Arrigo Cipriani - foto via Getty Images

1932 - 2024

Auguri ad Arrigo Cipriani, genio dell'ospitalità libero e gaudente che compie 92 anni

Corrado Beldì

Incontestabile, elegante, liberale. Lo scrittore è un immortale. Fossimo un paese più simpatico sarebbe da tempo senatore a vita ma lui, come tutti i migliori, non ha voglia né bisogno di sedere in Parlamento

Novantadue candeline attorno a un grande carpaccio, un vassoio di Bellini per brindare col suo staff e una pioggia di auguri da tutto il mondo. Come festeggerà il compleanno possiamo solo immaginarlo, quel che è certo è che Arrigo Cipriani, oggi il suo compleanno, è il più grande italiano vivente. C’era scritto sul Foglio il mese scorso, a dir la verità l’ho scritto io ma nei giorni successivi sono arrivati solo consensi da ogni dove. Un plebiscito. Incontestabile, elegante, liberale. Genio dell’ospitalità. Arrigo Cipriani è un immortale. Fossimo un paese più simpatico sarebbe da tempo senatore a vita ma Arrigo, come tutti i migliori, non ha voglia né bisogno di sedere in Parlamento. Gli interessa entrare ogni giorno all’Harry’s Bar, trovare i camerieri vestiti in modo impeccabile, controllare che i servizi scintillino, che le tovaglie siano ben stirate, che il cliente sia accolto come fosse a casa.
 

Nei giorni scorsi, a Venezia per la Biennale, le quattro mura dell’Harry’s erano assaltate da flottiglie di entusiasti visitatori internazionali. Entrarci era impossibile, meglio tornare nelle giornate autunnali, soli soletti, quando Arrigo ha tempo di dedicarsi a noi, con parole giuste e misurate. Arrigo Cipriani sa che il bar è il luogo dell’incontro, della scoperta, dell’amore. L’Harry’s Bar lo ha dispensato a larghi sorsi agli avventori di cinque continenti, almeno dieci milioni da quando è nato grazie al fortuito incontro del padre Giuseppe con Harry Pickering, studente americano che la zia portò a Venezia negli anni Venti a curarsi dall’alcolismo. Trovandolo abbandonato a sé stesso, Cipriani gli regalò diecimila lire con cui Pickering riuscì finalmente a rientrare a casa. Un gesto generoso ripagato anni dopo quando tornò a Venezia, rintracciò Giuseppe Cipriani e gli regalò le quarantamila lire con cui l’avventura dell’Harry’s Bar prese il volo. Non più triste alcolizzato ma felice bevitore, Harry tenne a battesimo la nascita del bar che porta il suo nome. Un simbolo dei valori occidentali perché di certo non esistono libertà e democrazia dove l’uso dell’alcol è proibito.
 

Me lo insegnava anche mio padre, da buon industriale d’altri tempi mi ci portava dopo lunghe camminate per i Giardini della Biennale o una visita alla Collezione Guggenheim o un pomeriggio nel caldo di luglio a cercare oratori sconosciuti tra le calli, tracce di Carlo Scarpa, discepoli del Tiepolo. Al tramonto l’Harry’s Bar era sempre il miglior ristoro, con un Martini ben ghiacciato eravamo rigenerati nell’anima e nel corpo. Alla fine, come sempre, Cipriani veniva a salutarci col suo proverbiale e cortesissimo sorriso. Arrigo, brillante imprenditore, gli occhi sempre vigili dal suo punto di vedetta, accanto al bancone dell’Harry’s Bar. Lunga vita ad Arrigo Cipriani, uomo libero e gaudente, descritto già così su queste pagine, che si avvicina ai cent’anni guardando al futuro. A lui, il più grande italiano vivente, gli auguri deferenti dei suoi fedelissimi foglianti.

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