Wodehouse, scrittore geniale e frivolo, obiettivo della cancel culture
Avvisi di censura per il più grande umorista del Novecento
“Non ti dispiacerà se ti chiamo Compagno, vero? Sono appena diventato socialista. E’ un ottimo schema. Dovresti esserlo. Lavori per un’equa distribuzione della proprietà e cominci raccogliendo tutto ciò che puoi, sedendotici sopra”.
P. G. Wodehouse sapeva come irridere il progressismo. E considerando che scrisse sempre le stesse equilibristiche commedie “con tutta la sua trafila di baroni ridicoli”, come diceva di lui George Orwell, fidanzamenti difficoltosi e scambi di persona, equivoci, lord e belle ragazze volitive, domestici nevrotici e da età vittoriana, si capisce perché oggi, che si vuole soltanto letteratura morale, impegnata e pedagogica, il più grande umorista del Novecento sia da censurare.
Wodehouse fu uno snob e la sua “innocenza” gli costò anche un processo per scarso patriottismo. Bertie Wooster, uno dei suoi personaggi, è tutto ciò che noi vorremmo essere, anche se ci dilettiamo a firmare appelli e sfoggiare virtù: supremamente sciocco, garbato e codardo, goffo con stile, non fa niente ventiquattr’ore su ventiquattro ma non conosce sensi di colpa.
Visse il crollo del grande edificio della civiltà occidentale, la “terra desolata” di Eliot all’indomani della Prima Guerra Mondiale. In quei giorni bui del XX secolo questo scrittore ebbe il coraggio e l’intelligenza di sprecare le giornate a scrivere libri leggeri, ma anche capolavori dell’umorismo.
Pelham Grenville Wodehouse, “P. G. Wodehouse”, “Plum” per gli amici, ha scritto più di cinquanta romanzi, trecento racconti e una ventina di opere teatrali: novantasette libri prima della sua morte nel 1975. Milioni di parole per cosa? Per il gusto della parola e della letteratura.
Prima i libri di Jeeves e Wooster sono stati riscritti per rimuovere parole ritenute “inaccettabili” dalla Penguin Random House, il colosso dell’editoria. Ora tutte le opere di Wodehouse saranno ristampate avvertendo che esprimevano idee “obsolete”. “Questo libro è stato pubblicato negli anni 20 e potrebbe contenere linguaggi, temi o caratterizzazioni che potreste trovare obsoleti”. In una nota nella ristampa di “Grazie, Jeeves” ha spiegato che gli editori “hanno cercato di modificare parole che consideriamo inaccettabili per i lettori di oggi”. Un mondo di ziette moraliste, nobili senza spina dorsale, ragazze sdolcinate e giovanotti in ghingheri. Hilaire Belloc, ad esempio, lo definì il “miglior scrittore del nostro tempo, il miglior scrittore vivente di inglese e il capo della mia professione”. Evelyn Waugh ha spiegato perché era lo scrittore anti woke per eccellenza: “Per il signor Wodehouse non c’è stata alcuna caduta dell’uomo; nessuna ‘calamità aborigena’. I suoi personaggi non hanno mai assaggiato il frutto proibito. Sono ancora nell’Eden”.
Per Wodehouse, che giocava a cricket con Arthur Conan Doyle, non c’era nulla da espiare, ma solo da ridere. Le sue trame si riducono a: il ragazzo incontra la ragazza, il ragazzo perde la ragazza, il ragazzo conquista di nuovo la ragazza.
Raccontava di una Inghilterra che non esisteva e che sicuramente per i nuovi censori non deve esistere più. E non a caso oggi sono i vecchi scrittori inglesi a essere censurati: Roald Dahl, Agatha Christie, Ian Fleming, Enid Blyton. Un mondo edoardiano che presuppone semplicemente la presenza del clero e della Chiesa, degli uomini bianchi che portano il “fardello” del decoro, di ordine, di dignità, di regole e di maniere. Desueto e persino fastidioso per la cancel culture.