cannes 2023
Cannes al via fra proteste sindacali, stralci di MeToo e Johnny Depp redivivo
Quest'anno le date del festival coincidono con i “100 jours d’actions et de colère” minacciati dai sindacati in risposta alla riforma di Macron, che ha alzato l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Sarà come il maggio ’68? Non scherziamo
Il festival di Cannes si apre tra le minacce: il tappeto rosso regala troppa notorietà per non attirare proteste. Quest’anno poi le date coincidono con i “100 jours d’actions et de colère” minacciati dai sindacati in risposta ai 100 giorni che secondo Macron avrebbero dovuto placare gli animi – dopo la riforma che ha alzato l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Terribile notizia, che i francesi stentano ad accettare. E allora protestano. I cittadini con il pentolame che fa rumore ma non danni. Mentre i lavoratori della compagnia elettrica minacciano di far mancare l’energia alle sale e ai proiettori durante il Festival. “Le Palais”, centro nevralgico delle operazioni, sostiene di aver potenziato i già previsti generatori d’emergenza.
Sarà come nel maggio ’68?, osa un commentatore che evidentemente allora non c’era. Sulla Croisette si vedono perlopiù turisti con l’ombrellino e una gran frenesia di lavori stradali (come nel resto del mondo che frequentiamo, dopo la pandemia). I venti di rivolta sono scatenati dall’attrice Adèle Haenel, che prosegue la sua battaglia femminista iniziata urlando “vergogna” quando ai César premiarono Roman Polanski per “L’ufficiale e la spia”. Stavolta, una lettera inviata al settimanale Télérama per denunciare “l’indulgenza che il cinema francese, e Cannes di concerto, riservano agli aggressori sessuali”.
“Non siamo tutti stupratori”, ha risposto il direttore Thierry Frémaux in una conferenza stampa convocata lunedì scorso. C’era poco da dire invece su una copertina della rivista specializzata “Le film français”, numero dedicato a Cannes. Sei donne in concorso quest’anno, su 19 titoli, e solo maschi nella foto di gruppo. Poco da dire, solo da soffrire, sul sistema di prenotazioni, eredità dei tempi pandemici ormai adottata da tutti. Non basta l’accredito, bisogna prenotare il posto in sala per ogni film. Tempistica: quattro giorni prima della proiezione, dalle sette del mattino.
Fu così che alle sette e sei minuti, l’unica proiezione del cortometraggio western di Pedro Almodóvar risultava già “completa”, senza possibilità di ricuperi. Abbiamo però conquistato un posto per l’ennesimo (il quinto, dal 1981 a oggi) “Indiana Jones e il Quadrante del Destino”. Dal titolo originale sarebbe una meridiana, e il regista James Mangold si rifarà gli occhi con un biopic su Bob Dylan. A Cannes, fa la bella statuina che porta soldi, come accadde l’anno scorso con “Top Gun: Maverick”. I prossimi film non si faranno – inutile illudersi, e sciopero degli sceneggiatori americani permettendo – se il pubblico non affollerà le sale per vedere questi.
Anche il film d’apertura ha le sue grane, e la prima si chiama Maïwenn: un esplosivo miscuglio di Francia, Algeria, Vietnam (pare abbia sputato addosso a un giornalista). Brava attrice e brava regista con “Polisse”, ora si dedica a “Madame du Barry”, la favorita di Luigi XV. L’aveva intravista in “Marie Antoinette” di Sofia Coppola (l’attrice era Asia Argento), e sono anni che studia per preparare questo film. Senza badare al fatto che non siamo proprio sul versante vittimistico del #MeToo, ma sul versante del potere e degli intrighi di corte.
Non ancora soddisfatta, ha scelto per la parte del re francese l’americano Johnny Depp, reduce dalla battaglia coniugale con l’ex consorte Amber Heard. Assolto, quindi in grado di riprendere la carriera al cinema e nella pubblicità, ha appena firmato un contratto triennale da venti milioni per un profumo Dior (Brad Pitt ne aveva avuti sette da Chanel). Ieri sera Chiara Mastroianni ha aperto il Festival (sul poster c’è invece mamma Catherine Deneuve): la prima Palma a Michael Douglas, per i 50 anni di carriera.