Lode a Martin Amis, incapace di scrivere una frase sbagliata, e alla gara con papà Kingsley
Da un po’ lo scrittore viveva defilato, ma i tempi sfalsati dell’editoria hanno in serbo per noi ancora un regalo: Einaudi sta per pubblicare le oltre 600 pagine di "La storia da dentro", ovverossia il seguito del meraviglioso memoir intitolato "Esperienza"
“Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente. Non è niente. Solo un sogno triste”. Bisogna avere un cuore di pietra letterario per non inchinarsi a un attacco di romanzo tanto grandioso. E bisogna essere totalmente privi di cinismo – sempre letterario – per non godere il seguito. La lotta tra due scrittori immaginari, ma “presi dalla vita”, che insieme erano studenti a Oxford.
A 40 anni, Gwyn Barry è uno scrittore ricco e famoso, ai giornalisti poveri di spirito spiega “la scrittura funziona come la falegnameria”, mostrando una sedia malfatta e lodando il lavoro artigianale. L’amico Richard Tully era partito meglio, apprezzato dalla critica: ora recensisce noiose biografie di poeti minori. Chi è al Salone del libro di Torino, non faticherà a riconoscere l’uno e l’altro tipo.
Martin Amis era incapace di scrivere una frase sbagliata. Da un po’ viveva defilato, ora sappiamo perché. Ma i tempi sfalsati dell’editoria hanno in serbo per noi ancora un regalo: Einaudi sta per pubblicare le oltre 600 pagine di La storia da dentro, ovverossia il seguito del meraviglioso memoir intitolato Esperienza. Gli equivoci sono antipatici, ora che l’esperienza ha acquistato valore letterario, oltre che turistico, ed è orribilmente sopravvalutata. Sappiate quindi che nella famiglia Amis – anche il padre Kingsley Amis faceva lo scrittore, i due hanno gareggiato finché ne hanno avuto la forza – si usava dire “E’ tutta esperienza. Peccato ce ne debba essere così tanta”.
La storia da dentro aiuterà a superare il lutto. Assieme al bellissimo e poco popolare “Money”, scritto dopo l’esperienza hollywoodiana. Martin Amis aveva collaborato alla sceneggiatura di Saturn 3, un film con Kirk Douglas. In un turbine di parole, droghe, fracasso, soldi che vanno e vengono, dice la sua – da britannico cresciuto in una famiglia che considerava la società letteraria come il pub sotto casa – sui cialtroni del cinema. Pure capaci di girare film non spregevoli.
Due romanzi di Martin Amis riguardano l’Olocausto. Raccontano sarebbe sviante: si mettono ai margini e conducono chi legge in territori che solo un romanziere può frequentare (vi riuscirà più difficile con TikTok). La freccia del tempo inverte la direzione della tragedia. I prigionieri emaciati e moribondi pian piano riprendono le forze, i denti d’oro tornano nelle mascelle a cui erano stati strappati, le divise diventano abiti. La zona d’interesse è ambientato negli immediati dintorni di Auschwitz, poco lontano dal muro di cinta.
Se n’è parlato in questi giorni al festival di Cannes, che ha in concorso il film di Jonathan Glazer The Zone of Interest. Liberamente tratto – non c’è la storia d’amore – ma pur sempre agghiacciante: la vita nella casetta con giardino fiorito dove con la famiglia abita Rudolph Höss, comandante delle SS e responsabile del campo di Auschwitz-Birkenau. Nella prima scena li vediamo al fiume, sembra un normale picnic. Verso casa si sentono rumori e spari, si presenta l’ingegnere mostrando i piani per il nuovo crematorio (stanno per arrivare i deportati ungheresi, dicono). Le cameriere apparecchiano e sparecchiano per colazioni e pranzi. Dal campo arriva una pelliccia che la padrona di casa fa riparare e mettere in guardaroba.
Glazer ha girato il film collocando nelle varie stanze della casa macchine da presa fisse. come in un reality. Sempre un po’ lontani, fatichiamo a vedere le facce dei familiari e dei visitatori, indifferenti al filo spinato e alle torrette. Qualcuno in giardino tossisce per i fumi. Il ragazzino gioca in camera sua con una manciata di denti d’oro.