in cui immaginava la sua morte. Ancora corpi, dunque, anche a Milano, sregolati, sezionati, divisi, aperti e mostrati, “la mia magnifica ossessione”, ci disse a Matera due anni fa. “L’uomo non ha mai smesso di modificare il proprio corpo attraverso tatuaggi, mutilazioni, cicatrici e anche la chirurgia plastica fa parte di questo processo, senza dimenticare che il corpo umano è composto anche da microplastiche assorbite nell’ambiente. Tutti i corpi mutano e tra le mutazioni universali c’è la vecchiaia: ci riguarda tutti, anche se mettiamo in campo le nostre risorse per rallentarla”.
Quei tredici corpi, quelle tredici sculture che troverete al primo piano della Fondazione Prada – cui si aggiungono anche i disegni, anch’essi nelle teche, illuminate con sensori (unico difetto: il bip continuo degli allarmi che disturba e rovina la concentrazione) – attraggono e disorientano. Il disgusto ci sarà per tutti, è inevitabile, ma sarà solo all’inizio, perché poi, andando oltre, si dimentica. La veridicità è incanto in questa onirica quanto realistica mostra che può essere – a seconda di come la si interpreta – una mostra sull’arte o sul desiderio, una lezione di anatomia o un’operazione didattica, quella con cui Prada intende continuare a raccontare il valore di una collezione e della sua storia, rivelando il contributo del pensiero creativo nella conoscenza e promuovendo l’interesse per gli studi scientifici. Una Fondazione dove ogni campo ha la sua autonomia, questo è vero, ma con un unico scopo: espandere la portata del sapere, un territorio di pensiero libero in cui ognuno può trovare il suo.
Prima di concludere, un’altra dritta: se in questi giorni siete a Milano (avrete comunque tutto il tempo perché dura fino al 25 settembre prossimo), tra MiArt in corso e Il Salone del Mobile ai posti di partenza, all’Osservatorio della Fondazione Prada in Galleria Vittorio Emanuele II, c’è la mostra dell’artista americana Dara Birnbaum curata da Barbara London con Valentino Catricalà ed Eva Fabbris. I suoi video e le sue fotografie vi offriranno diverse prospettive per comprendere il percorso di un’artista che ha costantemente sfidato i canoni dell’arte e dei mass media.
Immagini della mostra “Cere anatomiche: La Specola di Firenze | David Cronenberg” Fondazione Prada, Milano - Foto: Roberto Marossi - Courtesy: Fondazione Prada