il premio nobel per la letteratura
Buon per Jon Fosse se “dà voce all'indicibile”
“Scrivo prosa lenta”. Il premio Nobel per la letteratura è stato assegnato allo scrittore norvegese che da anni è nella lista degli scommettitori
Ci sono riusciti un’altra volta, a mettere nella motivazione del premio Nobel per la letteratura la parola “indicibile”. Jon Fosse “dà voce all’indicibile”. Buon per lui, intanto qualche cronista frettoloso e “politico” ha scritto “dà voce agli invisibili”, scambiando il premio a Fosse per un riconoscimento a uno scrittore che si occupa degli ultimi. In realtà, vive a Oslo in un quartierino a Palazzo Reale. Gentilmente messo a disposizione dal re Harald V di Norvegia per meriti letterari. Sbaragliati i migranti, siamo nell’altra categoria cara agli accademici svedesi. I letterati orgogliosamente puri, anzi purissimi, che non si vogliono mischiare con nulla e nessuno. Se viene paragonato a Ibsen, Fosse respinge l’addebito: “In Ibsen c’è troppo odio” (commento nostro: sarà, ma tratta bene i suoi lettori). Beckett già va meglio. Purtroppo però, anche se un lettore lo ama poco, di una cosa è sicuro: trovare un altro Samuel è impossibile.
Kafka fa capolino nel titolo del libro di Gilles Deleuze e Félix Guattari “Kafka. Per una letteratura minore”: a commento del fatto che Jon Fosse scrive in Nynorks, una delle due lingue letterarie norvegesi (costruita nell’800 a partire dai dialetti locali e quindi lontana dal danese).
Poteva mancare il fiordo, in tanta Norvegia? Certo che no, suggerisce Jon Fosse: “Il fiordo è nella mia scrittura”. All’inizio scriveva per il teatro, ricordiamo una messa in scena di “Sogno d’autunno” visto soltanto perché sul palcoscenico c’era Valeria Bruni Tedeschi (apparteniamo convinti alla scuola di James Ballard: “Al cinema un cespuglio è un cespuglio, a teatro sta sempre per qualcosa d’altro, per questo preferiamo il cinema”).
Completiamo la Fosse-logia scegliendo fior da fiore tra le interviste. Il rifiuto dei cognomi perché rendono la scrittura realistica. L’esistenza di un significato o di un messaggio nelle sue pagine, quando riescono bene. In alternativa: una seconda e silenziosa lingua, celata dietro quel che sta scritto nella pagina. La passione per Martin Heidegger superata da una più profonda consonanza per il mistico medievale Meister Eckhart. Se deve proporre una definizione per sé (come se avesse già pronto il discorso da fare a Stoccolma): “Scrivo prosa lenta”. Tanta sapienza e tanta arte, dopo il teatro, stanno confluendo in una “Settologia” (come la trilogia, ma di sette libri) annunciata nel 2019 alla Fiera di Francoforte. La nave di Teseo ha pubblicato nel 2021 “L’altro nome - volume 1 e 2” (368 pagine). Tra qualche giorno uscirà “Io è un altro”, con i volumi 3 e 4 (altre 300 pagine). Con l’altro norvegese Karl Ove Knausgard sembra facciano a gara di lunghezza, ma in “La mia vita” ci sono anche i cereali per la colazione, oltre alla vecchiaia e tradimenti che hanno portato scompiglio nella famiglia dello scrittore.
Jon Fosse era nella lista degli scommettitori da parecchi anni (non ci azzeccano mai). Qui però c’è una storiella divertente. Nel 2013 furono costretti a sospendere le puntate, troppe convergevano su Fosse. Vinse la canadese Alice Munro, per la gioia dei lettori.