l'Intervista
Edith Bruck: una vita a raccontare. Ora, il ritorno dell'antisemitismo a sfregiare la Memoria
La vergogna di una manifestazione contro Israele il 27 gennaio, per equiparare il dramma dei morti a Gaza allo sterminio nazista. Lo sfregio a Primo Levi e il silenzio da sinistra dopo il 7 ottobre. E la speranza che arriva dal lavoro nelle scuole. “Non è tutto vano”
Ora vanno all’assalto del calendario civile che ricorda di non dimenticare la Shoah, gli studenti palestinesi che convocano una manifestazione contro Israele il 27 gennaio, Giorno della memoria, al fine implicito di trasformare i figli degli ebrei sopravvissuti allo sterminio del Novecento in carnefici degli anni Duemila. “Scegliere una giornata come questa per equiparare il dramma dei morti nella guerra di Gaza a uno sterminio programmato scientificamente, a freddo, contro un intero popolo, uomini, donne e bambini colpevoli soltanto di essere ebrei, è uno sfregio”, dice Edith Bruck, scrittrice ungherese naturalizzata italiana, sopravvissuta alla deportazione nei campi di sterminio di Auschwitz, Dachau e Bergen-Belsen. Dal 1959, Bruck testimonia cosa sia stato l’Olocausto scrivendo libri e raccontandolo nelle scuole e nelle Università dove la invitano a parlarne. Il suo ultimo volume, appena uscito per La Nave di Teseo, I frutti della memoria, fa il bilancio di questo lavoro nelle scuole, durato una vita. “Non è stato tutto vano”, dice, benché, dopo il pogrom del 7 ottobre, abbia visto crescere, anche in Italia, “uno tsunami di antisemitismo” che l’ha ferita.
Lo sfregio nello sfregio della manifestazione di sabato, a cui ha aderito una costellazione di gruppi della sinistra radicale, è che come accusatore degli ebrei vivi è stato chiamato il narratore italiano che più di tutti ha saputo raccontare gli ebrei morti nello sterminio del secolo scorso, ovvero Primo Levi, la cui frase sulla necessità di conoscere quel che è successo, perché non accada di nuovo, è sul manifesto che invita a scendere tutti in piazza per “fermare il genocidio del popolo palestinese”. “Sono stata amica di Primo Levi a lungo” ricorda Bruck. “Ho ancora in mente l’ultima telefonata che gli feci quattro giorni prima che si suicidasse. Se sapesse quello che gli stanno facendo oggi, povero Primo Levi: citato non per far capire, ma per colpire. Lui che è vissuto cementato dentro la memoria dell’Olocausto per comprenderne fino in fondo le dinamiche. Strumentalizzato così. E’ terribile”.
Dice Edith Bruck che, insieme alle accuse di genocidio rivolte a Israele di fronte alla Corte internazionale dell’Aia, questa manifestazione è una delle cose “più dolorose” a cui le è capitato di assistere. Non si capacita che si ignori la differenza essenziale tra quello che sta succedendo a Gaza e quello che è successo agli ebrei perseguitati dai nazisti e dai fascisti. “Nella Striscia di Gaza è in corso una guerra sanguinosa, per la quale ogni giorno provo pena. Ma pur con tutte le sofferenze che una guerra procura, e che mi ripugnano, una guerra non è paragonabile allo sterminio programmato di un popolo che non era in conflitto con nessuno, che viveva in pace nelle sue città, nelle sue case, prima che decidessero di eliminarlo sistematicamente, per il solo fatto di esistere”.
Edith Bruck si rammarica che di fronte all’esplicita volontà di sterminio proclamata da Hamas, e alla riesplosione dell’antisemitismo in Europa, non abbia sentito al proprio fianco la presenza decisa della sinistra. “E’ triste dover essere difesi da Meloni e Salvini. Quella è la posizione naturale della sinistra. Che dovrebbe sapere, meglio della destra, cosa significhi ridurre di nuovo ogni ebreo al gruppo a cui appartiene, cancellarlo in quanto individuo”. La spiegazione che si dà di questa volontà di sfregiare la memoria, che sarà urlata in corteo sabato, è in parte l’ignoranza (“forse non conoscono bene quello che è accaduto”) e in parte è l’odio (“i palestinesi sono stati educati a detestare gli ebrei, dal primo all’ultimo, fin dal 1948”). Sarebbe un errore però impedirgli di scendere in piazza. “Farebbe solo il loro gioco”. Anzi, dovesse trovarseli di fronte, gli studenti palestinesi che hanno convocato la manifestazione di sabato, Bruck farebbe quello che ha sempre fatto in tutti questi anni. “Gli racconterei la mia storia. Null’altro che questo”. Con la speranza che non la usino contro di lei.