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La recensione

Il coraggio (di leggere Vannacci) vince

Mariarosa Mancuso

La nuova, spietata opera del generale del Mondo al contrario non dà scampo al lettore. Dettagli privi di interesse e minuziose descrizioni inutili: è la mania dello scrittore dilettante 

La famiglia Vannacci si trasferisce a Parigi. In macchina, con portapacchi su cui il genitore aveva accatastato “masserie di ogni tipo”. Masserizie, saranno state. È il bestseller numero due del generale “basco bordeaux”, titolo “Il coraggio vince” editore Piemme – “Il mondo al contrario”, autopubblicato, ha superato le 200 mila copie, sfatando il pregiudizio che “leggono solo a sinistra”. Di lì a poco, all’École italienne, il nostro incontrerà Carla Bruni.

 

Prima ci sono le cartoline illustrate. “Che fiume la Senna. Ci sono ponti per cambiare sponda, il battello per navigare in su e in giù”. C’è la metropolitana con i neri da sbirciare e toccare, per vedere se sono come noi (“forse non soffriamo se ci ferite?”). Ma di questo già sapete. Pochi anni e il nostro diventa “francese madrelingua”. Sedicenne, va sulla tomba di Jim Morrison, in raccoglimento, mentre un amico pronunciava “tremolanti parole”. È il dramma degli scrittori dilettanti: minuziose descrizioni inutili, e quando si arriva al dunque restiamo all’oscuro sulle “parole tremolanti”. 

"È nato il nuovo Napoleone!” – gli dicono alla maturità. Reazione: “Sono molto soddisfatto di me”. L’ironia non era il suo forte allora, meno che mai adesso. “Mi interessava quella crema d’individui preparatissimi”. Dice di voler fare l’incursore, e gli rispondono: “In Marina abbiamo le navi”.  

  
Il giovanotto è turbato, dorme a torso nudo e siamo d’autunno, scatta il momento lirico: “L’aria però non spazza via i pensieri, anzi, nuvole scure si addensano nella mente”. E via: “Scavallo l’Appennino” – neanche fossero le Ande e studia Ingegneria: “I numeri sono amici più sinceri delle parole”. “Tiro, balistica, esplosivi, topografia” sono materia di esaltazione. Stacco sullo studio televisivo, raccontato come un interrogatorio: “Gli spilli luminescenti mi colpiscono le pupille, e mi infastidiscono”. Peggio: “Una goccia di sudore si forma sulla fronte e si appoggia a una ruga”. Virile ma sensibile, dovrebbe pensare il lettore, che invece ha già perso la pazienza nella marcia di avvicinamento allo studio tv. Il generale, in terreno ostile, osserva il monitor che segnala i minuti e i secondi che mancano alla diretta. “Anche lui va al contrario. Dettaglio interessante” (par di sentire il fuori onda del colonnello: “Questo va nel prossimo libro”).

 “L’incursore va in tv”. “Attento e vigile ma zitto”, quando un critico d’arte interviene in suo favore (avrebbe preferito di no). La marcia di avvicinamento allo studio tv era nel primo capitolo. Sul taxi, dove “si sforza di non parlare russo” (i taxi li prendeva solo a Mosca? È un riflesso irresistibile come il martelletto sul ginocchio?). Supera il controllo documenti. Guarda il cielo “come prima di un lancio con il paracadute. Pioverà”. Di nuovo la mania dello scrittore dilettante per i dettagli privi di interesse. Gli offrono un caffè. Dice: “Non rifiuto mai un buon caffè”, anche se non ne ha voglia (sarà la disciplina militare). Si guarda in giro, con occhio da intrepido incursore subito capisce che si tratta di “finzione travestita da realtà”.

Stacco sui boeri regalati ai bimbi, con un bicchiere di spuma, alle feste del circolo ufficiali. Il generale già ci ha stesi, e siamo solo a una ventina di pagine, di 270 che ce n’è. Addestramento: “Il soldato porta lo zaino come il manager la cravatta”. E via con le azioni in patria e all’estero. Per intervallo, l’incursione nel televisivo paese straniero, minuto per minuto, interruzioni pubblicitarie comprese. La conduttrice si sfila una scarpa, sgranchisce le dita dei piedi, poi si rimette “il décolleté”. “La décolleté”, generale: trattasi di scarpa con il tacco.
 

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