Vita e morte di Iggy

Michael Bible e la Bibbia che s'intreccia con la vita

Mariarosa Mancuso

L’America devota e la scrittura emozionante del romanzo di Bible (che comunque non è Faulkner)

Michael Bible si chiama lo scrittore, nato nel North Carolina, e fatta qualche ricerca non risulta essere uno pseudonimo. Harmony è il nome della cittadina, nel profondo e devoto sud degli Stati Uniti che fa da sfondo a “L’ultima cosa bella sulla faccia della terra” (Adelphi, il distico quasi in rima rende in italiano “Ancient Hours”). Gli indizi conducono a Flannery O’Connor e a William Faulkner. Ma non è la geografia a fare lo scrittore: nessuno dei due irraggiungibili campioni avrebbe fatto entrare in una chiesa affollata un giovanotto con una tanica di benzina, i fiammiferi in tasca e l’intenzione di darsi fuoco come un bonzo. Nervoso e maldestro, incendia il liquido sparso sul pavimento e muoiono 25 persone.   
       

Per Iggy, il ragazzo con la tanica, ci sono la prigione e la condanna a morte. Per la cittadina di Harmony, il lutto e i ricordi delle vittime. Iggy aveva qualche amico di scorribande e di avventure, e anche loro resteranno segnati dall’episodio. Al centro del romanzo, la voce di Iggy dal braccio della morte, fino a poche ore prima che la condanna venga eseguita. Il direttore del carcere chiede “cosa vuoi mangiare?” e “cosa vuoi dire?” – meglio preparare qualche parola su un foglietto, consiglia con il tono del buon padre di famiglia. La paura della morte potrebbe ammutolire. 
       

La costruzione di “L’ultima cosa bella sulla faccia della terra” – sono le foglie che cadono, viste dalla finestrina della cella – è piuttosto abile. Di quattro capitoli, il primo racconta Harmony nel 2018. Poche secche righe d’inizio per la gioventù invecchiata che si racconta: “Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il centro commerciale è morto. Siamo i vecchi che avevamo giurato di non diventare mai. Passiamo le giornate al tavolo d’angolo dello Starlight Diner a discutere i capricci della vita”.

(La frase successiva su Harmony cittadina di santi e peccatori si poteva evitare, sembra che ormai gli editor correggano solo l’ortografia, non le banalità – o gli spoiler, come preferite – dimenticati a pagina 1).
       

“Editing is the Great Joy of Writing”: è il titolo di un’intervista a Michael Bible apparsa nel dicembre 2020, quando “L’ultima cosa bella sulla faccia della terra” uscì negli Stati Uniti. La gioia dello scrivere è riscrivere, pulire, tagliare, asciugare, girare e rigirare le frasi (questa l’abbiamo rubata a Philip Roth, ma vale anche per scrittori meno bravi e brillanti. Possono essere in disaccordo solo gli scrittori mediocri – o “sorgivi” che sono la vera sciagura). Michael Bible ha una scrittura emozionante ma controllata, che fa sognare rispetto a certi titoli nostri che imboccano direttamente la via del premio Strega, senza passare per la libreria. Ogni tanto esagera per colore locale: “La pioggia cadeva con autorevolezza veterotestamentaria” (di sicuro in inglese suonava meglio, o almeno lo speriamo).      

Non abbiamo letto gli altri libri suoi, a parte le poche pagine di “Sophie” e di “Empire of Light” che si trovano online. C’è sempre la Bibbia che si intreccia con la vita, il suo account Instagram è #biblicalmike”: quadretti, la recensione sulla New York Review of Books intitolata “Faith and Fire”, una recente gita in motoscafo a Venezia. Vita da scrittore sulla via del Festival di Pordenone, dove incontrerà il pubblico stasera.
     

Gli altri due capitoli raccontano Farber, che gira con uno scooter giallo e ogni tanto si dipinge la faccia di bianco con le labbra nere (lo chiamano Marilyn Manson). Alabama, nata da due genitori che si erano incontrati durante la guerra del Vietnam. Sono gli ultimi a entrare in scena, dopo Cleo e Paul, meravigliosi e sfortunati ballerini, entrambi amanti di Iggy.

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