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Che confusione

Ci mancava solo la Bibbia secondo cui Gesù renderà queer il mondo 

Lucetta Scaraffia

La resistenza di Pietro alla lavanda dei piedi rappresenta la paura maschilista-nazionalista della fluidità di genere. Meglio farsi una risata

Mentre Papa Francesco promette tramite il cardinale Fernández grandi aperture a trans e gay, vendendo abilmente come nuove quelle aperture che ci sono sempre state perché fanno parte della tradizione cristiana – il battesimo non è mai stato negato a nessuno che volesse sinceramente convertirsi, padrini e madrine dovevano solo promettere di collaborare all’educazione cristiana del nuovo nato e non sono mai stati passati ai raggi X, ai testimoni di nozze non è mai stato chiesto se erano gay – la casa editrice bolognese Edb, da poco ricostituita nel marchio collettivo Il Portico, propone una Bibbia queer. Si tratta di una iniziativa ponderosa: 1.136 pagine, con 34 autori in grande maggioranza protestanti di varie denominazioni, tradotte dalla seconda edizione inglese del 2022. Cattolici sono solo l’editrice e i tre presentatori della edizione italiana, che la dedicano a Michela Murgia, cattolica queer.

  

Sottoporre la Bibbia a una interpretazione legata all’attualità non è una novità. Da più di un secolo è stato accettato che i testi sacri risentono del contesto storico in cui sono stati scritti, e ovviamente lo stesso vale per i loro commenti. Tutti influenzati dalla cultura in cui vivevano immersi, che è stata quasi sempre caratterizzata da condizioni di vita patriarcali. Inoltre i commentatori erano tutti maschi, poco attenti alle donne la cui presenza ritenevano priva di interesse, maschi che tendevano a trasformare in testi normativi ispirati ai loro valori le vicende narrate e le parole attribuite ai protagonisti delle storie. Una importante e ricca corrente di esegesi femminista negli ultimi decenni ha però riletto la Bibbia ponendo attenzione alle donne e rimettendo in luce la loro presenza sottovalutata se non dimenticata, facendo scoprire nuovi significati, nuovi insegnamenti: una operazione culturale ricca e importante. L’idea di questo testo collettaneo è di ripetere la rilettura avviata dalle donne con il progetto di riscoprire chi non era stato visto, chi non era stato neppure preso in considerazione perché non appartenente alla sessualità binaria. Ma l’esperimento non è riuscito altrettanto bene.

 
Si trattava senza dubbio di un’operazione più difficile: mentre le donne erano chiaramente presenti, il loro ruolo ben noto e comunque facilmente individuabile, la presenza di persone dalla sessualità non binaria è ricostruibile solo in parte, attraverso pochi segni, dal momento che la loro esistenza non è mai apertamente riconosciuta, neppure in rapporti che la suggeriscono, come il legame fra Davide e Gionata. Questa difficoltà però è stata baldanzosamente superata da tutti i commentatori che sono partiti alla ricerca di tutto quello che è strambo, non allineato, storto – è questo il significato del termine queer – per decostruire i testi. Per essere più chiari, secondo tutti i commentatori Gesù rappresenta una maschilità alquanto fuori dagli schemi: è “un Gesù queer testimone di un Dio queer”. I commenti all’Antico Testamento, oltre a presentare una caratteristica che ritroveremo poi in tutto il volume, cioè grande attenzione al corpo e tendenza a considerare potenzialmente queer tutti i perseguitati, riservano vere e proprie sorprese. Non è facile accettare una visione omosessuale di patriarchi come Abramo e Giacobbe, e addirittura vedere Giuseppe presentato come una drag queen, ovviamente amante di Potifar piuttosto che molestato da sua moglie. Eravamo abituati, e anche pronti, a sospettare che la relazione fra Davide e Gionata fosse omosessuale, ma non a vedere i fondatori del patriarcato diventare gay.

  

Ma non è solo questa interpretazione a spiazzarci: Sodoma, da cui come ben si sa deriva la definizione di sodomiti, viene invece considerata una città di peccato solo perché ha rifiutato il dovere di ospitalità. Il sesso non c’entrava per niente nella sua condanna, c’è stato un malinteso. Dove invece il sesso entra, e invade il testo, cioè nel Cantico dei cantici, il giudizio del commentatore sorprende: “Personalmente, dopo averlo letto più volte, penso che sia un po’ noioso” scrive all’inizio, e bolla come paragoni offensivi quelli dell’amante, in particolare il famoso “sono scura ma bella”. Lo confronta poi con il testo della canzone di Madonna Like a Prayer, che evidentemente gli piace molto di più del Cantico, ma comunque “non si può screditare del tutto il suo tono sensuale e sessuale”. E continua: “Quindi, anche se chi legge oggi questi testi potrebbe provare un po’ di noia a causa di tutti gli strani riferimenti e di alcune espressioni e prospettive discutibili, e anche di alcune romanticherie nel modo più tipico dell’eteropatriarcato, c’è abbastanza materiale con cui confrontarsi in termini di identità queer”. Se con il Cantico è stato difficile vincere la noia, e soprattutto il fastidio per paragoni non appropriati, scopriamo con stupore che con i Salmi la via all’interpretazione queer appare più facile: il salmo 25 “manifesta il desiderio dello sguardo divino, il desiderio del corpo di Dio”, mentre “versetti densi, carichi di omoerotismo passano generalmente in secondo piano perché chi li legge generalmente non vi cerca toni erotici”, e il salmo 84 viene considerato la narrazione di “una cotta per Dio”. In sostanza, tutto il rapporto di amore e di aspirazione all’incontro con Dio presente nei Salmi viene letto come una tensione erotica omosessuale fra il cantore e la divinità, un desiderio maschio-maschio.

