L'intervista

Domande antiche su questioni moderne. L'ultimo libro di Antonio Sgobba

Giacomo Giossi

Quale verità? In "Sei scettico?" la ricerca della verità si riconosce essere una “ricerca di radici”. "L'equivoco è che spesso oggi chiamiamo scettici quelli che di fatto sono negazionisti, soprattutto in ambito scientifico". Colloquio con l'autore 

L’esordio editoriale di Antonio Sgobba è stato un punto di domanda, nel senso proprio del titolo, ? (Il Saggiatore, 2017), il cui sottotitolo riportava: Il paradosso dell’ignoranza da Socrate a Google. Indagare filosoficamente gli incastri della contemporaneità è dunque un esercizio a cui Sgobba, giornalista Rai (tra i conduttori di Tgr Petrarca su Rai 3) si dedica con puntualità: non è da meno il suo ultimo saggio per Einaudi, "Sei scettico?", che ripercorre le vicende filosofiche e anche biografiche – entrambe molto appassionanti – di Pirrone, fondatore dello scetticismo. Un attento ritorno alle origini utile per alimentare un dubbio – quell’amato punto di domanda – che dovrebbe essere alla base di ogni formulazione critica così come di un’analisi efficace sull’oggi.

L’attualità sembra invece virare sempre più verso forme integrate di complottismi e populismi accentuando sempre più i punti di crisi. In tal senso "Sei scettico?" si pone come un libro antidoto, capace di chiarire e ordinare le idee. “Per come lo intendo io lo scetticismo è sempre, per definizione, non dogmatico”, dice Sgobba. “L’equivoco con cui dobbiamo fare i conti è che spesso oggi chiamiamo scettici quelli che di fatto sono negazionisti, soprattutto in ambito scientifico. Questo accade perché di solito tendiamo ad associare lo scetticismo al dubbio, anche a un dubbio che diventa parossistico e paralizzante, quello di chi non crede a niente e a nessuno. Ma se vogliamo proprio trovare un’origine filosofica in questo atteggiamento e nobilitarlo, a me sembra che derivi più dallo scetticismo moderno, da Cartesio in poi, e ancor di più da quello postmoderno. La mia idea è che gli scettici antichi siano un’altra cosa. Secondo me in Pirrone e Sesto Empirico possiamo trovare un tipo diverso di scettico: un individuo per cui il dubbio è uno strumento importante, ma che mette al centro soprattutto la continua ricerca della verità. Per cominciare, per esempio, una buona proposta scettica potrebbe essere quella di distinguere tra 'fantasie di complotto'  – i complottismi privi di fondamento – e ‘ipotesi di complotto’, che invece possono portare a dubbi fondati”.

In questo libro la ricerca della verità si riconosce essere una “ricerca di radici”: “Secondo gli scettici la ricerca della verità è una condizione necessaria per essere felici. È un’attività incessante, che ha delle regole: richiede un esercizio quotidiano e il riconoscimento delle competenze altrui. Lo scettico pirroniano non nega l’esistenza della verità, se lo facesse sarebbe in qualche modo dogmatico e la sua ricerca perderebbe di senso. Andare alle radici di un problema può essere un modo per avvicinarsi a qualche verità, uno scettico però non escluderebbe la possibilità di altri metodi”.

In un occidente contemporaneo immerso nell’ansia, lo scetticismo può essere interpretato come una forma di meditazione? “Se torno agli scettici antichi è proprio perché, come noi, vivevano in un’età dell’ansia. Un tempo in cui crollavano le certezze e la conoscenza si espandeva improvvisamente. Liberarsi dall’ansia è l’obiettivo principale di tutte le filosofie ellenistiche: stoici ed epicurei compresi, non solo gli scettici. Tutti avevano come meta l’atarassia, ovvero la liberazione dai tormenti. Gli scettici antichi non parlavano esplicitamente di meditazione, ma possiamo pensare che avrebbero approvato la pratica. Non è un caso che la svolta filosofica nella vita di Pirrone arrivi dopo l’incontro con due asceti indiani: secondo tutti i biografi antichi da quei sapienti il primo scettico apprese le tecniche dell’imperturbabilità”. 

Il primo libro di Antonio Sgobba aveva come titolo un punto di domanda. Quindi come non rivolgergli la domanda: sei scettico? “Me lo sono chiesto. Per la mia formazione, per come ho studiato filosofia io, lo scettico è sempre stato il nemico da sconfiggere. Tutte le teorie della conoscenza devono confrontarsi con le sue domande, anche se spesso lo considerano solo un noioso scocciatore. A furia di tentativi di confutazione mi è venuta la curiosità di conoscere meglio questo petulante antagonista. E ora potrei rispondere di sì, mi hanno convinto. Ma per essere onesto dovrei anche rispondere di no, non trovo condivisibile tutto ciò che sostengono. Alla fine credo di aver scritto questo libro per cercare di non essere troppo d’accordo con me stesso. Credo possa essere un esercizio utile per tutti”. 

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