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La lista

I migliori libri del 2023 consigliati dal Foglio

Romanzi, saggi, tomi pesanti e pesi leggeri. Da Francesco I a Pavia nel 1525 alla Mosca del 2042, una rassegna di volumi imperdibili. Selezione fogliante da consigliare a parenti, amici e anche nemici

Redattori, collaboratori e amici del Foglio hanno selezionato uno o più titoli per una ideale lista di libri dell’anno. Buona lettura.

 

Jean Giono – "Il disastro di Pavia-1525: la sconfitta di Francesco I in Italia" (Edizione Settecolori)

Era venuto per ben due volte a Pavia, battuto la pianura zuppa e umida, uguale a quel 24 febbraio 1525. Aveva consultato memorie e resoconti. Da vero scrittore, Jean Giono non credeva al senso della storia appiccicato ex post. A Pavia l’ultimo re cavalleresco e romantico, Francesco I, fu sconfitto e fatto prigioniero da Carlo V, il primo imperatore–ragioniere. Fine di un mondo. Per Giono soprattutto l’ingresso caotico nella modernità violenta. "Non ci sono idee nella battaglia di Pavia", nulla a che fare con le nostre idee di politica e guerra. "La confusione deriva dal fatto che nessuno sa cosa deve fare; è quello che succede quando si è persuasi dell’inutilità di quello che si fa". Restano i ritratti, le morti e le  salvezze impreviste. Letteratura che spiega la storia, no storytelling. (Maurizio Crippa)

 

Vitaliano Brancati – "Diario romano" (Bompiani)

Non un libro del 2023, ma un libro letto nel 2023: il Diario romano di Vitaliano Brancati. Ecco il libro che vorrei consigliare ai nostri cari lettori con un intento presuntuosamente pedagogico. Perché secondo me un libro vale la pena di essere letto se ha sopravvissuto per almeno settant’anni. E il Diario di Brancati, nel mare vasto dell’editoria inutile, è ancora lì: più attuale che mai. Riflessioni, introspezioni, illuminazioni, politica, società e l’Italia così com’è ancora adesso. Pentita sempre, e cangiata mai. E quello del Diario, attenzione, non è il Brancati di Paolo il caldo e degli ingravida balconi, non è il Brancati che racconta l’ebollizione dei giovanotti che osservano le ragazze passeggiare su via Etnea a Catania, ma è il Brancati giornalista e osservatore, che fu fascista e poi pentito fino a maledire i suoi bellissimi e stupidi vent’anni. Più attuale che mai. E infatti ogni volta che ascoltiamo in televisione o sui social uno di quei tanti pappagalli spennati chiusi nelle gabbie della nostra politica, non fa che tornarci alla mente proprio una nota di questo Diario. Eccola: "Bisognerebbe che una fumata bianca si alzasse dal tetto di Montecitorio ogni volta che è un deputato sceglie lo humour invece della retorica". (Salvatore Merlo)

 

Bret Easton Ellis – "Le Schegge" (Einaudi)

Avvicinandosi ai sessant’anni Bret Ellis scrive il suo capolavoro, tornando dove ha cominciato, nella Los Angeles anni Ottanta, dove un ragazzino che ha il suo nome e la sua identità sta cominciando a scrivere un romanzo chiamato Meno di Zero. Attorno a lui il presepe della gioventù dorata e perduta che sistemerà al centro del suo folgorante debutto letterario, oggi rivista in un baluginare dove innocenza e perversione, delicatezza e ferocia, serial killer e griffes di lusso si mescolano in un caravanserraglio cupo e affascinante. Una festa mobile in moto perenne nell’infinita mappa della città del cinema, mentre risuona la soundtrack di pop elettronico che oggi somiglia a una danza di fantasmi. (Stefano Pistolini)

 


Daniela Vasta – "Omaggio al Gruppo 70 (1963–2023)" (De Luca Editori)

