Uomo di sistema
Il banchiere umanista che aveva una chiara idea dell'Italia
Il ritratto definitivo di Raffaele Mattioli, figura irripetibile e oggi considerata mitica nella rappresentazione "del sistema". Un libro
In un bellissimo documentario degli anni Novanta che vede Giulio Einaudi protagonista con suo fratello Mario in visita alla casa paterna, il tema della crisi della casa editrice diviene un momento di discussione, seppur vergata da non poca disincantata ironia. Ed è a quel punto che Giulio Einaudi, spiegando la crisi del credito che aveva travolto la casa editrice, (anche a causa di un contesto generale di crisi) con un’espressione disarmata e con gli occhi color ghiaccio quasi lucidi dice: “E poi Raffaele Mattioli non c’era più”. E basterebbe questa frase a spiegare la centralità nel sistema italiano di una figura irripetibile e considerata oggi mitica come quella rappresentata da Raffaele Mattioli. Una frase che però non esaurisce un uomo che fu ovviamente molto altro. Infatti, più che un rappresentante illustre del sistema, Mattioli fu personaggio tra i primi in Italia che seppe comprendere la necessità di facilitare i processi, e per farlo seppe usare certamente la leva economica come finanziaria, ma pur sempre all’interno di un connubio in cui la fermezza si univa alla cura e non all’aggressività.
Tanto più in un Dopoguerra sì repubblicano, ma ancora fortemente implicato con il Ventennio, in cui si spacciava speculazione per necessità e urgenza per velocità. A illuminare la vita e l’opera di Raffaele Mattioli arriva nelle librerie una biografia straordinariamente accurata, frutto di anni di ricerche d’archivio e di testimonianze. "Raffaele Mattioli. Una biografia intellettuale" (il Mulino) di Francesca Pino è un libro tanto necessario quanto capace di offrire attraverso Mattioli un’idea di paese che oggi pare in parte rimossa, prima ancora che dimenticata. Un paese che seppe produrre un immaginario di sé originale e al tempo stesso solidissimo, un’idea consapevole dei propri limiti e possibilità. Non si può infatti comprendere l’eccezionalità di Raffaele Mattioli se non la si immerge in un contesto che aveva già al suo interno quei codici utili per plasmarla. Mattioli, nato in Abruzzo come Benedetto Croce e Silvio Spaventa, tra gli altri, e cresciuto in un contesto borghese vergato da un forte sentimento liberale d’impronta risorgimentale, fu colui che diede forma, insieme ad altre illustri figure del sud, all’idea di Milano che ancora oggi, pur con radicali e spesso non convincenti variazioni, è fortemente spendibile nel panorama economico e culturale nazionale e internazionale. Mattioli fu un promotore culturale, non un editore diretto, ma per l’appunto un facilitatore, colui il quale permise che le voci si moltiplicassero costruendo un dibattito e permettendo all’Italia un’emancipazione culturale diffusa e democratica.
Uomo di sistema poiché rese il sistema stesso più solido in ogni suo aspetto e non perché lo difese contro, ma perché lo difese a favore. Mattioli anticipò in sostanza quel sistema policentrico oggi più spesso richiamato come elemento necessario di crescita (economica e democratica). Gli diede forma, silenziosamente e sostanzialmente, rifuggendo da ogni apparenza. Non fu un uomo solo al comando, non fu un uomo della salvezza: fu un uomo del fare.