Ottant'anni dopo
Rubati dai nazisti gli Schiele di Grünbaum tornano a casa
Alcune opere d'arte rubate al cabarettista e collezionista d'arte ebreo durante l'Olocausto sono state restituite ai suoi eredi dal procuratore di Manhattan. Ma non tutte
Fritz Grünbaum, ebreo moravo, nei primi anni del Novecento diventò un cabarettista di successo. Scriveva libretti e spettacoli, fece anche da sceneggiatore e da attore per alcuni film, gestiva locali di cabaret prima a Vienna e poi a Berlino dove, con il crescere della cultura nazional-socialista, iniziava anche a inserire battute e sketch politici. Grünbaum fu anche un grande collezionista di opere d’arte, in particolare di modernisti austriaci. Si parla di circa quattrocento opere tra cui 81 tra quadri e disegni di Egon Schiele. Con Hitler al potere Grünbaum lasciò la Germania tornando a Vienna e, quando i nazisti si presero l’Austria cercò, invano, di fuggire in Cecoslovacchia. Quindi fu catturato e mandato a Dachau dove organizzò alcuni spettacoli per gli altri prigionieri e, i primi giorni del 1941, morì. La moglie Lilly Herzl sopravvisse poco di più, morendo poi in un campo di sterminio in Bielorussia.
I nazisti avevano diviso in due categorie le opere d’arte di valore, quelle degenerate e quelle che rispecchiavano la bellezza di cui il Terzo Reich si faceva interprete (su questo va segnalato il libro di Frederic Spotts, “Hitler il potere dell’estetica”, Johan & Levi). Quelle apprezzate dai gerarchi finivano nei musei, e alcuni anche nelle loro case, Hermann Göring, bulimico parvenu dell’arte, ad esempio si era fatto costruire una galleria nella casa di montagna dove tenere i Rubens rubati ai Rothschild. Hitler, nella sua maniacalità, aveva in mente un grande museo a Linz, la sua città natale, dove tenere le migliori opere rubate in giro per l’Europa. Quelle degenerate, opere surrealiste, espressioniste, invece non potevano finire nel Führermuseum, e non venivano certo bruciate, a differenza dei meno preziosi libri, ma venivano vendute per finanziare il partito.
Gran parte delle opere che i nazisti portarono via a Grünbaum non sono stati identificate. Alcune sì, e gli eredi da decenni provano a riaverle indietro. Con orgoglio, a metà settembre il procuratore di Manhattan Alvin Bragg ha consegnato quadri e disegni di Schiele ai pronipoti di Grünbaum. Si tratta dello stesso Bragg che sta seguendo uno dei casi di incriminazione di Donald Trump, quello del caso che coinvolge l’attrice per adulti Stormy Daniels. Le opere di Schiele si trovavano al Moma, alla Morgan Library, al Santa Barbara Museum of Art e nelle collezioni di Serge Sabarsky e di Ronald S Lauder. Altri tre musei, l’Art Institute di Chicago, il Carnegie di Pittsburgh e l’Allen Memorial dell’Oberlin College, secondo il procuratore sarebbero in possesso di opere che appartenevano al cabarettista ma stanno facendo resistenza, e sono in corso delle cause. Ma intanto, di fronte alle sette opere esposte nel tribunale di New York, uno degli eredi, Timothy Reif, ha ringraziato gli investigatori dicendo che “il recupero di queste opere ci ricorda di nuovo come il più grande omicidio di massa della storia abbia a lungo celato il più grande furto di massa della storia”. Per loro volontà almeno sei dei lavori del disegnatore austriaco verranno messi all’asta da Christie’s e i soldi saranno usati per ricordare e celebrare Fritz Grünbaum e creare delle borse di studio per giovani musicisti. Le opere sono state valutate tra i 780mila dollari e i due milioni e mezzo.
In parallelo con la crescente ondata di richieste di restituzioni legate a più antichi colonialismi – statue africane, vasi cinesi e pezzi del Partenone – la riconsegna degli Schiele serve a ricordare che gli effetti dell’organizzata furia nazista continuano ad avere delle ripercussioni, e che dietro ad alcune opere che guardiamo ammirati nei musei d’arte ci sono le storie di ebrei trascinati a Dachau.