(1933-2023)
Chi era Cormac McCarthy, lo scrittore che faceva sentire vivi in un universo in crisi
E' morto a 89 anni uno tra i maggiori romanzieri americani del suo tempo. "Il paradiso è stare seduto in una stanza con la pagina bianca", diceva. Tra le opere principali "Non è un paese per vecchi" e "Il Passeggero"
Cinque anni fa girò la notizia che fosse morto e la Penguin Random House corse a mettere a tacere le voci. Anche se era plausibile. Cormac McCarthy è scomparso oggi a 89 anni. Per anni di lui si è saputo soltanto quello che c’era nella quarta dei suoi romanzi e poco altro emerso da un paio di lunghi racconti sulla sua vita di grande recluso della letteratura contemporanea. Che non aveva un indirizzo email, un cellulare o account social. Che evitava la pubblicità e solo in rare occasioni affiorava, come una balena, per rilasciare dichiarazioni criptiche alla stampa. "Il mio giorno perfetto", disse al Wall Street Journal, "è stare seduto in una stanza con un foglio bianco. Questo è il paradiso”.
Quando Der Spiegel andò a intervistarlo nel 1992, McCarthy tracciò un quadro desolante della cultura contemporanea. “Poesia, pittura, musica, tutto irrimediabilmente scomparse, tutto insabbiato in Occidente”. Harold Bloom lo riteneva l’unico scrittore vivente già un classico. E lo nominò uno dei quattro maggiori romanzieri americani del suo tempo, insieme a Philip Roth, Don DeLillo e Thomas Pynchon, e definì il romanzo di McCarthy “Meridiano di sangue” (1985) “il il più grande singolo libro dai tempi di 'Mentre morivo' di Faulkner”.
“Io non ricordo di aver mai dato a nostro Signore motivi particolari per sorridermi, peró lui mi ha sorriso”, si legge in “Non è un paese per vecchi”. Viveva a Santa Fe, freauentando perlopiù scienziati esperti di buchi neri. “Penso che la nozione che la specie umana possa migliorare in qualche modo, che tutti possano vivere in armonia, è un’idea molto pericolosa” disse a Vanity Fair. “Coloro che sono viziati da quest’idea sono anche quelli che svenderanno le proprie anime, la libertà”. Era uno dei pochi scrittori che faceva sentire vivi in un universo in crisi.
Nel 2007 McCarthy prese parte a uno degli eventi culturali più improbabili quando ha accettato di essere intervistato da Oprah Winfrey. Sembrava a disagio sotto i riflettori. "Non penso che sia un bene per la tua testa", disse a Oprah riguardo all'intervista. “Passi molto tempo a pensare a come scrivere un libro, probabilmente non dovresti parlarne. Probabilmente dovresti farlo”. Per fortuna aveva fatto in tempo a pubblicare “Il Passeggero”. Un capolavoro per gli occhi e il cuore.