a napoli
Perché l'unica Venere di Pistoletto che fa notizia è quella carbonizzata
Un'idea bollita e ribollita torna a destare attenzione ora che non c'è più. L'idea potrebbe diventare un format come il Burning Man del Nevada
Michelangelo Pistoletto è diventato una Madre Teresa dell’arte contemporanea, un Sandro Pertini dell’Arte Povera. Parlarne male non è proibito: è impossibile. Adesso con il rogo in piazza della sua Venere degli stracci gigante si è trasformato in un Savonarola o Giordano Bruno della storia dell’arte. Il processo di beatificazione è completo. La condanna dell’atto vandalico va da se. Ci mancherebbe. Ma in realtà il vero piromane, concettuale s’intende, è Pistoletto stesso. Questa Venere con i suoi stracci, da quando gli è venuta l’idea nel lontano 1967, l’ha cucinata in tutte le salse possibili. Questa volta è andata in fumo. Il fuoco dei social non perdona ma anche aiuta. Nel senso che questa opera, bollita e ribollita, pochi l’avevano notata o acclamata, questa volta. Adesso grazie, paradossalmente, al rogo è diventata viva. Anzi il rogo della Venere potrebbe diventare un appuntamento annuale, un rito propiziatorio, come il Burning Man che ogni anno viene incenerito nel deserto del Nevada. Addirittura qualcuno, come hanno fatto appunto con il Burning Man, lo potrebbe far diventare un buon business (Pistoletto, che è persona intelligente, potrebbe persino pensarci). L’arte che scompare a volte genera più emozione di quella che rimane. Pensiamo alla folla di persone che si mise in fila nel 1911 per vedere lo spazio lasciato vuoto dalla Gioconda rubata. Non ci saranno folle in piazza del Municipio a Napoli per vedere le ceneri della scultura. Non per mancanza di rispetto dell’arte o della cultura ma perché l’opera e la sua idea non destavano più la meraviglia di un tempo, abusate e riciclate dall’autore stesso oltre i limiti consentiti dalla legge della genialità e della creatività. Ora non è che un artista debba avere tutta la vita idee nuove, può averne anche una sola, essenziale, vedi Lucio Fontana con i suoi tagli. L’importante è che ne sia cosciente e che sia coerente con la formidabile singolarità della sua idea. Il problema di Padre Michelangelo da Biella è invece che pretende ogni volta di fare sembrare la stessa minestra, servita con successo sessantacinque anni fa e ancorata al suo tempo, un piatto nuovo e diverso. Ma le opere d’arte non sono come i tortellini che possono essere rivisitati o destrutturati a piacere. L’arte si porta dietro il tempo e la storia che hanno prodotto le condizioni per crearla. Ma per Pistoletto, beato lui, il tempo non passa: si aggiorna. Così la Venere di Napoli significava la bellezza che trasforma i rifiuti. Monumento al riciclo, senza doppi sensi.
La Venere di Thunberg si poteva intitolare. Adesso che l’iconoclastia criminale ad usum social ha colpito non mi meraviglierei che venisse fuori una Venere Carbonizzata, ulteriore ma ancor più puntuale atto di accusa verso il surriscaldamento del pianeta. La Venere siamo noi e Pistoletto lotta assieme a lei.