Ginevra Bompiani è candidata alle elezioni europee nella lista “Pace terra dignità” di Michele Santoro (foto LaPresse) 

Il Foglio Weekend

I caschi bianchi di Putin

Michele Masneri

Ginevra Bompiani, Michele Santoro, i soliti Vauro e Ovadia ma anche il meno noto Raniero LaValle. Sono le agguerrite armate rosse del pacifismo agé. Puntano alle Europee, o anche solo ai like su Facebook

Il ritorno della contestazione è evidente, è qui, può piacere o non piacere, fa parte del gioco democratico: e non alligna come pensano al Viminale tra le teste calde delle università e dei centri sociali, bensì tra quelle bianche di fantastici anziani sempre più radicalizzati. Basta guardare i talk, dove giovani esponenti della Normale di Pisa soccombono e balbettano, e invece gli anziani giganteggiano. 

 

Essi hanno una serie di vantaggi: non vengono manganellati, agiscono non nelle piazze ma più appunto in tv e sui social, hanno più tempo libero, più esperienza, hanno fatto il ’68 e il ’77, sanno stare davanti alla telecamera, non devono più dare esami, qualcuno ha avuto perfino delle lauree ad honorem, sono pronti alla rivoluzione e hanno pure un sacco di cose da mettersi. E qui non si farà ageismo né proscrizione, è solo invidia, per tutto questo universo che energicamente scalpita, si agita, si prepara, a qualcosa (alle Europee, alla guerra, a evitare la guerra, a scioperi terraquei) in quella dimensione dilatata e libera che è la terza età italiana. Sono i senior service del movimentismo, come le vecchie sigarette che fumava Giangiacomo Feltrinelli, e per restare all’editoria la nostra preferita è lei, Ginevra Bompiani, con quel nome e soprattutto quel cognome può dire ciò che vuole. E lo dice. Scatenata in tutti i talk col suo caschetto da Agnès Varda, con leggìo o senza, sempre impeccabile, e implacabile, occupa i palinsesti più del Jovanotti pacifista dei tempi di “Il mio nome è mai più”. “Zelensky è il massimo narcisista nel mondo”, ha detto a “L’aria che tira”. “Macron, che si comporta in un modo molto strano, penso sia il numero due nel narcisismo. Una delle figure più infide, pericolose e false”. Ma i suoi “statement” sono ormai vari e tutti leggendari. “Noi non siamo i buoni. Siamo tutti cattivi. Non parlo del popolo; il popolo non vuole la guerra. I capi sono tutti cattivi”. “Putin poteva distruggere Kiev in due giorni e l’Ucraina in una settimana, ma non l’ha fatto perché l’Ucraina è il cuore della Russia. Infatti ci sono stati due tentativi di trattativa nel primo mese e dopo un anno un altro che era andato fino in fondo. Tutti e tre sono stati bloccati dalla Nato e Biden, che li hanno annullati. Questa è storia, non mi invento niente”. 

 

Se ci fosse una regina del pacifismo vagamente complottista argentato sarebbe lei, già “principessa tolstojana finita in un racconto di Cechov” come la definiva nientemeno che Mario Pannunzio. Figlia di Valentino Bompiani, fondatore della gloriosa casa editrice, traduttrice, scrittrice, animatrice culturale, docente universitaria, compare pure in “La notte” di Antonioni. Nella royal family dell’internazionale pacifista però al suo fianco manca il principe regnante, l’ex consorte Giorgio Agamben, prodigioso filosofo, amato oltre che da Bompiani anche dalla Gucci, che gli faceva comporre le evocative cartelle stampa, e dal vasto popolo no vax che l’aveva trasformato nel suo Byung-Chul Han, nel philosophe à la mode dell’epoca della terza dose. Molto esposto ai tempi della gloriosa campagna delle primule, oggi sul fronte bellico Agamben è più riparato. Ma chissà se avrà partecipato anche lui a quella guerriglia laterale che ha coinvolto Bompiani: la famosa lite col vicino di casa in quel di Lerici, dove sul promontorio di Maralunga la famiglia ha dalla notte dei tempi una famosa villa che ha visto passare Moravia, Pasolini e tanti altri dioscuri delle patrie lettere. Lì però un vicino, non letterato ma notaio, tale Scrufari di Sarzana, l’avrebbe mobbizzata, impedendole di entrare nella sua dimora, almeno stando all’accusa mossa da Bompiani. Non si sa come sia finito il processo, “in cui hanno sfilato come testimoni esponenti del mondo letterario e notarile”, secondo le cronache liguri, e siamo insomma in mezzo alle classiche liti tra vicini, pur nello specifico notarile e letterario. Anche se fa specie che la signora, così pronta al negoziato davanti agli scenari geopolitici, sulla sua proprietà abbia deciso di non porgere l’altra guancia, anzi, quando il gioco da globale diventa condominiale, si sia scatenata in denunce. Sarebbe anche un bel re-revival di “Ferie d’Agosto”, questa volta ambientato in Liguria. Pensiamo al povero notaio, versione aggiornata del Mazzalupi originario, che magari vuole tenere la tv accesa su “L’Eredità” o - orrore - “Il Mercante in Fiera” con Pino Insegno pure ad alto volume, mentre la augusta vicina pretende silenzio totale mentre sta traducendo, come ha fatto, Leonora Carrington per Adelphi.  