Col raccomandarvi la lettura di un catalogo d’arte curato da Daniela Vasta e appena edito dalla De Luca Editori, Omaggio al Gruppo 70 (1963-2023), intendo suggerirvi sì di gustare un lavoro editorialmente accurato e a suo modo insostituibile, ma soprattutto sollecitarvi a fare una visita alla romana Galleria d’Arte Moderna di via Francesco Crispi (diretta dalla Vasta) in occasione della mostra dedicata al Gruppo 70 che durerà sino al 5 maggio 2024. Credetemi è una mostra tanto piccola quanto intelligente e raffinata da non perdere. C'è che il Gruppo 70, capeggiato dal poeta visivo Lamberto Pignotti e animato da artisti speziati quali Eugenio Miccini, Ketty La Rocca, Luciano Ori, Michele Perfetti, è stato uno degli ultimi gruppi dell’avanguardia italiana del secondo dopoguerra. Affascinantissime quelle loro opere dov’è inesausto il montaggio a dissacrare le immagini della comunicazione di massa da cui noi tutti siamo nutriti. (Giampiero Mughini)

 

Jean Cocteau – "Diario di uno sconosciuto" (Occam)

Classicista spettrale e fatuo, o Racine post–freudiano, Jean Cocteau fu soprattutto un aforista. Lo conferma il Diario di uno sconosciuto (1953) proposto dall’editore Occam a cura di Flavio Santi. Qui Cocteau spiega con economia mirabile gli equivoci su cui si basa la ricezione dei capolavori estetici. "Il bello è sempre il risultato di un incidente" scrive. "Disorienta, disgusta". Ma poi ci si fa l’abitudine, e allora "l’incidente smetterà di essere tale": diventerà un classico, perdendo così "la sua capacità di shockare". Dunque un’opera "non è mai capita. È accettata". Anche dove (s)parla degli amici, o formula diagnosi sulla civiltà, l’autore si serve di un paradigma da cronaca nera o giudiziaria. Ecco un viatico per il 2024: “Si è giudici o imputati. Il giudice sta seduto. L’imputato sta in piedi. Vivere in piedi”. (Matteo Marchesini)

 

Martin Amis – "La storia da dentro" (Einaudi)

Si sa, leggere Martin Amis – ed è accaduto ovviamente anche nel caso del suo ultimo, bellissimo, La storia da dentro – significa mettersi a uggiolare ogni due pagine. Si uggiola per la bellezza, per il respiro della pagina, per lo spartito, per l’intelligenza dello sguardo e di una scrittura che, letteralmente, dà al mondo una seconda chance, di maggior vividezza e fertilità, rigenerandolo dentro un linguaggio così potente da essere irreversibile – dopo un libro di Martin Amis non si torna indietro, son tutte minestrine valérieperriniste. Seicentocinquantasette pagine e trecentoventinove uggiolii, per il punto più alto di un’idea di letteratura che guarda negli occhi la vita e la morte. (Marco Archetti)

 

Fernanda Rossini – "John Steinbeck. Voce inquieta del sogno americano" (Edizioni Ares)

Non avevo mai letto nulla di John Steinbeck. La scorsa primavera, capitando per lavoro alla presentazione di un libro che parlava di tutt’altro, uno dei relatori citò un passo della Valle dell’Eden. Mi colpì, tant’è che misi nella lista delle letture corpose estive quella che Steinbeck definì la sua opera migliore e più significativa. Un capolavoro di 762 pagine nell’edizione Bompiani che meriterebbe d’essere letto, spiegato e riletto ovunque, dai licei ai circoli di lettura pomeridiani. "Timshel – tu puoi – è forse la parola più importante del mondo. Quella che dice che la strada è aperta. Quella che ributta la cosa sull’uomo". Il destino ha voluto che le Edizioni Ares abbiano mandato in libreria la prima biografia in Italia di Steinbeck, l’uomo che ha raccontato con lucido realismo le contraddizioni dell’America, più attuali che mai. A firmarla è la garanzia Fernanda Rossini, che concentra la sua attenzione su Steinbeck uomo, sulla sua vita fatta di sogni, errori e tante occasioni mancate. (Matteo Matzuzzi)

 

Ian Fleming – "Thrilling Cities" (La nave di Teseo)

Propongo il libro che sto leggendo ora, Thrilling Cities di Ian Fleming (La nave di Teseo). Serve a ricordare l’epoca gloriosa della libertà di espressione. Della libertà di espressione e della libertà in generale. È la prima traduzione completa di tredici articoli scritti nel 1959–60 per il "Sunday Times" dall’inventore di James Bond: tredici articoli di viaggio. "Beirut è una città di ladri". "L’Italia è un paese di ignoranti", "L’India mi ha sempre depresso. Non riesco a reggerne la sporcizia e lo squallore generali. E le manifestazioni esteriori delle due grandi religioni indiane mi fanno cadere le braccia", e via così. Frasi oggi impubblicabili, dunque particolarmente preziose. A pagina 19 Fleming fuma in aereo, a pagina 275 consiglia un sistema per vincere alla roulette: cosa volere di più? (Camillo Langone)

 

Marcello Valente – "Breve storia del mondo antico in 25 esplorazioni" (Il Saggiatore)

Come notizie dalla fine del mondo, rispetto a quelle di oggi, preferisco i resoconti di viaggi che cercarono di spostare i confini dell’ignoto. Breve storia del mondo antico in 25 esplorazioni di Marcello Valente (Il Saggiatore) fa da antidoto ai nostri tempi cupi: eserciti cinesi che combattono falangi romane, mosaici con ananas importati da commercianti avveniristi, cartaginesi che scoprono l’America andando a pesca di tonni nel mar dei Sargassi, groenlandesi che scoprono l’Europa e vengono presi prigionieri dai barbari, sciamani greci nella steppa russa… Tutto diverso dal mondo che ci siamo raccontato; a riprova di come, se non abbiamo capito quello antico, non c’è speranza con quello contemporaneo. (Antonio Gurrado)

 

Pierpaolo Donati – "Alterità. Sul confine fra l’io e l’altro" (Città Nuova)

Non c’è esperienza più ordinaria di quella che facciamo con l’alterità, vuoi che si tratti di un oggetto qualsiasi, del gatto o degli "altri". con i quali intrecciamo le nostre vite; eppure facciamo fatica a tematizzarla in modo adeguato. Per questo trovo importante il libro che Pierpaolo Donati ha dedicato di recente all’alterità degli "altri": Alterità. Sul confine fra l’io e l’altro (Città Nuova 2023). Nell’incontro con l’altro, questo un po’ il succo del libro, la questione fondamentale non è tanto chi sei tu, oppure chi sono io, bensì chi sono io per te e chi sei tu per me; una questione che in senso proprio non riguarda l’io né il tu, bensì la loro relazione. L’alterità come relazione dunque. Prendiamoci cura di questa relazione se vogliamo uscire dalle gabbie autoreferenziali nelle quali ci stiamo imprigionando con le nostre stesse mani. Mi sembra un bel messaggio di cui far tesoro. (Sergio Belardinelli)

 

Herbert Clyde Lewis – "Gentiluomo in mare" (Adelphi)

"Si impara dai libri, non dalla vita". La lezione è in "Detour", un noir di serie B diretto da Edgar G. Ulmer (era il 1945, esistevano film di 67 minuti e due personaggi, tre con il filo del telefono). Mr Standish, l’eroe di Gentiluomo in mare sarebbe d’accordo. Invece il poveretto scivola su una macchia d’unto, mentre il piroscafo va verso il canale di Panama, e finisce in mare. Siccome è un gentiluomo, urlare sarebbe sgarbato e comunque gli riesce difficile. Spera che si accorgeranno della sua assenza, perlomeno dall’uovo che ordinava ogni mattina a colazione. Invece no. La nave si allontana sempre di più. E lui è vestito di tutto punto. Herbert Clyde Lewis scrive, Marco Rossari traduce. Un gioiello da mettere obbligatorio nelle scuole di scrittura – se lo capissero. (Mariarosa Mancuso)

 

Egidio Ivetic – "Il grande racconto del Mediterraneo" (Il Mulino)

È stato pubblicato dal Mulino un anno fa, a novembre del 2022, quindi sono leggermente fuori tempo, ma non credo di essere fuori tema, anzi, è un libro più che mai attuale. Del resto, con le sue 384 pagine e 260 immagini, non è un volumetto da comodino che si sfoglia in una notte insonne. S’intitola Il grande racconto del Mediterraneo ed è stato scritto da Egidio Ivetic, docente di Storia dell’Europa orientale all’università di Padova, un accademico con tutti i crismi, ma con il talento di un narratore. Sull’onda di Fernand Braudel (Il Mediterraneo è stato pubblicato da Bompiani nel 2017), Ivetic ci porta di sponda in sponda, di mito in mito, di storie in storie, dentro lo spazio di un’unica grande storia. Da millenni tutto qui confluisce, guerre e convivenze, invasioni e diaspore, scambi di saperi e conflitti di civiltà. Esattamente come sta accadendo anche oggi. Ma troppo spesso proprio noi mediterranei non ce ne rendiamo conto. (Stefano Cingolani)

 

Murray N. Rothbard – "Contro l’egalitarismo" (Liberilibri)

Si confonde spesso ciò che è “bene” con i buoni sentimenti. E allora proprio a Natale, festa dei buoni sentimenti per eccellenza, si rende più che mai necessario regalarsi e regalare un libro "contro". Se il titolo, Contro l’egalitarismo, può suonare tutt’altro che benevolo, contiene invece il "bene" più importante: una potente, razionale e divertente difesa della unicità di ogni individuo. L’autore, Murray N. Rothbard, mostra i limiti e rischi dell’ossessione egalitaria, difende la costitutiva disuguaglianza tra esseri umani come base della libertà e annuncia la trasformazione della sinistra maniaca della cancellazione delle differenze in fanatico movimentismo ecologista. Una celebrazione dell’individualismo e una difesa poderosa della libertà come unico vero "bene comune". (Michele Silenzi)

 

Carlo Nordio – "La stagione dell’indulgenza e i suoi frutti avvelenati" (Guerini e Associati)

Il suggerimento di lettura è rivolto a tutti, ma soprattutto allo stesso autore, che nel frattempo è diventato ministro della Giustizia, dimenticandosi però evidentemente delle proposte liberali avanzate nel testo. Il libro analizza i principali mali della giustizia penale italiana (l’irragionevole durata dei processi, l’abuso della custodia cautelare in carcere e delle intercettazioni, il panpenalismo) per poi ipotizzare una serie di soluzioni: riforma del processo in senso accusatorio, separazione carriere, abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, abolizione del reato di abuso d’ufficio, depenalizzazione. Si può fare? Certo, scrive l’autore. Basterebbe "un governo che, al contrario dei precedenti intenzionati ad accontentare tutti, si proponga di non assecondare le pretese di nessuno. Provate a pensarci". Ecco, ci stiamo ancora pensando. (Ermes Antonucci)

 

Giovanni Battistuzzi - "Lance deve morire" (Mulatero)

Ci sono scrittori che scrivono per cambiare le cose, perché pieni di coscienza guerrigliera; altri che scrivono per fare la storia, perché convinti di essere portatori di un nuovo modo di scrivere, di qualcosa di innovativo da dire. Io che sono una persona semplice scrivo perché bevo, o bevo perché scrivo, non l’ho mai capito. Quindi, a Natale, regalate Lance deve morire, che l’ho scritto io ed è un romanzo che gira attorno alla vita di Lance Armstrong. Tranquilli non è una biografia e con il ciclismo c’entra fino a un certo punto. Prometto che berrò alla vostra salute. (Giovanni Battistuzzi)

 

Maurizio Scarpari – "La Cina al centro. Ideologia imperiale e disordine mondiale" (Mulino)

La saggistica sulla Repubblica popolare cinese sta diventando sconfinata, anche in italiano – con risultati più o meno dignitosi. Quest’anno tra i diversi volumi interessanti, il must read è quello del sinologo Maurizio Scarpari, pubblicato dal Mulino: La Cina al centro. Ideologia imperiale e disordine mondiale. Scarpari, che per più di trent’anni ha studiato e insegnato Lingua e letteratura cinese classica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, usa il metodo del classicista per capire come funziona la Cina sotto la leadership di Xi Jinping. È un esercizio fondamentale per interpretarne mosse e decisioni, e ambizioni egemoniche. Scarpari è uno dei rarissimi accademici che in Italia ha la capacità, e la carriera, di spiegarci la Cina. (Giulia Pompili)

 

Jonathan Rosen – "The Best Minds: A Story of Friendship, Madness, and the Tragedy of Good Intentions" (Penguin Press)

