il ritratto
Chi è Francesco Stocchi, fogliante e nuovo direttore artistico del Maxxi
La scelta di Alessandro Giuli premia il curatore che ha lavorato dal Boijmans di Rotterdam a Roma, passando per la biennale. La missione sarà rendere il museo romano un interlocutore credibile e capace di competere con i grandi musei del mondo
Il buongiorno si vede dal pomeriggio o forse addirittura dalla sera. Perché dentro al Maxxi, sfortunato, complicato, molte volte raffazzonato museo delle arti del ventunesimo secolo, in teoria il più importante museo statale di arte contemporanea in Italia, sono passate troppe mattine e troppi pomeriggi senza che si sia mai riusciti a dargli una vera identità e una vera reputazione. Ora, finalmente, qualcosa cambia. Istituzione balcanizzata fin dal sua nascita, non ha mai trovato una sua voce o linea artistica unitaria. Adesso Alessandro Giuli ha tirato fuori dal suo cilindro un direttore artistico che, se gli sarà data la libertà e il potere di costruire la sua visione in sincronia e sintonia con il contesto nazionale e internazionale, potrebbe trasformare il Maxxi in quello che avrebbe dovuto essere da un pezzo: un interlocutore credibile e costante capace di competere con i grandi musei del mondo dalla Tate di Londra al Ucca di Pechino passando magari dal Moma di New York. Sto parlando di Francesco Stocchi, classe 1975, responsabile dell’inserto arte di questo giornale, nuovo direttore artistico del Maxxi. Ruolo importante, che gli richiederà molta energia, concentrazione, coraggio e calma zen. Dovrà difendersi dalle influenze locali e dai suggeritori ministeriali rispettandoli ma tenendoli a distanza. La reputazione di un museo serio si costruisce, in Italia in particolare, più sapendo dire no che sì (il Maxxi in passato è stato più un Airbnb dell’arte che un vero museo).
Ma chi è Stocchi? Prima di tutto, fisicamente, assomiglia a Pep Guardiola che è sempre meglio che somigliare ad Alvaro Vitali, non tanto esteticamente ma per il profilo internazionale. E’ romano borderline, romanaccio nell’anima, multietnico nella capoccia. Curatore per molti anni del prestigiosissimo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, un museo di riferimento con una tale reputazione e collezione da potersi permettere di rimanere chiuso dieci anni e continuare a fare la differenza. Esattamente il contrario del Maxxi, sempre aperto da tredici anni senza mai riuscire a fare la differenza. Molto per colpa dell’architettura di Zaha Hadid alla quale nessuno disse mai che doveva fare un luogo per l’arte e non una palestra. Adesso si proverà a rimediare con il Maxxi Maxxi o Grande Maxxi. Ce n’è bisogno? Una domanda alla quale dovrà rispondere Stocchi assieme al presidente Giuli.
Oltre a essere curatore del Boijmans, Stocchi è stato uno dei curatori dell’ultima Biennale di San Paolo in Brasile e del padiglione svizzero alla Biennale di Venezia del 2022. Per dire che riesce a muoversi dentro correttezze politiche diverse andando dall’Amazonia alle Alpi, gestendo allo stesso modo saudade e frigidità curatoriale. Conosce i rischi del ponentino politico romano e dei suoi salotti, per questo dovrà stare attento. E’ piacente e piacevole, diplomatico e paraculo. Sarà necessario stare sulle scatole a qualcuno, unico modo per dar forza e carattere alla sua direzione artistica. Ricordando di non confondere l’eccesso di energia, che spesso coincide con la stupidità mascherata da genialità, con il carattere. Fino a oggi il Maxxi ha puntato sempre allo stesso tempo sul rosso e sul nero, ora prova il numero secco. Ci sono molte probabilità che faccia finalmente filotto. Ben fatto!