I sotterranei dell'amore
Cento anni di foto raccontano le storie segrete di uomini innamorati, oltre slogan e pregiudizi. Un libro e una mostra
Non l’hanno mai fatto prima e tremano tutti e due dalla paura. Se li scoprono finiranno nei guai: l’uno perderebbe il lavoro e l’altro sarebbe cacciato dall’Esercito. Le loro famiglie sarebbero insultate, loro stessi sarebbero derisi, forse addirittura picchiati, probabilmente costretti a vivere per sempre nell’ombra. Ma non importa, quello che sentono è troppo forte e troppo bello da dover nascondere. Come fare a spiegare il loro amore a parole? E’ difficile parlare di queste cose in caserma, al lavoro, a scuola, persino a casa. Ma si amano profondamente e nient’altro ha importanza. Ci sono quegli occhi che gridano forte “io sono qui, ti amo, e questo momento rimarrà per sempre”.
La stessa cosa è successa in America, in Inghilterra, in Francia, in Germania, tante volte in Bulgaria (chissà perché), in Giappone, in Argentina, in Cina, persino in Russia. E’ successo ovunque e tutte le volte è stato bellissimo: sempre e solo due ragazzi abbracciati che si guardano negli occhi con l’aria di chi è innamorato.
La prima foto, scattata presumibilmente in America intorno al 1850, è un ferrotipo, un processo di stampa fotografica su lastre di metallo che ritrae due giovani sulla trentina in abito elegante, cappello e sigaro. L’uno tiene delicatamente la mano dell’altro, le gambe intrecciate in modo discreto, seduti per terra in un giardino. Non possono gridare il loro amore sotterraneo a tutto il mondo e per questo si fanno fare la foto da qualcuno, per fissare questo momento per sempre. Non è forse questo il senso più profondo della fotografia? Le altre sono foto di tutti i tipi: cabinet card, cartoline, ambrotipi (foto su lastre di vetro), fototessere, e sempre sono tutti ragazzi, fotografati in modo più o meno segreto fino al 1950. Se fossimo a Hollywood questo sarebbe un film da Oscar sicuro ma questa straordinaria storia comincia vent’anni fa a Dallas, Texas (il film, se qualcuno volesse ancora farlo, sarebbe comunque un successo). Hugh Nini e il suo compagno Neal Treadwell (uno è direttore artistico di una compagnia di danza classica, l’altro dirigente di un’industria cosmetica) di ritorno da una funzione religiosa nella più grande chiesa gay/lesbica del mondo, trovano in un negozio di antiquariato una scatola di vecchie foto, una delle quali ritrae due uomini abbracciati amorevolmente in un giardino nel 1927. I due texani rimangono fulminati dal piccolo scatto dei due ragazzi. Due sconosciuti, dimenticati da tutti e dal tempo. “Non potevamo credere che una foto del genere fosse mai stata scattata”, mi racconta oggi Hugh, “tanto meno che fosse sopravvissuta tanti decenni per poi finire nelle nostre mani, nel 2000, a Dallas. Pensavamo di aver trovato l’unica foto esistente. Non ci saremmo mai aspettati che ce ne fosse una seconda. Ora ne abbiamo raccolte più di quattromila”.
Il libro “LOVING. Una storia fotografica” (5 Continents Editions, 2020) racconta questo: la storia misteriosa e travolgente di una foto di due ragazzi abbracciati nel 1927, quasi cento anni fa, e di altre trecento, che rivivono negli occhi dei due ragazzi texani oggi. “In quel momento particolare rispecchiava la nostra condizione”. Per i due nella foto esporre il loro orientamento sessuale in quel momento storico avrebbe significato un rischio, ma Hugh e Neal sono catturati all’istante dal mistero racchiuso in quel piccolo rettangolo: chi erano quei due giovani? E come aveva fatto quella testimonianza a sopravvivere fino ai loro giorni? Chi era stato il fotografo “complice” a fissare per l’eternità il loro amore su una superficie sensibile alla luce? Questa foto, insieme ad altre migliaia comprate in vent’anni tra mercatini, aste online e collezionisti privati, è diventata una “collezione nata per caso”, come dicono Neal e Hugh (che oggi vivono a New York), che racconta un immortale amore romantico tra uomini, ma anche una singolare lezione di storia della fotografia e di antropologia. Migliaia di scatti realizzati nei contesti più svariati, sia pubblici che privati: da quelli in posa all’interno di studi fotografici ai momenti di svago in spiaggia, al parco o in campagna, tra uomini di tutte le età e classi sociali, vestiti alla moda o in abiti da lavoro, in costume da bagno o in divisa, soldati e marinai che hanno partecipato alla Guerra civile americana o alla Seconda guerra mondiale.