Fin dall’inizio si sa che The Best Minds di Jonathan Rosen finisce male, ma fino all’ultimo si spera che questa "storia di amicizia, di follia e della tragedia delle buone intenzioni" possa avere una svolta inattesa, salvifica. Non c’è. Rosen racconta il suo primo incontro con Michael Laudor: erano per strada, forse Michael aveva una palla da basket – ancora oggi Rosen, se ne sente rimbalzare una, pensa a quel momento – forse un libro: non importa, erano due bambini di dieci anni, sarebbero cresciuti insieme, Michael più brillante, più coraggioso, più spregiudicato – vite  parallele di rincorse e separazioni in quel misto di competizione e riconoscenza e fedeltà di cui sono fatte le amicizie. Ma Michael è schizofrenico, sente le voci, pensa che Hitler lo stia inseguendo, vede il sangue dove non c’è, il fuoco dove non c’è, finisce in una clinica psichiatrica, riesce a curarsi, ne emerge con la determinazione a scrivere un libro sulla guarigione – la salvezza e la ripartenza: il sogno americano – Ron Howard compra i diritti, Brad Pitt viene scelto per impersonarlo, poi Michael ammazza la fidanzata incinta e diventa soltanto "Psycho". Michael è chiuso in una clinica da 25 anni, non ricorda di aver ucciso la persona che più amava al mondo. Rosen si chiede, ci chiede: perché non abbiamo visto i segnali? Perché ci siamo illusi che Michael fosse guarito assecondando le sue, di illusioni? Perché il luccichio del successo ha infine il sopravvento sulla necessità di prendersi cura di sé e degli altri? E quali sono i limiti di un’amicizia, non sono stato amico abbastanza o forse lo sono stato troppo, e troppo ben intenzionato? Ci sono delle risposte, non tutte. (Paola Peduzzi)

 

Vladimir Vojnovic – "Mosca 2042" (Dalai Editore) 

Non serve un saggio per capire il futuro, la letteratura sa fare di meglio, è capace di premonizioni, soprattutto in Russia, dove i conti non tornano mai. Nel 1982 uno scrittore sovietico viene a sapere che esiste un’agenzia che organizza viaggi nel tempo: direzione futuro. È un dissidente e vuole capire se l’unione sovietica sarà ancora in piedi nel XXI secolo. Sbarca nel 2042 e la ritrova ancora lì, governata da un leader nuovo, geniale vincitore di una nuova rivoluzione. Governa da una Mosca diventata una nuova repubblica. Il leader è vorace, multiforme, riesuma la fede laddove la politica non basta più. Ha attorno a sé un circolo ristretto, che lo protegge dalla realtà, tanto che pare che anche lui, il genialissimo, viaggi nel tempo, ma con direzione passato. L’autore, Vladimir Vojnovic, nato a Dušanbe nel 1932 e morto a Mosca nel 2018, ha vissuto tanta della storia dell’Urss, l’ha percorsa senza viaggi nel tempo, e in testa, quando scrisse il suo romanzo, aveva Leonid Breznev. Non poteva sapere che il genialissimo leader del suo Mosca 2042 si sarebbe invece avvicinato di più alle sembianze di Vladimir Putin. (Micol Flammini)

 

Deirdre McCloskey – "Il liberalismo funziona" (IBL libri)

Le librerie, specialmente nella saggistica, sono piene di volumi pessimistici. Sia perché da un lato descrivono l’assedio alla democrazia liberale e alla società aperta da parte dei populisti di ogni risma e latitudine, conservatori e progressisti, dall’America all’Asia passando per l’Europa. Sia perché dall’altro lato annunciano, con toni a volte compiaciuti e a volte apocalittici, il collasso del sistema capitalistico sotto il peso delle disuguaglianze o dell’inquinamento. Il liberalismo funziona (IBL libri) di Deirdre McCloskey, storica dell’economica autrice della fondamentale trilogia sulla Borghesia, invece è un libro ottimista. Non solo perché fornisce gli elementi storici per apprezzare il successo del tanto bistrattato "capitalismo": il fenomeno che in duecento anni ha fatto aumentare il reddito dei poveri del 3 mila per cento. Ma anche perché fornisce gli elementi intellettuali per capire che lo Humane liberalism di Adam Smith è ancora il sistema migliore per garantire benessere, libertà e giustizia anche nel futuro. (Luciano Capone)

 

Guido Ceronetti – "I Salmi" (Adelphi)

Poco importa se si creda o meno in qualcosa di oltre. In sobbalzi e singhiozzi che possono sembrare perfino schizofrenici, la lode che chiama a raccolta lingue di fuoco, animali che si accoppiano, i profili aguzzi delle montagne è seguita dal lamento perché nessuno ci vede, dall’imprecazione a sentirsi un coccio rotto con cui grattarsi le piaghe, circondati dal mormorio di nemici e adulatori. Dio è di volta in volta rupe, un pugno sferrato alla mascella che fa saltare i denti, una fitta alle viscere. Qualunque interrogativo o emozione prema sotto la superficie di altre passioni più vistose e scialbe, qui trova spazio per risuonare. Domande che paiono senza risposta e non sono per questo meno vitali, ringraziare o insultare nell’unica direzione ove le due cose possono fondersi. (Edoardo Rialti)

