Il caso
Alla Scala un'opera buffa che rischia però un finale in tragedia
La complessità e le sfide politiche dietro la nomina del nuovo sovrintendente per il teatro di Milano, che sembra trasformare la vicenda in una (spiacevole) commedia
Forse non avevamo capito, sembrava tutto scritto. Beppe Sala, preso atto della contrarietà del ministro Sangiuliano a una proroga del mandato a Dominique Meyer, sovrintendente francese prossimo ai 70 anni, aveva portato in consiglio il nome di Fortunato Ortombina, oggi sovrintendente e direttore artistico alla Fenice (le jeux sont fait, il sottinteso politico). Ortombina, dopo aver fatto sapere che nessuno lo aveva mai contattato prima dell’uscita del suo nome, si era premurato, in modo molto chiaro e nelle sedi opportune, di far sapere che sarebbe stato disponibile ad assumere la sovrintendenza a condizione che non dovesse ingoiare minestre impiattate da altri: in poche parole direttore musicale, direttore artistico, direttore generale, sarebbero stati individuati da lui per esser sottoposti al cda per le necessaria approvazione. Tutto scritto, fine.
Invece no. Al cda di lunedì un consigliere, si chiama Alberto Meomartini e si legge Nanni Bazoli, propone la proroga di un anno per Meyer e con lui per l’attuale direttore musicale Riccardo Chailly e per fine 2026 la nomina di che nel frattempo sarà sovrintendente designato e lavorerà per le nuove stagioni. Con lui arriverà anche un nuovo direttore musicale, il milanese Daniele Gatti. Tutto risolto? No manco per idea.
Andiamo con ordine: 1. Sangiuliano non è stato preavvertito e l’ha presa malissimo, il sottosegretario Gianmarco Mazzi ha rilasciato ieri una dichiarazione ricordando, tra le altre cose, che lo stato nell’ultimo biennio ha elargito oltre 80 milioni alla Scala. 2. Ortombina aveva preteso di avere prerogative decisionali sulle nomine apicali. Quindi Gatti è stato scelto con lui? Certo che no! 3. Gatti appunto. Qualcuno del cda si è premurato di verificare se sia il direttore più gradito all’Orchestra (potentissima) della Scala? Spieghiamo: non è l’Orchestra a decidere il direttore musicale, ma non è pensabile sceglierlo passando sopra la testa dei musicisti. Dal dopoguerra questa regola è sempre stata rispettata e questo episodio ha messo sul piede di guerra i musicisti del teatro. 4. Nominando Ortombina solo nel 2026 si pongono un altro paio di questioni non proprio banali: la prima riguarda il nuovo sindaco di Milano (primavera 2027) che dovrà convivere per tutto il mandato con un sovrintendente nominato un quarto d’ora prima della sua elezione; la seconda è legata all’età di Ortombina, 70 anni nel 2030, quindi dovrà dare le dimissioni un anno prima della fine del suo mandato. 5. Sempre sul nome di Ortombina, Sala si è chiesto quanto possa essere qualificante fare il “sovrintendente designato” per 18 mesi? 6. La scelta del cda pone anche un tema di garbo tra Milano e Venezia, il sindaco della Serenissima Luigi Brugnaro ha stima incondizionata nei confronti del suo sovrintendente e ha digerito l’ipotesi che tra pochi mesi lasci il teatro, ma ieri è andato su tutte le furie per le modalità che il cda della Scala gli ha riservato. Cosa può spiegare quindi un simile cortocircuito, come si possono giustificare così tanti cambi di rotta da parte di Sala (prima di Ortombina il sindaco ha promesso la carica ad altri due aspiranti che poi sono stati puntualmente bloccati dal deus ex machina Bazoli).
Solo in due modi: il primo la totale mancanza di conoscenza della materia scaligera da parte dei membri del cda. Gestiscono il teatro come fosse una municipalizzata dei trasporti. Il secondo insiste sulla presunta volontà di Giorgia Meloni di effettuare un rimpasto di governo dopo le elezioni europee con la nomina di un nuovo ministro della Cultura e quindi Sala, Bazoli e compagnia punterebbero a prender tempo per poi decidere senza intrusioni romane sul futuro della Scala. C’è da credere che la verità stia nel mezzo e sia un combinato disposto delle due ipotesi di cui sopra.