Ma più la ricerca di Hugh e Neal si infittiva e più la loro collezione “casuale” si arricchiva, più avevano la sensazione di essere coinvolti in una specie di missione di salvataggio. “Quelle foto avevano resistito alle ingiurie del tempo per un periodo compreso fra i settanta e i centosettant’anni, e noi sentivamo di essere i custodi delle emozioni espresse da questi improbabili sopravvissuti di un mondo che solo adesso sta iniziando a mettersi in pari con la realtà”, raccontano nel testo che apre il libro. Con chi condividere questo carico di emozioni? “Pensavamo che nessuno oltre a noi l’avrebbe trovato interessante”, dicono i due. Con grande modestia mi raccontano che ai tempi non avevano alcuna conoscenza né della fotografia né del collezionismo di qualsiasi tipo: “La nostra competenza consiste semplicemente nell’individuare una relazione romantica tra due uomini in una foto scattata tra il 1850 e il 1950. Queste foto ci parlano e soprattutto chiamano tutti noi dal passato come a dire ‘siamo esistiti. Eravamo importanti gli uni per gli altri. Ci siamo amati. Per favore, ricordatevi di noi’”.
Come in ogni classico “viaggio dell’eroe” (in questo caso eroi: Neal e Hugh) a innescare la propulsione che porta la storia a brillare di luce accecante ci vuole un Mentore, nelle fattezze di un editore illuminato: Eric Ghysels, belga-armeno fondatore a Milano nel 2002 della 5 Continents Editions, casa editrice di prestigiosi libri d’arte, che nel 2020, in piena pandemia, con la collaborazione e la complicità della sua compagna Antonella Trotta manda in stampa “LOVING”. Interpellato per ricordare questo incontro così speciale Ghysels gesticola con passione ancora oggi: “La mia gratitudine va a Edward M. Gómez, che avevo incontrato per caso alla Collection de l’Art Brut a Losanna: figlio di ambasciatori, messicano che abita a New York ma ha abitato anche a Tokyo, parla inglese, giapponese e spagnolo. Viene a trovarmi a Milano e mi fa vedere due piccole foto sul laptop. Ti piacciono?, mi chiede. Mi toccano il cuore, altroché! Sono commosso da queste foto. Non avrei mai immaginato di poter fare un libro sull’omosessualità essendo eterosessuale. Non ci vedo Robert Mapplethorpe, che per altro ho anche pubblicato, non ci vedo aggressività. Percepisco il sentimento amoroso che può esistere tra due sorelle, tra una nonna e una nipote, tra due uomini, due donne, un uomo e una donna. L’amore che troviamo quasi anche nel mondo animale. Due giorni dopo volo a New York per conoscere Neal e Hugh e a pelle decido subito di fare il libro”. In effetti, a sfogliare l’imponente pubblicazione, a sfiorare la carta pregiata che riproduce centinaia di esistenze, ad ammirare la grafica curatissima, si capisce tutto l’amore che Ghysels ha riversato nel progetto. Non a caso 5 Continents Editions oggi è considerata un punto di riferimento mondiale per le arti extra europee, con libri su archeologia, arte antica, moderna e contemporanea, fotografia e design. “Io sono un editore d’arte per caso” continua Ghysels in un perfetto italiano dolcemente arrotondato dalla erre francofona. “Ero un antiquario a Bruxelles, la mia galleria si chiamava ‘Ethnographie des 5 Continents’. Fotografia è scrivere con la luce, etnografia è descrivere i popoli, la cultura materiale di un popolo”. Ghysels mi racconta l’arrivo in Italia e l’anno passato da Franco Maria Ricci “pur non sapendo nulla di grafica”, e i sei anni da Skira Editore, tutte esperienze che l’hanno formato e trasformato in un uomo che ama davvero i libri: “Forse crescere con un padre scultore mi ha permesso di vedere lo studio dello spazio. Io non sono un vero editore, la mia missione è quella di trasmettere la cultura. L’arte. Ma nonostante la difficoltà oggettiva dell’editoria in questi anni la mia è una missione. I nostri libri hanno un’anima. Ogni cosa è fatta con il cuore. Se vedo una virgola stampata male sono distrutto. Per me fare un libro è come fare un bambino”. Una cura maniacale che è visibile in ogni pagina nella riproduzione delle foto: “Alcune erano rovinatissime e ho fatto venire dal Belgio un ingegnere che ha costruito a mano uno scanner ad altissima risoluzione, uno strumento eccezionale”. Non è un caso che in America “LOVING” venda tutt’ora circa 800 copie al mese.