 

Ahron Bregman – "La vittoria maledetta" (Einaudi)

È la storia di un riscatto che supera di molto le aspettative del riscattato. È il diario sia intimissimo sia politico della vittoria israeliana nella guerra dei sei giorni, di un’euforia collettiva e di una dimostrazione di potenza che aveva spiazzato vinti e vincitori. Da leggere o rileggere adesso per gli aneddoti e per i dettagli nelle pieghe, per le cose piccole che dicono tutto. C’è Moshe Dayan immobilizzato per un incidente che concede a qualche religioso un po’ fanatico di andare a celebrare Pesach nella città santa di Hebron, nella Cisgiordania appena conquistata, con la promessa di non rimanere lì più di un giorno. Ma la mattina dopo il capitano di stanza chiama: "Capo, si sono presentati con le lavatrici e i frigoriferi!". Dayan impreca. Quelli con i frigoriferi saranno i primi e resteranno per sempre.
C’è Dayan e c’è Yitzhak Rabin. I generali di sinistra che hanno stravinto e poi si sono spaccati la testa tra "occupazioni invisibili" e paci impossibili. Dayan legge i diari di Henry Kissinger sul Vietman e lo trova cinico e un po’ razzista. Lui si sente migliore, lui non vuole cambiare "gli arabi", non vuole esportare la democrazia, non vuole "insegnare loro a giocare a baseball". Finirà malissimo. (Cecilia Sala)

 

Sebastian Edwards – "The Chile Project: The Story of the Chicago Boys and the Downfall of Neoliberalism" (Princeton University Press)

Il passar del tempo dovrebbe restituire un po’ di lucidità, ma non sempre è così. Chi fa un uso politico della storia è abituato a distinguere il comprendere dal giustificare, ma solo quando gli fa comodo. L’anniversario del golpe di Pinochet è servito per condannare quell’insieme di riforme su cui pesa il marchio d’infamia del "neoliberismo". Sarebbe stato più interessante, forse pure per chi il liberismo – paleo o neo – legittimamente lo disapprova con tutto se stesso, chiedersi perché si resero necessarie; quali furono i loro effetti; in che misura ebbero bisogno di un governo come quello per essere attuate. Per fortuna lo ha fatto Sebastian Edwards, allievo di Al Harberger, l’economista che l’avrebbe meritato ma non ebbe ma il Nobel perché mentore di troppi colleghi cileni, ma anche esponente di una famiglia che non aveva in simpatia il regime e infatti lo fece espatriare. Una prospettiva equilibrata, un libro meditato. (Alberto Mingardi)

 

Douglas Murray – "Guerra all’occidente" (Guerini e Associati)

Le presidenti di Harvard, della Penn e del Mit al Congresso. "Si può invocare il genocidio degli ebrei? Dipende". Sanzionerete gli studenti che invocano il genocidio degli ebrei? "Dipende". Sono parte dello stesso milieu accademico di Harvard che, al posto di "femmina", vorrebbe che dicessimo "produttrice di ovociti" e chi non si adegua deve finire all’indice. Siamo al crocevia della decadenza occidentale. Il nostro caro buon vecchio mondo che ci è diventato estraneo. Attivisti Lgbt pro Gaza, ecologisti pro Gaza, teorici del gender pro Gaza, intellettuali progressisti pro Gaza, femministe pro Gaza… Douglas Murray in Guerra all’occidente ci aiuta a capire come siamo finiti in questo delirio patetico. Ci porta nelle trincee della nuova guerra all’occidente da parte dell’occidente avariato e che non si combatte con gli eserciti, ma la cultura. Una guerra che non finirà con dei vincitori e dei vinti, ma soltanto vinti. (Giulio Meotti)

 

Jeremy Eichler – "L’eco del tempo" (Marsilio)