 

Nel nostro film distopico, Ginevra Bompiani subito insegue il notaio sui tetti tentando di sradicare le antenne tv; magari anche temendo presunti danni da 5G. Perché tutto si tiene nell’universo variegato di questi anziani radical radicalizzati, e nel loro mondo soprattutto social. Questo battaglione più che Azov, Zabov, dal nome dell’antico liquore ricostituente all’uovo, comunica soprattutto su Facebook, dove un vago complottismo alligna tra i profili di nonnini e nonnine (“ah, ma tu ancora credi alle Torri Gemelle”; “ah, vabbè ma secondo te Netanyahu non sapeva”, e via dicendo). Un universo in larghissima parte in buona fede, però un poco abbandonato dai nipoti, che finisce a cincischiare tra appunto 5G, no vax, pacifismo, un mondo che si allarga e dal girotondismo al terrapiattismo è un attimo. 

 

Ci si chiede dunque adesso quanto influirà la falange Zabov sul voto delle Europee. “Siamo tutti pacifisti, ma poi quando si vota si bada ad altro”, ha detto la sondaggista Alessandra Ghisleri alla Stampa. “Partiamo da un presupposto: tutti gli italiani o quasi si dichiarano pacifisti. Lo siamo di nascita, visto che fortunatamente ormai quasi nessuno, se non i più anziani, ha vissuto la guerra”. Il punto è tutto qui. “Se non i più anziani”. Quanti sono? Qualcuno ha dati segreti? Ma forse i voti anziani si pesano, non si contano. 

 

Pensiamo per esempio al polo di “Pace Terra Dignità”, nuova creatura di Michele Santoro, la lista Cocoon del pacifismo. A dar retta al seguito tra tutti i caschi bianchi dei social, la lista Santoro andrebbe fortissimo, anche se i sondaggi per ora la valorizzano di un misero 1,6 per cento. Ma nelle ultime ore sono arrivate le importanti adesioni della Federazione di Rifondazione comunista di Cuneo, e di Jo Squillo (“Sono felice di lavorare al fianco di Michele per la pace. Rifarò la versione nuova della canzone del 1967, quella che diceva ‘mettete i fiori nei vostri cannoni’. Sono pronta a lavorare per lasciare ai nostri figli un mondo migliore”). Vabbè. “Noi non avremmo votato la missione sul Mar Rosso”, ha detto Santoro, contrario a ogni guerra in ogni luogo e ogni lago, aprendo anche al possibile apparentamento col circolo Arci-Houthi. Tra i candidati del listone, oltre a Bompiani, c’è il solito vignettista Vauro, ma soprattutto il formidabile 93enne Raniero La Valle, già direttore dell’Avvenire, poi nella Rete di Leoluca Orlando, poi assessore a Roma con Rutelli, poi estensore di una “Lista comunista e anticapitalista”, insomma autobiografia (e anche bibliografia, ha scritto un sacco di libri) della sinistra italiana in un percorso di radicalizzazione verso la terza età. 

 

Oggi su Facebook scrive che la Nato “come la Germania del ’39, si spinge verso Est”. “L’estensione della Nato ai Paesi dell’Est europeo fino ai confini della Russia, causa dell’attuale guerra in Europa, non è stata dettata da esigenze di difesa o da ragioni politiche, data l’esistenza di accordi di pace e disarmo raggiunti tra Stati Uniti e Unione Sovietica alla fine della guerra fredda; essa fu invece comprata a partire dal 1996 dalle industrie delle armi degli Stati Uniti e da un gruppo di neoconservatori che investirono oltre 50 milioni di dollari (equivalenti a 94 milioni di oggi) per ottenere l’espansione dell’Alleanza a nuovi Paesi e poterli in seguito rifornire di tutte le armi necessarie, come poi è avvenuto con la guerra in Ucraina, finanziata finora con oltre 100 miliardi di dollari di armamenti”. Vabbè vabbè.

