il Paese dei Balocchi
Alice e Hamas nella Wokeland
Offesi da Peter Pan, solidali con Sinwar. La censura morale dei classici di Barrie, Verne e Carroll nelle università dove si inneggia ai “fratelli della Jihad islamica” e si processa Israele
“Siamo affetti dalla sindrome della principessa sul pisello, l’eroina di Andersen che passa una notte insonne a causa di questo piccolo pisello sotto il materasso”. Così Pascal Bruckner nel suo nuovo libro, “Je souffre donc je suis”, spietato ritratto del vittimismo occidentale.
“Peter Pan” di J.M. Barrie e “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll sono accusati di “suprematismo bianco”. I libri per bambini come il “Mein Kampf” di Hitler.
La York St John University, in Inghilterra, ha aggiunto questa censura morale ai classici, come al “Giro del mondo in ottanta giorni” di Jules Verne. “Narrazioni colonialiste”, dicono gli accademici britannici. Il vocabolario e le illustrazioni sono “razzisti”, “sconvolgenti e offensivi”. “Peter Pan” è letale con i suoi richiami ai “selvaggi”. In Verne, Phileas Fogg viaggia attraverso i continenti divisi dalle potenze imperiali e ci sono “stereotipi di un Oriente esotico”.
Il Jeroen Gunning del King's College di Londra ha tenuto intanto al Foreign Office un seminario in cui ha insegnato al personale diplomatico che Hamas non è un'organizzazione terroristica e che Israele è uno “stato colonialista bianco”.
Una cultura accademica che considera i “sonetti” di Shakespeare “bianchi”, “colonialista” Robinson Crusoe, “mascolino” Hemingway, “eurocentrica” la storia dell’arte, che cancella i nomi del filosofo George Berkeley e del fisico austriaco Erwin Schrödinger, non avrà problemi a considerare Hamas una banda di “decolonizzatori”.
E’ la “sindrome di Peter Pan”, la regressione infantile che investe le società occidentali, descritta da Bruno Chaouat, allievo di Lyotard, in “L’homme trans”. “Peter Pan” è stato schiaffeggiato anche all’Università di Aberdeen, dove è accusato di contenere “stereotipi sul gender”.
Intanto la Columbia University di New York ha ospitato un evento in cui i relatori hanno espresso sostegno ai terroristi palestinesi e incoraggiato gli studenti a sostenere la “resistenza armata” contro Israele. L’evento, intitolato “Resistance 101”, ha visto la partecipazione di Khaled Barakat, attivista palestinese che ha omaggiato “i fratelli di Hamas e della Jihad islamica”.
La stessa Columbia che ha emesso un avviso, su richiesta degli studenti, alle “Metamorfosi di Ovidio”. “La Columbia University è entrata in subbuglio per le ‘Metamorfosi’ di Ovidio, una lettura obbligatoria per le matricole” scrive Kari Jenson Gold sull’ultimo numero di First Things. “I miti Romani includono storie di stupro e violenza sessuale, materiale che gli studenti considerano ‘inquietante e offensivo’. Ora il campus è di nuovo inondato di proteste, ma questa volta gli studenti negano, difendono o celebrano lo stupro e la tortura sessuale delle donne israeliane”.
Intanto, usciti dai seminari “sull’Iliade e Achille in una prospettiva queer e trans”, gli studenti della Normale di Pisa sono entrati in sciopero fino a che non saranno “interrotte le relazioni con le istituzioni israeliane”. E il Senato della Normale ha approvato la mozione chiedendo alla Farnesina “di riconsiderare l’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica Italia-Israele”.
Ormai di normale sembra esserci ben poco. Gli islamisti ci chiamano “infedeli”, ma dalle nostre università si direbbe più il Paese dei Balocchi.