Un racconto appassionante su un tema che lo è almeno altrettanto: il ruolo svolto dalla musica come "storiografia inconsapevole", la sua capacità di far sentire il riverbero di un’epoca e qui, in particolare, che epoca: il cuore di tenebra del Novecento, la guerra e la Shoah. Il mio libro da salvare del 2023 è "L’eco del tempo" di Jeremy Eichler (Marsilio), che narra le vicende di quattro compositori massimi del secolo scorso – Strauss, Schönberg, Britten, Shostakovich – e di un’opera significativa di ciascuno nel perimetro della "musica della memoria", con suggestive digressioni complementari nella "memoria della musica" (leggere le pagine dedicate all’emancipazione ebraica nell’Ottocento tedesco, a Mendelssohn e alla riscoperta di Bach). Ma da ognuna delle opere prese in esame, da ognuna delle quattro biografie si dipana – sul modello di Sebald – un’affascinante rete di relazioni e di connessioni per cui in questa storia entrano anche Benjamin, Zweig, Grossman (il Grossman di Vita e destino e pure de L’Ucraina senza ebrei) e luoghi e quel che resta della quercia di Goethe e della cattedrale di Coventry o di un palazzo della viennese Pyrkergasse. Memorie, utili anche nel 2024.

 

P.s. Se quello di Eichler come racconto non bastasse, se il libro del 2023 da salvare fosse anche da regalare, a beneficio di un destinatario che sappia cogliere con entusiasmo le sfide di lettura, ecco un romanzo a pieno titolo: I libri di Jacub di Olga Tokarczuk, premio Nobel per la Letteratura 2018: mille e più pagine, numerate all’incontrario, di "Memoriale per i saggi, riflessione per i compatrioti, istruzione per i laici e svago per i malinconici", dice l’ampio sottotitolo, e non è tutto. (Roberto Raja)

 

Simon Sebag Montefiore – "Mondo. Una storia famigliare" (Mondadori)

È un grande libro ed è così grande che non l’ho letto. Il titolo è il Mondo. Una storia famigliare (Mondadori). L’autore è Simon Sebag Montefiore e segnalarlo non è un imbroglio. Ne leggo dieci pagine al giorno dato che trasportarlo è un’idea impraticabile. È lungo 1.356 pagine, pesa più di un kg. Non è forse la lettura incompiuta la più desiderata? L’opera è ambiziosa. Il mondo raccontato attraverso le famiglie, le dinastie dalle origini a oggi. Dai Sasanidi ai tedeschi Krupp. Appartiene alla categoria dei libri impossibili, quelli che vi accompagneranno a ogni trasloco, fino alla fine del mondo. Finire di leggerlo, questa sì, sarebbe l’Apocalisse. (Carmelo Caruso)

 

Emanuele Coen – "La figlia del Vesuvio" (Sem)

Un viaggio all’indietro nel tempo che diventa finestra sul futuro, attraverso la storia vera e romanzata di Elvira Notari, prima donna regista del cinema italiano. Elvira costruisce il suo successo nazionale e internazionale alla testa di una piccola casa di produzione di film muti, sceneggiate dalla trama romantico–grandguignolesca, accompagnate da canzoni e musica nelle strade della Napoli d’inizio Novecento, una piccola America che a sua volta guarda all’America, lungo le banchine di un porto affollato di sogni e delusioni. C’è tutto, in questa storia: il Bildungsroman di una ragazza che parte da Salerno con l’idea di disegnare cappelli, finendo per costruire la sua fortuna colorando pellicole in quel di Napoli; e il romanzo corale di una famiglia–impresa, quella di Elvira e del marito Nicola, antitesi dell’uomo cosiddetto "patriarcale". Sullo sfondo la nascita dell’industria cinematografica, la ferocia della concorrenza dopo l’avvento del sonoro, e i titoli di coda sotto censura, con l’ascesa del fascismo. (Ora il libro è diventato anche spettacolo di letture e musica in giro per l’Italia). (Marianna Rizzini)

 

Domenico Rosa – "Di morte d’amore" (Tabula Fati)

L’autore è uno scrigno di vite. Ora è un missionario del Sacro cuore e cerca Cristo tutti i giorni, prima andava a caccia di notizie rovistando nella cronaca nera. Domenico Rosa, frate Domenico, è giornalista e scrittore. Nel 2023 è uscita la sua ultima gioia letteraria. Si chiama "Di morte, d’amore racconti dal profondo" (Tabula Fati). Un divertente, ma non banale, zigzagare nelle storie e nelle passioni degli uomini. C'è molta città in controluce, rumori e colori. Niente male per chi adesso contempla il mondo da un piccolo convento in provincia di Rieti. (Simone Canettieri)   

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