Mentori e alleati sono fondamentali in ogni storia di successo, ed è toccante ripensare ai familiari e agli amici dei ragazzi innamorati che hanno protetto e custodito quegli scatti provenienti da tutto il mondo. Ma chi avrà scattato le foto? si chiedono spesso Neal e Hugh. In alcuni casi si intravede l’ombra della persona dietro l’obiettivo, qualcuno che supportava l’unione tra i due, e molti sono gli autoritratti dell’epoca, realizzati in assenza di una rete di affetti, scattati in cabine per fototessera. A pagina 297 sorprende ancora di più una foto dei primi del ’900 dove la coppia, con grande ingegnosità, piazza la macchina su un mobile di fronte a uno specchio e la attiva grazie a un cilindretto con un palloncino ad aria. L’aggeggio, brevettato da Robert Faries nel 1902, permette ai due di realizzare quello che è, a tutti gli effetti, il primo selfie di una coppia di uomini innamorati. In più di cento anni di storia assistiamo con meraviglia ai cambiamenti nel campo della moda, delle acconciature, del design automobilistico e della società, come pure nell’evoluzione della fotografia. Ma l’amore, il sentimento più genuino e universale, rimane invariato. La forza di questo libro, e la potenza catartica dell’intera collezione, è tutta lì: senza slogan urlati, senza paillettes né tacchi a spillo, senza aggressività verbale né estetica, “LOVING” ci mostra l’amore nella sua forma più pura e senza tempo.
Racconto a Hugh e a Neal della mia sorpresa nel rintracciare i temi ricorrenti, le ripetizioni di pose, le modalità di scatto, e loro sono d’accordo. E’ quello che hanno vissuto entrambi nello scoprire giorno dopo giorno queste meravigliose foto arrivate da qualsiasi latitudine: “Sì, antropologico è il modo perfetto per descrivere questa raccolta. Gli omosessuali non sono mai stati contestualizzati in questo modo: come individui amorevoli. Il contesto che ci è stato assegnato, storicamente, è stato quello della sessualizzazione, della criminalità, secondo le leggi prevalenti del tempo, e dell’emarginazione sociale, secondo le norme sociali prevalenti del tempo. Ciò che impariamo da questa raccolta è che queste prospettive criminali e sociali erano errate. Non è una grande sorpresa. Ciò che sorprende è che ora esiste una prova tangibile del fatto che erano sbagliate. Gli omosessuali hanno sempre avuto relazioni d’amore. Ma per proteggerle dovevano essere nascosti dai giudizi errati del loro tempo. Questa collezione è ciò che chiamiamo ‘l’anello mancante’ della storia gay. E’ ciò che ci collega finalmente, ed eternamente, alla società più grande”.
Gli fa eco l’editore: “Esattamente come nel razzismo, è tutta una questione di mancanza di cultura, di curiosità per l’altro, che sia nero, giallo, verde o blu. ‘LOVING’ è la nostra occasione per parlare dell’omosessualità da 7 a 77 anni, come Tintin”, dice Ghysels citando il celebre reporter-investigatore a fumetti belga. E aggiunge: “Alla fiera di Francoforte una madre mi ha raccontato di aver regalato il libro al figlio che ha deciso, dopo averlo sfogliato, di fare il suo coming out e dire: mamma, l’avevi sentito allora? Questo libro mi ha toccato il cuore”.
Hugh e Neal si preparano a fare le valigie per seguire il finissage della mostra di “LOVING” in prima mondiale a Ginevra, al Musée Rath (parte del Museo di Arte e Storia) visibile fino al 24 settembre. E’ notte fonda in Italia, l’ora dell’aperitivo a New York, e ricevo dai due un ultimo sorprendente messaggio: “Nonostante la delusione di non poter entrare in contatto con tutti i soggetti fotografati e i loro amici, tutti morti, solo una persona ci ha contattati per dirci ‘conosco quella persona a pagina X’. E’ una storia incredibile, che abbiamo trasformato in sceneggiatura. E ora aspettiamo una casa di produzione che si unisca a noi. Fino ad allora c’è ancora tanto AMORE per il nostro libro e per i musei che vorranno ospitare la mostra” scrivono Hugh e Neal. Del resto, si sa, l’amore assume forme misteriose e quando arriva ci esplode nel cuore e ci fa sorridere e abbracciare. Tutti.
Universalismo individualistico