Il volume
Dodici racconti dell'Italia in un enigmatico colloquio tra parole e immagini
“The Heart is a Sandwich” dell’americano Jason Fulford: una dozzina di storie realizzate con fotografie scattate durante i suoi soggiorni nella penisola nel corso dell’ultimo decennio. Una macchina complessa che mescola significati e misteri
Jason Fulford è un fotografo, editore e insegnante nato ad Atlanta, Georgia, cinquant’anni fa. Oggi vive a Brooklyn con sua moglie Tamara Shopsin, grafica, illustratrice e scrittrice (le sue illustrazioni compaiono di tanto in tanto sul New Yorker). In questi anni Fulford si è fatto notare per il suo approccio originale nella realizzazione dei suoi libri, che fanno convivere umorismo ed erudizione. Nel 2014, l’artista ha realizzato con la Shopsin un libro per bambini intitolato “This Equals That”. Il piccolo lettore si trova di fronte a coppie di immagini di soggetti diversi, che si richiamano l’una con l’altra. Girando pagina, l’immagine che era a destra viene riproposta a sinistra, mentre a destra c’è una terza fotografia con la quale si crea una nuova relazione. Il processo si ripete in una catena che si conclude, in un cerchio perfetto, con l’immagine iniziale. Fulford concepisce i suoi libri come macchine complesse per la produzione di significati ed enigmi, il cui il carburante principale sono le fotografie.
L’ultimo suo volume, pubblicato quest’anno per Mack, si intitola “The Heart is a Sandwich”. Il libro è strutturato come una raccolta di dodici racconti, realizzati con immagini scattate durante i suoi soggiorni italiani dell’ultimo decennio. Il primo racconto, Borgia’s Braids, è dedicato al pane tipico di Ferrara, che la leggenda dice fosse nato per omaggiare la moglie del duca Alfonso d’Este, Lucrezia Borgia. La sequenza si apre con l’immagine di un’auto arancione parcheggiata accanto a un pino marittimo. Nella pagina successiva leggiamo: “Ti avevo promesso che avrei fatto un cortometraggio sulla morte, e non ci sono riuscito”. Seguono immagini di sbarre, barriere, delimitatori stradali, paletti dipinti di bianco e rosso o che si incrociano richiamando la forma del pane ferrarese. E si legge: “Idea: il protagonista guida un taxi attraverso un fiume e poi non riesce a ritrovare la strada per il tunnel. Così trascorre il resto della sua ‘vita’ laggiù, dove le cose sono simili, ma leggermente diverse”. Parole e immagini comunicano tra loro e noi assistiamo a questa discussione enigmatica, ma l’idea di un mondo altro dove tutto è come è nel nostro, ma leggermente diverso, è permeata di un senso di promessa.
In uno dei racconti successivi, quello che dà il titolo al libro, Fulford ci porta in riva al mare. Quello vero e quello rappresentato, dove sulla linea dell’orizzonte si gioca l’equilibrio delle immagini. Sfogliando le pagine vediamo formarsi un testo, quasi fosse prodotto da un programma di intelligenza artificiale che, crea, suo malgrado, una breve poesia: “Il mare era un grande vuoto. Lo fissò pensando a pensieri pretenziosi. Il mare non giudicava. Assorbiva i suoi pensieri nel modo in cui il viso del suo bisnonno si raggrinziva fino a diventare un’ uvetta californiana. Una vecchia uva dolce, testarda e raggrinzita”. È poi la volta del racconto sul garage di Guido Guidi, il grande fotografo che vive immerso nella campagna romagnola: “In una vecchia fattoria di cachi viveva un saggio…”. Non ci sono immagini di cachi, ma soltanto di particolari della casa di Guidi, come un libro di Alain Robbe-Grillet o una scopa di saggina.
Ma la sequenza più toccante, è forse quella dedicata al cimitero di Modena, intitolata “Rosso Rossi”. Il fotografo americano alterna immagini dell’edificio di Aldo Rossi con una pagina del suo “Autobiografia scientifica” del 1981: “L’architettura era uno dei modi in cui l’umanità aveva cercato di sopravvivere; era un modo per esprimere la fondamentale ricerca della felicità”. Al centro della sequenza troviamo l’immagine di una porzione di muro rosso del cimitero, attraversato da crepe di un rosso più scuro. Accanto c’è quella di un cielo azzurrissimo invaso da un gregge di nuvole candide. Segue un altro brano di Rossi, che è come se descrivesse la poetica di Fulford: “Questa capacità di utilizzare pezzi di meccanismi il cui senso complessivo è in parte perduto mi ha sempre interessato, anche in termini formali. Penso a un’unità, o a un sistema, fatto unicamente di frammenti ricomposti”. È proprio questa la dinamica del lavoro dell’artista americano, che gira il mondo raccogliendo immagini-frammenti e, tornato a casa, prova a ricomporre una sua ipotesi di nuova unità. Cosa sia, poi questa unità, è difficile da dire. Raymond Carver concludeva così una sua poesia: “Felicità. Arriva / Inaspettata. E va al di là, davvero, / di qualsiasi chiacchiera mattutina sull’argomento”.