 

Un altro pieno di energie è Moni Ovadia, soli 77 anni, ma che non smette di far sentire il suo pensiero forte e chiaro. “Questa guerra”, intendendo quella russo-ucraina, “è stata preparata artatamente da molti anni e il suo inizio è stato determinato dalla decisione di espandere la Nato dopo avere promesso a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe espansa neanche di un pollice oltre i suoi confini, è più che raddoppiata. Quindi questo è il sistema adottato dalla Nato, ciò la menzogna sistematica. Ci vogliono trascinare tutti in una guerra ma per cosa? Perché i governi degli Stati Uniti affermino la loro supremazia mondiale. Questa catastrofe sta distruggendo l’Europa che non è alleata degli Stati Uniti, è serva”.  Moni Ovadia, all’anagrafe Salomone, è anche alle prese col suo primo film da regista, “La terra senza”, che però non è ambientato in Unione Sovietica bensì a Catanzaro (“Cosa spera di ritrovare Ludovico nel suo Sud, dopo tanti anni di lontananza? La pace? Ma quale pace è possibile nella terra che ha abbandonato per non restare soffocato dall’omertà, dalla ragnatela di connivenze, dall’impotenza degli onesti, dall’arroganza dei disonesti, dall’ipocrisia e dai preconcetti?”). Nelle sale dal 12 aprile. 

 

Continuando a scendere di età, ci sono pure interessanti ripescaggi. E’ un pischello per gli standard demografici italiani, e forse all’alba dei 69 anni ha deciso di tornare perché sa che la vita nella politica italiana comincia a 70. Ecco dunque Ignazio Marino, il glorioso ex sindaco di Roma che riappare bello e vendicativo come il conte di Montecristo. “Spesso in sala operatoria ero solito guardarmi attorno, mettere in ordine i pensieri e pronunciare solennemente: ‘I’m back’”, ha annunciato come Terminator, il personaggio di Arnold Schwarzenegger (già amato governatore della California). Poraccio chi stava sdraiato sul tavolo operatorio, vien da pensare, mentre il chirurgo-sindaco meditava vendetta. A dieci anni dalla cacciata dal Campidoglio, rieccolo a Roma, mentre un altro gladiatore anziano ormai si è stabilito in città, sostituendolo nel ruolo di “marziano”: Russell Crowe (che non se ne va più, forte della riscoperta tramite Dna di antiche origini marchigiane). 

 

Marino, arrivando in bici alla conferenza stampa di lancio, ha annunciato di candidarsi con l’alleanza “Verdi e Sinistra” di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Per la causa, ha raccontato, ha infranto la promessa fatta nel 2013 a una suora: “Le dissi che qualora mi fosse venuto in mente di ricandidarmi mi avrebbe dovuto sparare a un polpaccio” (torna anche il tema mariniano dei polpacci, peraltro. Uno dei suoi achievement, per dirla all’americana, più notevoli, fu la creazione di una poderosa squadra di vigili urbani in bicicletta che lo scortava sobbalzanzo sui sampietrini della capitale, detti appunto “dai polpacci poderosi”. Oggi saranno in pensione, chissà).  “Viviamo in un mondo in cui un paese simbolo della democrazia come gli Usa ha convocato il Parlamento per approvare lo stanziamento di oltre 80 miliardi per armamenti da inviare in Ucraina e Israele”, ha detto l’ex sindaco. “Se a questo aggiungiamo la situazione ambientale, oggettivamente drammatica, allora ho ritenuto imprescindibile dare una mano alla nostra società e al nostro continente”. Ma soprattutto Marino ha annunciato in diretta da Formigli che “le armi sono una traiettoria sicura verso la morte”.  Marino è il membro più cosmopolita dell’internazionale pacifista italiana, che rimane però un fenomeno prettamente locale; nessuno dei suddetti appartiene per esempio al gruppo “The Elders”, importante associazione internazionale di anziani che si battono per la pace, i diritti umani e l’ambiente, fondata da Nelson Mandela e di cui fanno parte vecchietti pazzeschi tipo Jimmy Carter.  Alla fine va detto comunque che Putin è quello che è, però non sbaglia mai, e ci aveva visto giusto: nella indimenticata missione “Dalla Russia con amore”, durante il Covid, le sue armate di terra nel glorioso 2020 battevano le strade della Lombardia armate di idranti, ed erano andate a colpo sicuro a bonificare le Rsa. Ma pensandoci oggi è chiaro che sapevano che lì stava il nocciolo duro dei loro sostenitori, e forse anche cercavano di assoldare spie, in una versione aggiornata e rivista di “Another country”, il film di giusto 40 anni fa sulle giovani spie russe infiltrate nelle università inglesi. Ma Putin, che è quello che è ma non è un fesso, ha capito che la fucina di classe dirigente da noi più che nell’accademia sta nelle case di riposo (da mo, come direbbe l’intimenticato Ruggero Mazzalupi). 

 

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).