il figlio
Fuoco di madre. Memorie intime e potenti di un disincanto amoroso, ruvido e ardente
Nel suo ultimo romanzo, "Il fuoco che ti porti dentro", Antonio Franchini affronta una ricerca e il tentativo di un’autopsia di una madre perennemente ostile e oscura nelle intenzioni. E racconta un modo di stare al mondo rozzo ed eroico, folle e istrionico. Profondamente italiano
Data una vittima e un colpevole, un’indagine per darsi forma e misura ha bisogno di un movente per esplicitarne se non una ragione, quanto meno un senso. Indagare la vita di una madre vuol dire prendere atto dell’assenza di un movente pur all’interno di due ruoli chiaramente definiti: quello di madre e quello di figlio. Scrive Antonio Franchini nel suo ultimo romanzo, Il fuoco che ti porti dentro (Marsilio) che è una ricerca e il tentativo di un’autopsia di una madre perennemente ostile e oscura nelle intenzioni, come in una forma di ottusa rivalità: “Chi ha cominciato per primo? Certo io, che di sicuro non sono stato il bersaglio iniziale del suo malessere, mentre lei lo è stata del mio”.
La distanza è data da subito, una differenza culturale e politica netta, ma al tempo stesso un’intesa anche nella distanza che certifica un’appartenenza inscindibile. Il conflitto precede i figli, vive nell’atmosfera famigliare come una bomba pronta a esplodere in faccia ai suoi componenti appena la consapevolezza di voler essere altro diventa urgente e necessaria. Darsi un’identità, definire una propria forma, dare un corpo ad una distanza taciuta ma evidente, anche se alla fine il ritorno è obbligatorio e il ricongiungimento è inevitabile. Vita e morte di una madre attraversano il romanzo autobiografico di Antonio Franchini, che mette in scena un testo in pieno stile eduardiano. La madre vive al centro della scena e determina cause ed effetti, azioni e ritorsioni. Decifrarla è complicatissimo per il figlio, confonderla invece è facilissimo perché lei sa come mimetizzarsi.
La prima cosa è l’odore, l’odore materno come puzza e la puzza come dichiarazione di una presenza inalienabile. La madre esiste come un’ostile estensione amorosa di un corpo riconoscibile sempre come il proprio, ma al tempo stesso altro e come tale inavvicinabile. Il figlio butta tra sé e la madre anni e chilometri di distanza, compie un movimento per provare a riconoscere una donna che appare terribile e complicata quanto semplice nella sua retorica popolare esausta e ripetitiva. Sua madre come tutto ciò che lui non è, sua madre come una parte dell’Italia che non si può amare: incoerente e narcisista, ignorante e bigotta, irresponsabile e accusatoria. Un groviglio di sentimenti radicali e contraddittori che però mostrano una luce mai del tutto chiara, mai del tutto pienamente visibile eppure sempre esistente.
Insieme alla madre, Angela, Antonio Franchini dà forma a un ritratto famigliare ricchissimo. Il fuoco che ti porti dentro racconta un modo di stare al mondo rozzo ed eroico, folle e istrionico che appartiene in parte al sud e a Napoli, ma che con una consistenza diversa è profondamente italiano. Ben oltre lo steccato economico che divide il nord e il sud, Franchini racconta di una diversità italiana che se molte volte è frutto di una autonarrazione compiacente, rappresenta anche sempre il carattere irriducibile di un pensiero eclettico fantasioso quando non di rado pericoloso per sé e pure per gli altri. Un cugino poliziotto che supera un ingorgo imboccando la corsia d’emergenza agitando la pistola d’ordinanza al grido di “cumannammo nuie!”, o ancora la madre, non sapendo come tranquillizzare la nipotina, che si ritrova al telefono con Fosco Maraini a cui racconta dell’infanzia del figlio.
Il fuoco che ti porti dentro è un testo potentemente letterario che indica un modo intimo e delicato per raccontare di una terra e di una patria col disincanto di chi non può che amare ciò che pare impossibile essere amato. Al tempo stesso la voce narrante sente su di sé la fatica per un sentimento logorato all’infinito e stremato da un gioco perverso e insensato che ha trasformato una donna già misteriosa in una madre ruvida e ardente.