La mostra
Pistoletto e l'intelligenza artificiale: "Un universo senza fine"
L'artista torna protagonista con una grande mostra al Castello di Rivoli, a Torino, fino al 25 febbraio
“L’intelligenza artificiale? È un qualcosa di straordinario che ci offre la possibilità di essere inclusi in un’anima comune che comprende tutte le nostre attività, fisiche o metafisiche. Non la creiamo da soli, perché in questo mondo dove ci sono le bombe atomiche e altre nefandezze pronte a distruggerci - ma anche un universo senza fine che stiamo creando proprio con l’intelligenza artificiale - quest’ultima siamo tutti noi. Non patteggia né per la destra, né per la sinistra e non fa altro che tirare fuori l’oggettività, un po’ come fanno i miei specchi”. Parole di Michelangelo Pistoletto, che dopo l’incendio della sua Venere degli Stracci a Napoli torna protagonista più che mai con Molti di uno, la grande personale che gli dedica il Castello di Rivoli fino al 25 febbraio del prossimo anno, una grande mostra per continuare a celebrare il novantesimo compleanno del maestro biellese nella già frenetica (ed esageratamente colma di appuntamenti) settimana dell’art week torinese, tra Artissima e non solo.
“L’intelligenza artificiale è l’umanità, un qualcosa che è al di sopra di noi”, aggiunge uno degli artisti che hanno ridefinito il concetto di arte a partire dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso attraverso l’Arte Povera. “Non è fatta da un nemico: è memoria e attività di processo”. Può essere manipolata? Gli chiediamo. “Assolutamente no - spiega al Foglio - perché contiene le informazioni di tutti. Spaventa perché è molto potente, è vero, ma la sua caratteristica è di raccogliere la memoria per fornire dati certi, oggettivi ed esatti”.
Mentre ci parla, percorriamo insieme a lui la Manica Larga dell’edificio a pochi chilometri dal centro di Torino, un intero piano dove Pistoletto è riuscito a ricreare “una sorta di città dell’Arte strutturata come architettura percorribile e composta da 29 Uffizi o stanze”, come ci dice Marcella Beccaria, curatrice della mostra insieme a Carolyn Christov-Bakargiev, direttrice del Castello di Rivoli uscente, perché a gennaio arriverà Francesco Manacorda. Pistoletto, nel frattempo, si guarda in uno dei suoi tanti specchi, si dà un’aggiustatina al Borsalino e al foulard e si compiace nel vedersi nudo nell’opera QR-Code possession-Autoritratto, scelta come immagine ufficiale della mostra. Sul corpo ha proprio quei codici che assomigliano a dei tatuaggi a cui basta avvicinarsi con qualsiasi smartphone per scoprire curiosità che lo riguardano. “Partendo da quest’opera multipla di me stesso, nasce il concetto di lavorare artisticamente per interagire nella società. L’artista non è più isolato, egocentrico, non è più rivolto solo verso se stesso imponendo il proprio segno, ma lo pone insieme agli altri. È il seme della società”.
Troviamo poi la sua Arte della Demopraxia in cui ricorda assieme a Paolo Naldini, direttore di Cittàdellarte e Fondazione Pistoletto, che “il sistema della rappresentanza del popolo attraverso i partiti politici non ha portato a compimento la promessa di una democrazia compiuta. Democrazia vuol dire potere del popolo, ma questo è composto da tantissimi individui che separati l’uno dall’altro non possono esercitare potere. Essi possono unirsi affinché il popolo eserciti il potere proprio con l’Arte della Demopraxia dove il termine praxis/pratica sostituisce kratos/potere”.
“Le persone – aggiunge – sono già unite all’interno delle organizzazioni che compongono la società stessa, tra associazioni, fondazioni, enti pubblici e altri e il compito della Demopraxia è renderle visibili e consapevoli e connettere le loro pratiche per formare sistemi di governo realmente partecipati dall’intera società. Vediamo se ci si arriverà, noi ci stiamo provando”, precisa.
Far riferimento al suo Terzo Paradiso che lo ha reso famoso in tutto il mondo, può essere una soluzione. “È un nuovo equilibrio trinamico tra naturale e artificiale, un qualcosa che si respira ovunque in questa mostra”, aggiunge Francesca Lavazza che del Castello è presidente. “Come artista, sono un ricercatore, – conclude lui – voglio conoscere prima di tutto e non imporre un mio segno, è così che ho sempre fatto. La società può usarlo a fine di pace di armonia e di equilibrio, che è poi quello che vogliamo trovare. Con la ‘Pace Preventiva’, di cui io sono agente (in mostra potete leggere la sua poesia, ndr) possiamo unire gli le menti per la pace anziché la guerra. Un cambiamento responsabile è possibile, dobbiamo solo volerci arrivare”.