l'editoriale dell'elefantino
Le altre verità a Sanremo che scandalizzano
Sul relativismo e sulla “società delle formiche”, ma soprattutto sul potere della donna tentatrice. Appunti per un monologo a specchio rispetto a quello esposto magistralmente da Teresa Mannino, artista vera
Teresa Mannino è incantevole, incantevole il suo sorriso occhialuto, la sua disinvoltura non relativizzabile, assoluta, con agio e finta leggerezza (ma anche vera) finalmente si ride, si pensicchia, un monologo intenso e giocondo e breve con tutte le vocali sbagliate, neanche fosse il grande avvocato Grazia Volo, e tutte le idee antropologiche storiche paleontologiche zoologiche etologiche agronomiche filosofiche e gender giuste, tutte giuste, da Protagora in giù, eloquio semidivino, alla siciliana. Ho sempre amato e temuto la donna siciliana, mi sembra di natura manesca e arrogante nel suo fascino un po’ omicida, e ho sempre sbagliato perché non ho tenuto conto di Teresa, una gioia per chi al favoloso Ariston non ha lasciato occhi e orecchie a casa.
Eravamo abituati a certi pipponi, è arrivato un meraviglioso bobbone. Il bobbone di una regina formica tagliafoglie che fa del femminismo militante più efficace nel suo genere del terrorismo blasfemo osceno e tagliateste di Sinwar e delle sacre incursioni di Tsahal nel formicaio dove si nascondono i dinosauri non ancora estinti, purtroppo. Relega il maschio a due piaceri, la scopata e l’essere minoranza, e delega alle donne il potere di non opprimere e di ridere e far ridere. Se fossi su un social direi che la tipa è semplicemente geniale. Mi limito a definirla sobriamente qui una grandissima artista. Mi aspetto da lei, solo da lei, un monologo a specchio del suo di Sanremo, questa volta per comunicare come solo lei sa le altre verità. Che Protagora era un relativista, e di questi, oggi, anche in mancanza di elettricisti se ne trovano a derrate, miliardate. Se sono la misura di tutte le cose, vado dall’estetista e mi faccio del sesso che voglio e mi fabbrico il bambino che desidero, quando lo desidero, se e solo se lo desidero, altro che Grande scopata, altro che libro di Giobbe.
Perché quella storia dell’uomo misura di tutte le cose è una alzata d’ingegno sofistica per annientare con un anticipo di decenni le idee sopravvenienti di Platone, che diverranno un ingombro più pesante di lui, e il concetto di Socrate, uno strumento etico e logico con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, per lo meno sui giornali di carta stampata, bene o male, bene e male, e la scienza di Aristotele che scoprì la verità anche lui oltre la natura, al di là della natura che conosceva abbastanza bene, la verità metafisica. Che le formiche e i babbuini solerti nello strizzamento del pene non conoscono la bussola, la Torah, il vangelo, la riforma protestante, la storia dei papi e dei re, l’energia nucleare, un potere energico e energetico almeno quanto quello di far ridere, non hanno mai temprato l’acciaio come non solcano i mari, il loro mondo è piccolo come quello degli alberi e delle banane, vedono e non vedono, coltivano sempre e solo funghi e nulla sanno non solo delle patate e della bistecca, nulla dei numeri arabi, dei geroglifici, dell’abbecedario, del radicchio di Treviso, non è che gli manchi solo il linguaggio, sono pieni di entusiasmo e comunicano ma non con le parole di Omero, di Cristo Gesù, di Pascal, l’uomo è una canna che pensa, o di Lutero, di Kant o di Proust e Joyce e Virginia Woolf.
Sull’inutilità del maschio in quanto maschio nulla da eccepire, ma la donna sa essere maliziosa peggio della regina delle formiche, sa essere tentatrice, sa essere vaga e turbolenta nelle sue passioni e indifferenze, e abbiamo bisogno di una donna onesta e gentile come Teresa Mannino, tanto onesta e gentile che pare una poeta stilnovista, una reincarnazione femminile di Dante, per dire anche l’altra verità.