La libertà che guida il popolo, di Eugène Delacroix (Wikipedia)

Il nuovo libro di Loris Zanatta

Che cos'è il popolo? Un concetto chiave della politica, ben poco compreso

Carlo Marsonet

Un’idea che accende gli animi e infiamma le passioni, fino a diventare il pretesto di movimenti estremisti. Ma anche un portato storico ambivalente e divisivo. Spunti e riflessioni nel nuovo volume edito da Liberilibri

Un importante filosofo politico britannico, Michael Oakeshott (1901-1990), sosteneva che “in tutti i tempi la politica è uno spettacolo sgradevole”. Difficilmente, quando si parla di politica, la si associa al buon senso, alla responsabilità, alla ragione, all’equilibrio di giudizio. Al contrario, essa – con ciò intendendo non un vago attore inesistente chiamato “politica”, bensì gli attori che vi prendono parte, secondo regole e dinamiche più o meno stabilite – si macchia sovente di eccessi, di moralismo, di pietà camuffata, di corruzione. La politica, allora, non può che vivere di semplificazioni e riduzionismi. Anche – o soprattutto – a costo della chiarezza e del senso di realtà. A queste dinamiche non sfugge il soggetto cardine di un ordine democratico (ma non solo), il popolo. Un concetto che accende gli animi e infiamma le passioni, quello di popolo. E, proprio per questo, che necessita di una fredda ricognizione storico-terminologica. È quello che prova a fare Loris Zanatta in Popolo (Liberilibri, 76 pp., 14 euro). Il volume si inserisce nella nuova collana “Voltairiana” della casa editrice maceratese, creata con l’intento di proporre agili riletture dei concetti chiave del dibattito pubblico per ripulirne i contorni dalle molte storture ideologiche.

 

L’autore insegna Storia dell’America latina presso il campus di Forlì dell’Università di Bologna ed è uno studioso dei populismi latinoamericani del Novecento (si veda il suo Il populismo, Carocci, 2013). Da osservatore delle molte manifestazioni empiriche del fenomeno succedutesi in quel continente – tra i più noti, e in ordine cronologico, il peronismo, il castrismo, il chavismo – Zanatta nota come tutte fossero imperniate attorno all’idea di popolo come soggetto collettivo realmente esistente, il quale doveva reagire contro la modernità atomistico-individualistica al fine di ripristinare il paradiso perduto. Ed è cruciale, nell’interpretazione di Zanatta, il retaggio religioso cristiano di matrice ispanica. Infatti, l’affermazione populista, secondo l’autore, è intimamente connessa all’organicismo comunitario che tanto ha permeato, e che continua a impregnare, tutti i fenomeni latinoamericani antiliberali. La chiave offerta da Zanatta vede così opporsi, da un lato, un popolo inteso in senso olistico-organicistico, soggetto che ingloba, annullandoli, gli individui: a esistere, in quest’ottica rousseauiana, è il corpo, non le sue parti. Ne consegue che, secondo una tale prospettiva manichea, tutto ciò che non rientra in tale organismo è un nemico che va espunto, in quanto veleno (si vedano, a tal proposito, i discorsi di Eva Perón). A fronteggiare una tale popolo “populista” è invece l’individualismo liberale che fa del popolo non un’entità coesa e monolitica, bensì una costellazione di individui e di associazioni spontanee da essi scaturite. Da queste due antipodiche interpretazioni del popolo, dunque, originano conseguenze radicalmente opposte in relazione all’idea stessa di politica: la prima la considera come uno strumento di perfezione e lo stato, quindi, come sostanza etica; la seconda, al contrario, come attività umana parziale e fallibile, e lo stato, tutt’al più, come arbitro e umile regolatore del traffico.

 

Eppure, osserva Zanatta, l’ambivalenza rimane. Sebbene la storia non si ripeta mai eguale, non è mai nemmeno del tutto nuova, e il “popolo” continuerà a dividere gli animi. Usando categorie diverse, Oakeshott scrisse come la politica vivesse di ambivalenze: a una sua interpretazione “fideistica”, se ne accompagna una “scettica”; a una “teleocratica”, una “nomocratica”. Il punto è che, notava il pensatore inglese, in politica “gli uomini navigano un mare sconfinato e senza fondo: non vi è né porto per ripararsi né fondale al quale ancorarsi, né punto di partenza né destinazione stabilita. L’impresa consiste nel mantenersi a galla senza squilibrare la nave”. Il liberalismo, si potrebbe forse sostenere, è il principio stesso che fa galleggiare la nave.

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