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"L'ombra del vulcano", il nuovo romanzo di Marco Rossari
Una storia finita e la passione per la letteratura. Una brillante soluzione all’angoscia dell’influenza, degli amori finiti e degli scrittori che incantano
Io non riuscivo più a leggere una riga di un libro, ma in compenso ti scrivevo poesie. Ero tornato all’adolescenza più ebete”. Così inizia il grande amore raccontato da Marco Rossari in “L’ombra del vulcano” (Einaudi, da oggi in libreria). Poi il grande amore finisce, quasi in sordina (soprattutto perché i segni premonitori tendiamo a non vederli, troppa tristezza).
Chi ha mai avuto la sventura di mischiare i propri e altrui libri sugli scaffali nella casa comune, e poi di doverli separare – “questo era mio / questo era tuo / ma figuriamoci, è anche sottolineato!” – avrà una fitta al cuore leggendo la frase “Le due Achmatova che si erano congiunte – identiche, ‘bianca’ Einaudi – si separavano. Che cosa patetica”. L’amico all’ora dell’aperitivo commenta: “L’amore è come una petroliera, ci mette chilometri a cambiare rotta”.
“Su, dai, però c’è il lavoro…” Capita di dirlo in questi casi, ma Marco Rossari è un bravo romanziere, sa che le banalità non migliorano una volta stampate. Dopo la separazione, “lavoro” voleva dire tradurre “Sotto il vulcano” di Malcolm Lowry. Quattrocento pagine di delirio alcolico, in Messico, un ex console britannico rimpiange la sua amata Yvonne (ha anche un fratellastro, ma meglio non fidarsi). E’ il Giorno dei Morti del 1938, e sono le ultime ore di vita dell’ex console. Il presente, il passato, le allucinazioni si confondono, i tormentoni e le scritte sulle insegne ronzano in una testa già poco lucida. Vale per il personaggio, e per lo scrittore Lowry: nato nel 1909 e aveva cominciato a bere giovanissimo.
Un romanzo complicato da leggere, e ancora più complicato da tradurre (quel che noi non riusciamo a sciogliere, o a capire, è niente rispetto a quel che ha dovuto districare, e rendere in italiano, il coraggioso traduttore). La versione precedente era di Giorgio Monicelli, nel 1961: a noi bastò per innamorarci del romanzo e dello scrittore cercando gli altri suoi titoli, perlopiù sulle bancarelle. Il meno ostico forse è “Caustico lunare”, uno dei romanzi che avrebbero dovuto completare il ciclo “The voyage that never ends” – l’altra passione di Lowry era la vita di mare.
L’impresa si è compiuta nel marzo 2018, quando la nuova traduzione è uscita da Feltrinelli. “Sono un verme inzuppato nel mescal”, diceva Lowry. Marco Rossari lavora in una rovente estate milanese, con un amico ribattezzato Piccolo Console – beve Martini all’anguria in un baracchino sotto la tangenziale. Traduce finché il computer scotta, e pensa che la coincidenza – “non mi era mai successo di affrontare un libro così aderente alla situazione in cui mi trovano, maledetto e amatissimo” – avrebbe fatto andare fuori di testa Malcolm Lowry. Scrittore che, tra l’altro, tendeva a perdere i propri manoscritti, e se non li perdeva lui provvedeva la consorte Margerie. A lei “Sotto il vulcano” è dedicato, senza rancore.
“All’ombra del vulcano”, e del grande Malcolm Lowry, si insedia il traduttore-scrittore. Marco Rossari ha trovato un modo intelligente per parlare di un suo amore passato, e del suo amore per la letteratura che invece resiste a tutto, e cominciò a scuola con la lettura del “Cuore rivelatore” di Edgar Allan Poe. Magari un po’ di mescal aiuterebbe a entrare nelle pagine più visionarie e acrobatiche, ma che neanche una volta sembrano parole buttate lì a caso. Di sicuro c’è che con il trascorrere degli anni ci si mette sempre più tempo a smaltire l’alcol – va detto che Malcolm Lowry non smaltiva, passava da una sbronza all’altra. Il romanzo di Marco Rossari è una brillante soluzione all’angoscia dell’influenza, degli amori finiti e degli scrittori che incantano.