 
Più in generale, viene ribadito che tutte le volte che si verificano ingiustizie, che ci sono delle vittime, si tratta di un’esperienza queer, perché i queer sono stati sempre massacrati, disprezzati. Questo taglio interpretativo un po’ schematico viene ribadito all’inizio del commento al Nuovo Testamento: “Uso il termine queer in una accezione inclusiva per riferirmi a tutti coloro che sono svantaggiati in un mondo eteronormativo, sia che siano in dubbio o non si adattino ad alcuna di queste definizioni. In questa linea, la parola queer favorisce la diversità grazie al suo significato impreciso e difficile da definire”. Così, “rendere queer un testo significa renderlo insolito e non normativo, scuoterlo e vedere come potrebbe essere configurato”. La nascita di Gesù, con la sua irregolarità rispetto alla tradizione patriarcale, è queer, e Giuseppe, non facendo ciò che la società si aspetta da lui, può essere un modello per le persone queer che vivono un cammino di fede e che, seguendo le direttive di Dio, scelgono di agire in contrasto con le richieste della società, sposandosi illecitamente, avendo figli in modi non tradizionali, formando famiglie elettive e non biologiche. Adesso è chiaro perché l’opera sia stata dedicata a Michela Murgia.Il massacro degli innocenti trova risonanze nella popolazione queer, che ha incontrato spesso umiliazioni, discriminazioni, torture fisiche ed emotive. Continuando di questo passo, non ci dobbiamo stupire di leggere che “nella Pasqua Dio ha reso queer Gesù nella sua solidarietà con noi fino la morte”.

 
In Gesù tutti i commentatori ravvisano tratti queer – non è sposato, critica spesso la famiglia patriarcale – e anche il termine ricorrente “moltitudini” per definire tutti coloro che stavano intorno a Gesù non è certo neutro, ma significa che non sono “identità sessuali diadiche: sono moltitudini”, cioè persone queer. Del resto, il centurione che prega per la salute del suo schiavo è chiaramente legato a lui da una relazione omoerotica, la samaritana è lesbica, i due viandanti di Emmaus sono due amanti. Maria ha partorito un bambino che renderà queer il mondo. I segni del resto sono evidenti: Gesù amava mangiare in compagnia e le feste, “le persone queer amano i brunch, i pasti e le feste”, l’ospitalità “è una virtù queer”. Gesù non solo era un maschio trasgressivo, come dimostra il suo amore per Lazzaro e poi per Giovanni, ma non viene raccontata nei vangeli l’umiliazione erotica che sicuramente ha subito da parte dei soldati romani durante la Passione. Gesù viene esposto al pubblico come un drag king, un maschio ebreo fallito, colonizzato, non istruito, contadino di genere non definito, di fronte al quale Pilato afferma la mascolinità romana. La lavanda dei piedi compiuta da Gesù è una purificazione simbolica dei genitali umani e il riconoscimento della benedizione e della purezza originaria della sessualità umana. La resistenza e l’allarme dimostrati da Pietro alla lavanda dei piedi rappresentano la paura maschilista-nazionalista della fluidità di genere e delle sue conseguenze. Anzi, c’è chi pensa che forse Gesù tenta di sedurre Pietro.

 
Passiamo agli Atti degli apostoli e alle epistole. La comunità che si raduna intorno a Giovanni è queer, mentre Paolo è un omosessuale represso. Lo tradiscono le relazioni con Timoteo ed Epafrodito, perché questa formazione di relazioni intime e familiari al di fuori dei confini della norma eteropatriarcale è un segno distintivo della comunità queer. Il testo più difficile da analizzare dal punto di vista queer è l’Apocalisse, in quanto sicuramente “omofobo e misogino perché prevede un mondo nuovo senza gay”. Nell’Apocalisse trionfa una perversa eteronormatività, al punto che, fa notare il commentatore, “stiamo scrivendo di un testo biblico nel quale Dio fa il terrorista”. Ma qualche possibilità queer ce l’ha pure l’Apocalisse: nel capitolo 11, ad accompagnare l’Agnello ci sono 144.000 uomini che cantano, un coro di uomini gay!

 
Troppo facile ironizzare su una tensione interpretativa ideologica e superficiale, che dimentica il contesto storico dei testi, che vede omosessuali dappertutto.

 

Lascio ai lettori del ponderoso volume la possibilità di confutarmi ritenendolo una straordinaria e nuova apertura interpretativa dei testi sacri. Mi dispiace solo per le ottime esegete femministe, perché ho paura che – così spesso evocate – vengano messe nel calderone della faciloneria di questa Bibbia, e non lo meritano. Ma mi stupisco veramente che la nuova editrice bolognese abbia investito tempo, denaro, fatica nella traduzione di quest’opera. Non mi sembra proprio che sia necessaria in questo momento di forte crisi della fede, di perdita del senso della vita, di riflessione sul mistero della morte.Si tratta di una superficiale azione di rinnovamento, poco credibile e veramente queer: nel senso che crea soprattutto confusione. È proprio questo quello di cui noi cattolici italiani, almeno i pochi rimasti, abbiamo bisogno? Ne dubito veramente. Temo sarà solo occasione di qualche risata per gli eccessi interpretativi a cui arriva. Proprio quello di cui non avevamo bisogno.

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