gettyimages  

La recensione

Monsieur Chouchani, un enigma per spiegare la cultura e la spiritualità della Francia liberata

Giulio Silvano

In "Maestri erranti" (Einaudi), lo storico delle religioni Marcello Massenzio racconta attraverso la figura di un maestro, “portatore dell’aspirazione al riscatto, radicata nel cuore dell’ebraismo", come rinascere dalle ceneri della Shoah

Esisteva nella Parigi del dopoguerra un uomo misterioso. Un uomo che ha nascosto le proprie origini e il proprio presente, e che è stato, a detta di chi ha avuto la fortuna di incrociare la sua strada, il più grande sapiente sulle sacre scritture che sia mai esistito. Era così stupefacente che i suoi detrattori sostenevano avesse venduto l’anima al diavolo in cambio di questa conoscenza infinita. Nessuno sa quante lingue parlasse, più di dieci almeno, e lo si vedeva bazzicare il Marais dove insegnava ai sopravvissuti della Shoah appena arrivati, o tornati, a Parigi. Si chiamava Monsieur Chouchani – era ovviamente un nome fasullo – e tra i suoi allievi ci sono il premio Nobel Elie Wiesel e il filosofo Emmanuel Lévinas, che lo hanno ricordato in varie forme. Un Socrate talmudico della Parigi liberata, votato all’oralità, che lascia solo appunti confusi e nessun testo.


Nel libro Maestri erranti, appena uscito per Einaudi, lo storico delle religioni Marcello Massenzio, usa la figura di Chouchani per raccontarci il fermento culturale e spirituale nella Francia liberata. Chouchani è parte dell’edificazione di un ponte tra l’umanesimo occidentale e la tradizione mosaica, di cui l’Europa ha un gran bisogno in quel momento, e che avviene tra Rue des Rosiers e la Gare du Nord. Massenzio vede Chouchani come il vero ebreo errante, “portatore dell’aspirazione al riscatto, radicata nel cuore dell’ebraismo, dalla quale trae alimento la stessa aspettativa messianica”, che vaga e studia e trova a Parigi una “nuova Gerusalemme”. Non è un caso che nel raccontare il rapporto con questo maestro, Wiesel titoli il suo libro L’ebreo errante (l’ha pubblicato La Giuntina, come la maggior parte delle opere del Nobel). “Perfino l’Olocausto l’ha lasciato uguale a se stesso”, scrive Wiesel. Questo maestro, lo Straniero, “ci rendeva più fieri di appartenere a un popolo che sopravvive alla propria storia e la mantiene sempre così viva e intensa”. Tutta la profondissima meraviglia della sapienza ebraica può aiutare i reduci, i sopravvissuti, per continuare a esistere dopo il buio di Auschwitz. 


Anche per Lévinas l’incontro con Chouchani diventa fondamentale per andare avanti dopo quegli anni terribili, per insegnargli “di nuovo a camminare” dopo l’Olocausto. “L’incontro con quest’uomo mi ha ridato fiducia nei libri”, dirà il filosofo. Un altro ad aver conosciuto questo strano personaggio è Haim Baharier, suo padre lo aveva ospitato a casa loro a Parigi quando Haim era bambino. Nel suo libro dice di Chouchani: “Assolse la sua missione semplicemente vivendo”. Il maestro nel suo presentarsi come un barbone, un “clochard lunare”, “era lo spazio concesso che permette all’altro di vivere con dignità”.

  
Ricostruire la cultura, rinascere dalle ceneri della Shoah, non è stata un’impresa facile, dopo millenni costretti all’esilio, simili ai personaggi dei quadri di Chagall, “creatore dell’icona dell’Ebreo errante, presenza ricorrente nelle sue tele, che ha finito per imprimersi nel nostro immaginario”. E per capire quanto è ardua la ricostruzione dopo la distruzione, è uscito un altro libro che può aiutarci, soprattutto a capire che quella del ‘900 non è stata la prima tragedia che ha minato la sopravvivenza dell’ebraismo e del popolo di Israele, oltre a renderci conto di quanto sia stata importante l’influenza di una minoranza per tutta la cultura Europea. In Storia culturale degli ebrei, edito da Il Mulino e scritto da Piero Stefani e Davide Assael, vediamo una verità che ci può aiutare a capire anche l’attualità: “Gli ebrei hanno sempre sofferto quando gli ideali liberali sono entrati in crisi”.

Di più su questi argomenti: