il premio letterario
Cento consigli che servirebbero anche ai dodici aspiranti allo Strega 2024
Scrivere in giacca e non in pigiama, lasciare perdere gli inutili “che”. E soprattutto, non essere single: trovatevi qualcuno ricco che vi mantenga. La lista di suggerimenti per romanzieri di Lit Hub
Un popolo di poeti. 144 sono i libri candidati al Premio Strega Poesia. 144 versificatori – anzi 143, Silvio Raffo partecipa con due raccolte, e da due differenti editori. Non invidiamo i giurati. Vero è che le poesie son di rapida lettura. E rapidissimo giudizio: “Probabilizzami”, inteso come titolo, dovrebbe essere scartato – dall’editore, dall’autore, dagli amici assennati – ancor prima di presentarsi; lo stesso vale per “Fiori nella pozzanghera”. Pure un popolo di romanzieri. Anche se il romanzo non è mai stato granché considerato dai letterati. E che tutti, ma proprio tutti, i candidati hanno venduto meno, ma molto meno, delle farneticazioni del generale Vannacci. Al Premio Strega sono stati presentati 82 titoli, di molti non sospettavamo l’esistenza. Oggi verranno annunciati i dodici scrittori che poi combatteranno per la cinquina. E per qualche lettore in più.
I piloti degli aerei hanno le checklist, per controllare la correttezza delle procedure. Sul sito Lit Hub qualche giorno fa ne è comparsa una per i romanzieri. Per quest’anno ormai è tardi, i dialoghi goffi e le descrizioni ridondanti sono già consegnati ai giurati (se non ai posteri) e non possono essere revocati. Ma per il prossimo romanzo meglio tenerle presenti. Se ancora aspirate a qualche lettore, non solo a premi locali o interviste a “valleditria live channel”. “100 consigli che possono migliorare (o peggiorare) il vostro libro”, promette Ryan Chapman. Autore – scrive il New York Times – di un romanzo “carcerario ma divertente”. Da noi, il genere produce solo compunte riflessioni. Mr. Chapman concorda con James Baldwin sul fatto che anche i consigli migliori non risolvono il problema. Valgono quanto un gallone di benzina: la macchina va, ma non molto lontano.
E allora cominciamo. Prendete appunti. Se cominciate un romanzo con un sogno, lo dovete finire con un sogno. Se per descrivere i vostri personaggi sono sufficienti i verbi “sorridere, stare in piedi, sospirare, osservare”, cancellate e ricominciate. Quel che avete scritto vi deve imbarazzare almeno un po’: se non succede, vuol dire che non avete scritto nulla di sensato. Non scrivete d’amore se non avete il cuore spezzato – e un po’ di tristezza non è “un cuore spezzato”.
Capitolo letture (tranquilli, servono: i migliori si sono tutti lasciati influenzare da qualcuno). Consigliati i diari e le lettere. Chapman ha un debole per Virginia Woolf (nessuno è perfetto) e per Graham Greene (la redenzione è immediata). Mario Vargas Llosa raccomanda le lettere di Flaubert a Louise Colet: “Una tremenda misantropia unita a uno smisurato amore per la letteratura” (così sfatiamo anche l’idea che la bontà c’entri qualcosa con la bravura). Cortesia e gentilezza sono adatti a cene e feste, ma letali per la letteratura: la scrittura educata “dura quanto un avocado sullo scaffale”. Però scrivete con addosso la giacca (anche sportiva) e la cravatta. Insomma, non in pigiama o con i vestiti vecchi. I “che” – in inglese come in italiano – sono orribili (e spesso inutili). Uno scrittore passa moltissimo tempo in compagnia del più noioso degli organi, il cervello. Quindi fate delle pause. (Se non vi stancate, se tutto viene facile, molto probabilmente quella pagina è da buttare).
I tedeschi dicono “Sitzfleisch”, potremmo tradurre “culo di pietra”. Stare ore e ore alla scrivania: le idee che vengono quando si passeggia, a tavolino risultano misere. La vita da single è nemica della scrittura, trovatevi qualcuno da giovani. Meglio se ricco. Ultima e utile precauzione (suggerita da un amico). Quando il romanzo sta per uscire, scrivetevi da soli la peggiore recensione possibile.