6 maggio 1938 - 31 ottobre 2023
Ernesto Ferrero raccontava la letteratura come se fosse il mestiere più bello del mondo. E lo è stato, per lui
Una vita per i libri. E la voglia di raccontare, che gli fece vincere lo Strega con "N.", i trecento giorni trascorsi in esilio da Napoleone all’isola d’Elba, raccontati dal suo bibliotecario (di fantasia)
Sapeva chiacchierare. La chiacchiera colta, ironica, sapiente e allegra, vivace nei dettagli e mai pesante. Sorniona e attenta a chi ascoltava. Niente che somigliasse a una lezione.
Raccontava la letteratura come se fosse il mestiere più bello del mondo. Lo è, in effetti; e sicuramente lo è stato per Ernesto Ferrero dal 1963, quando diventò responsabile dell’ufficio stampa Einaudi.
Raccontava i personaggi che aveva incontrato, da Giulio Einaudi (sempre chiamato l’Editore) a Primo Levi a Beppe Fenoglio a Italo Calvino. E qualche burla letteraria a lungo immaginata e mai (per quanto ne sappiamo) portata a termine. L’idea era fabbricare un apocrifo di Carlo Emilio Gadda, farlo ritrovare fortunosamente, ascoltare i commenti dei filologi, e assistere alla pubblicazione, con tutti gli onori. Secondo Ferrero, scriverlo era facile. Il difficile era dove farlo ritrovare: le carte di Gadda sono tutte ben catalogate. Lavoro e amicizie editoriali sono nei memoir: I migliori anni della nostra vita e Album di famiglia, a ribadire il caloroso affetto (quasi sempre ricambiato) che Ernesto Ferrero provava per il mondo editoriale. Nonostante, verrebbe da dire, la direzione del Salone del Libro di Torino dal 1998 fino al 2016: gli scrittori sanno essere capricciosi (quando non insopportabili). I politici, gli assessori, i comuni, le regioni e tutta la gente che gira intorno (siete mai stati al Lingotto? ecco) hanno interessi che prescindono dai libri vecchi e nuovi.
La voglia di raccontare fece vincere a Ernesto Ferrero un premio Strega, nell’anno 2000, con N.. I trecento giorni trascorsi in esilio da Napoleone Bonaparte all’isola d’Elba, raccontati dal suo bibliotecario (di fantasia) Martino Acquabona. Un timido letterato di provincia curioso di conoscere da vicino l’Imperatore che ha sconvolto l’Europa. E ora si trova a pochi passi da lui, con la sorella Paolina e l’amante polacca Maria Walewska.
Fu un premio Strega molto combattuto, Ernesto Ferrero era testa a testa con l’orientalista Fosco Maraini (il libro era Case, amori, universi). Verso la fine del conteggio, vinse N. con quattro voti di scarto. È successo altre volte, anche con un solo voto tra primo e secondo. Il fatto è che avevamo invitato Ernesto Ferrero alla Radio Svizzera, giusto la settimana dopo, per una chiacchierata in cinque puntate.
Mentre i voti si distribuivano equamente, il pensiero di dover presentare l’ospite, e amico con la formula “il romanzo arrivato secondo allo Strega” faceva tremare, e l’antipatica formula andava ripetuta cinque mattine di seguito. Ferrero vinse lo Strega, e come al solito fu un brillante conversatore, regalandoci i versi che aveva composto dopo la vittoria. Li riportiamo a memoria, per dare il tono: “Fosco è l’aere / muta la Dacia / dei Maraini si è spenta l’audacia”.
Sul film di Paolo Virzì liberamente tratto da N. sia consentito tacere. Meglio parlare di Disegnare il vento, dedicato a Emilio Salgari che era nato a Verona, visse molti anni a Torino, e fece credere all’Italia tutta di aver familiarità con Sandokan, il Corsaro Nero, le Tigri di Mompracem. In effetti, li aveva appena inventati consultando le enciclopedie. Un solo viaggio in Adriatico, pare con il mal di mare, diede origine alle avventure piratesche nei mari del sud. Nella Torino della fabbrica di automobili, il cinematografo, l’Esposizione universale.
Italo, l’ultimo libro uscito, comincia con i fumetti. Papà Calvino somigliava al Signor Bonaventura (esclusi i milioni trovati per strada). O al sor Pampurio. O al Capitan Cocoricò. Neanche allora la lettura dei fumetti faceva male ai bambini.