il racconto
La Scala più piccola e provinciale che ci sia capitato di vedere
La platea si alza in piedi solo per Liliana Segre, l'unica figura istituzionale riconosciuta, ma dopo l'inno non rivolge il suo applauso al palco d'onore. In sala nessun politico internazionale, nessuna allure di respiro. L’appuntamento culturale milanese più importante dell’anno perde lustro
Fuori, in piazza, sotto la statua di Leonardo da Vinci, un gruppetto sventola bandiere “contro il genocidio in Palestina”. Dentro, gli ospiti della serata di apertura della nuova stagione del Teatro alla Scala si alzano in piedi per la senatrice a vita Liliana Segre, e solo per lei, che entra nel Palco centrale o d’onore, ancora definito “il Palco reale”, per ultima, accompagnata dalla figlia. Applaude il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che con la mossa perfetta del consumato politico che è, oggi ha risolto la pietosa manfrina sull’inno-no-l’inno-sì, platea-no-platea-sì innescata dal sindaco Giuseppe Sala sulla disposizione degli ospiti nel palco istituzionale invitando la senatrice, accompagnata dalla figlia, ad accomodarsi non nella fila d’onore in platea, dove siedono industriali e ospiti della cultura (molto felici tutti per la presenza di Pedro Almodóvar e Louis Garrel) ma nel posto centrale del palco istituzionale, solitamente riservato al presidente della Repubblica. Il cerimoniale lo consente, e lei acconsente.
La “Prima” del più importante teatro italiano richiede sempre una figura nobile. È stata trovata. Quello che indubbiamente appare meno nobile alla platea, che dopo l’esecuzione dell’inno non si è voltata verso le istituzioni per un applauso, come ha sempre fatto per il presidente Mattarella, ma ha fissato ostinatamente l’orchestra, è il brutto spettacolo, provinciale, piccolo nello spirito, una cosa guareschiana, messo in scena in questi giorni. Nessun politico internazionale, come ai tempi di Letizia Moratti, nessuna allure di respiro, molto sponsor con i loro invitati. La guerra fra comune e regione non aiuta a dare lustro all’appuntamento culturale più importante dell’anno. In scena, ci sarà molto da dire sul Filippo II di Michele Pertusi. Molto invece è stato già detto sulla scelta del regista Lluís Pasqual di voler in scena quattro nani. Sì, è vero che compaiono nei quadri di Velázquez, non che se lo ricordino in pochi, ed è vero che fossero una presenza costante e anche vezzeggiata nelle corti del Cinque-Seicento, ma quando sono comparsi in scena per la canzone del velo, un brivido è corso nella platea politicamente corretta.